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Storia d’amore e di confino. Lasciti d’estate

Storie d'amore e di confino - foto di
Foto di Michele Tomaiuoli

Capita spesso a chi si affanna di procrastinare cose che aspettano da tempo, chiuse in un cassetto tenuto bene a mente e diventato la scatola dei “pagherò” rimandati dalle tante faccende del tran-tran quotidiano. Non si scordano questi impegni, restano sottaciuti per giorni fino al punto in cui l’esigenza di doverli rispettare giunge a maturazione e si rende inevitabile. In casi simili tale meccanismo può avverarsi per strade diverse. Allora succede pure che una sera di ottobre, mentre si tenta di annientare i pensieri nell’agonia di un calendario di appuntamenti costruito ad arte, da un taccuino pieno di appunti e riempito di sguardi segnati al buio nelle sale vengano fuori inaspettati due biglietti. Storia d’amore e di confino reca la scritta sui foglietti conservati per un motivo che adesso racconta malinconie d’estate, bagliori di sensazioni. Ricordo di un passato talmente poco lontano rispetto a quanto appaia ora: ferita meravigliosa di un paio di occhi grigi seduti accanto su una sedia malmessa, e poi sapore di terra, morsi di polvere e saliva di Capitanata, baci e carezze d’ulivo, odore di casa, abbraccio originario appannato dai viaggi, luce di Puglia.

Lo spettacolo, tratto dal romanzo La città e l’isola di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio, è stato adattato, scritto e interpretato da Ruggiero Valentini (Compagnia Il Cerchio di Gesso) nel gremito Chiostro di Santa Chiara a Foggia nell’ambito del Teatro Festival sul finire di agosto e replicato in seguito in alcuni centri del Gargano e a Bologna. È un monologo diviso in due parti – una si svolge a Catania e l’altra alle Isole Tremiti – e ambientato negli anni Trenta del secolo scorso. Protagonisti sono degli arrusi, termine vernacolare utilizzato dai siciliani per gli omosessuali, vittime di un confino spietato decretato dal regime mussoliniano a cavallo fra i due conflitti mondiali. Filippo e Salvatore, entità di riferimento del racconto, vengono allontanati da Catania dopo il delitto Ranieri, tacciati di pederastia e depravazione, relitti di una società imbrigliata dall’intolleranza, violentata dalla crudele ottusità del Ventennio. Nel procedere dei momenti si disegnano quadri di situazioni, scorci di vita più o meno amari, episodi leggeri e esempi di crudezza di costume.

Storie d'amore e di confino - foto di
Foto di Michele Tomaiuoli

Il ritmo è serrato, fluente di parole il testo come accade frequentemente a performance in assolo, giocato su uno schema verbale con cadenza meridionale e appoggi più marcati da un siciliano indicativo, certo non naturale ma senza dubbio ponderato. Se la prima parte, forse troppo protratta, risulta più debole, la seconda riacquista vigore e trova il centro nell’economia drammatica. Tolto qualche eccesso di battute, poca melassa provvidenzialmente connota il testo per quanto possibile rispetto all’argomento, come a ricercare non moralismo di etica sociale ma testimonianza di vicende. La struttura dell’allestimento demanda l’intera resa e l’efficacia all’interprete, costretto a destreggiarsi fra problemi d’audio e di microfono – pur gestiti con una certa disinvoltura. Si avvale di pochi ed essenziali oggetti – una sedia, un panama e un foulard colorato, due bengala, naso e baffi posticci –  tutti utilizzati senza gratuità e adoperati come coloratura della rappresentazione. Registrazioni di discorsi e comunicati del Duce si innestano  fra i racconti, introducono panorami di riferimento in una costruzione in cui le inserzioni interpretative dei personaggi hanno introduzioni a carattere quasi documentario, appoggi ibridi di stampo storiografico.

Per rendere merito a chi prova a smuovere la pigrizia di un territorio che ancora tanto avrebbe da dire e da ascoltare, continuiamo a narrare, a cercare senza spreco di far fiorire e cavar frutto dai regni delle arsure.

Marianna Masselli

STORIA D’AMORE E DI CONFINO
di e con Ruggiero Valentini
regia Ruggiero Valentini
tratto da La città e l’isola di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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