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L’amore in guerra. Diversità ai tempi del nazismo

L'amore in guerra
Foto di Ufficio Stampa

Alla vigilia dell’inizio delle stagioni, prima che i cartelloni comincino a svolgersi più compiutamente, iniziative e presentazioni collaterali trovano spazio sui palcoscenici dei teatri romani. Fra le voci e i volti di Testaccio, nel cuore pulsante di Piazza Santa Maria Liberatrice, il Teatro Vittoria ha aperto i suo battenti per ospitare la rassegna Salviamo i Talenti, giunta alla quinta edizione. Dal 12 settembre e sino al 5 ottobre i lavori di giovani autori, attori e compagnie si sono avvicendati in scena presentando quattro spettacoli votati da una doppia giuria composta da esperti del settore e spettatori, il vincitore dei quali entrerà a far parte della stagione 2013-2014.
Dopo Allarmi e doppioni, Ypokritai – Attori e Riccardo e Lucia è stata la volta de L’amore in guerra che, scritto, diretto e interpretato da Melania Fiore, ha segnato la chiusura della manifestazione.

Due atti per le vicende di due donne ai tempi del regime nazista, nel panorama della Seconda Guerra Mondiale: figure esemplari, vite segnate da incontri diversi nel clima delle persecuzioni di regime. La prima è Gertrud Steiner, prima pianista osannata per le sue doti di finissima esecutrice, poi semplicemente ebrea omosessuale piombata nei meccanismi di persecuzione e deportazione attuati dalle logiche razziali. Nel suo salotto ormai in via di dismissione, i ricordi si alternano fra telefonate di amici e conoscenti, perle di amarezza per i tempi che furono e le note della Gymnopédie No. 1 di Erik Satie. Suona un tavolo di legno la grande musicista per continuare a sentire la melodia, costretta a vendere il pianoforte, depauperata della propria dignità e della propria identità di persona dalla politica di livellamento di una dittatura crudelmente improntata alla sterminio etnico. Il sopraggiungere di un tenente delle SS le regala l’ultima illusione di salvezza: il giovane, aspirante pianista per il quale lei fu un’icona, le paventa una chance di fuga prima di spararle un colpo alle tempie e chiudere la sua partita con un mondo in cui anche il riconoscimento della grazia dell’arte sembra essere venuto meno. L’altra storia è invece quella di Matilde Melzner, ventenne ricoverata per un lieve disturbo schizoide nella casa di cura Eichberg dove sta per essere soppressa senza particolari accortezze con una dose massiccia di Luminal e morfina. Il giovane dottore incaricato dell’eliminazione non riesce a cedere al cinismo e, trattenuto dal rimorso, si sottrae alla bruttura della cancellazione gratuita di una vita incolpevole decretandone il proseguimento che diverrà provvidenziale.

L'amore in guerra
Foto di Ufficio Stampa

L’allestimento è nettamente diviso in due e dedica ad ognuno degli episodi drammatici sviluppi univoci e isolati, senza forme di continuità se non nell’ambientazione di fondo. Se il primo atto risulta a volte un po’ ridondante prima dell’apice che conduce alla conclusione, il secondo sembra più arguto nella realizzazione e meno tirato all’eccesso nell’esposizione di un affresco orribile e degno di essere sempre ricordato, ma anche conosciuto e utilizzato sino al logorio. L’interpretazione è cosciente, studiata senza ombra di dubbio, appare più o meno compitata e sentita a seconda dei momenti, forse solo con qualche ombra un po’ troppo costruita. Il quadro delle scene è abbastanza essenziale, pochi orpelli si inseriscono fra i due stendardi vermigli incisi dal nero della svastica e posti ai lati della scena: supporti di ambientazione non fraintendibili, di effetto certo, ma facili come il baule dei ricordi che la Steiner utilizza per parafrasare la sua condizione esistenziale nel tempo. Il complesso performativo risulta chiaro e rende il fine, la narrazione si autentica con gli interventi in conclusione dei due protagonisti che lasciano notizie storiche e biografiche sui personaggi, come ad attestarne la verità.

Resta solo una perplessità su come sia possibile fino in fondo formulare giudizio estetico, parametrare ancora una volta la necessità teatrale della trattazione di fatti così terribili fuori dal gusto: sviluppati insomma nel seno di modalità narrative cui la morale paralizza il discernimento.

Marianna Masselli

L’AMORE IN GUERRA
di Melania Fiore
regia Melania Fiore
con Melania Fiore, Simone Ciampi
supervisione alla regia Leandro Castellani
scene e costumi Riccardo Alessandroni
tecnico audio e luci Riccardo Santini

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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