STAGIONE 2013/2014
TEATRO VERDI DI PADOVA
TEATRO STABILE DEL VENETO
5-10 novembre 2013
LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni
regia Giuseppe Marini
con
Nancy Brilli, Fabio Bussotti, Giuseppe Marini, Maximilian Nisi
Appunti per una Locandiera
Spietata, modernissima e proto-strindberghiana lotta tra i sessi, “La Locandiera”, oltre a sancire il mio esordio registico nel pianeta Goldoni, non ha mancato di esercitare nel tempo, un lungo tempo, proprio come la sua protagonista, una certa misteriosa malia incantatrice. Mistero che apre oggi delle possibili fessure di comprensione (e interpretazione) in quella sorta di trattato, lucido e precisissimo, sull’egotismo o, meglio ancora, sul narcisismo – o battaglia di narcisismi – che da sempre sembra trovare nella sfera amorosa il suo terreno di applicazione privilegiato.
Nel deserto dei sentimenti, fra le macerie del desiderio, sempre più confuso e confusamente recalcitrante al suo soccombere, l’Eros riemerge nell’accezione più odiosa, quantunque comica e divertente nel caso del capolavoro goldoniano, quella che reca il marchio della supremazia e della rivalsa. Nel perverso, quanto sterile, gioco di relazioni pericolose, l’Amore è sostituito dalle sue recite e la finzione si serve dell’Amore stesso come strumento e mai come autentica componente affettiva, fino al punto che il desiderio (maschile) faticosamente ritrovato, viene deriso e sbeffeggiato prima di morire, sacrificato sull’altare di un narcisismo (femminile) che tra calcolo, opportunismo, rivalsa, anche interclassista (ma le cose non andranno affatto meglio tra componenti della stessa classe) procede, costi quel che costi, senz’altro oggetto se non il proprio trionfo.
19-21 novembre 2013
IDOLI
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con Gabriele De Luca, Giulia Maulucci, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
“se ti addormenti sotto alla neve non la senti la morte che arriva…”
Lo spettacolo esplora i nuovi vizi capitali della nostra società, le sue deformazioni individuali e collettive, le tendenze incontrollabili, spesso disastrose, che dietro l’apparente normalità degli uomini e del loro vivere quotidiano celano lo scenario inquietante di una società alla deriva. Conflittualità con il mondo esterno e con se stessi, noia di vivere, assenza di interessi, vuoto interiore, apatia morale, rabbia, frustrazioni… frammenti di umanità che si vanno ad incastonare all’interno di un desolante quadro di vita contemporanea. Una coppia, una famiglia, un nipote e un nonno sono i protagonisti di questa “commedia nera” nella quale nessuno è salvo. Crudele e grottesco. Divertente e osceno. Perché è proprio della vita l’intreccio tra l’odio feroce e una torta.
29 novembre – 1 dicembre 2013
SIOR TITA PARON
di Gino Rocca
regia Lorenzo Maragoni
con Anna De Franceschi, Davide Dolores, Francesco Folena Comini, Riccardo Maschi
Sior Tita Paron è un dramma abilmente nascosto tra le righe di una perfetta macchina comica, una commedia feroce, lucida e terribilmente divertente. Un’affiatata squadra di servitori si ritrova all’improvviso a contendersi l’inaspettata eredità del defunto paron, e il piccolo paradiso in cui ognuno a modo suo riusciva ad approfittare delle ricchezze della casa entra subito in crisi. Il maggiordomo Tita, nominato inaspettatamente unico erede, diventa immediatamente centro dei sospetti e dell’ostilità degli altri servitori, e la lotta intorno all’improvvisa ricchezza è un gioco senza esclusione di colpi, in cui continuamente si fanno e disfano alleanze, si mente, si tradisce, si cerca di difendere con ogni mezzo le proprie piccole conquiste, il proprio angolo di territorio, senza potersi più fidare di nessuno. Per i nove personaggi si tratta di resistere al cambiamento in tutti i modi possibili: alle relazioni si preferisce il gioco dei ruoli, al confronto la logica del noi contro di loro, alla sincerità il non detto, in una serie infinita di occasioni mancate di una comunicazione a viso aperto tra esseri umani.
Gino Rocca scrive Sior Tita Paron nel 1928, in anni difficilissimi. Lo dedica al figlio Guido, con l’indicazione (o forse il monito) “Queste creature, che s’incamminano con lui, perché le trovi e le riconosca un giorno”. Ottantacinque anni dopo, le stesse creature sono ben presenti intorno a noi, siamo noi o quel che corriamo il rischio di diventare, quando nelle nostre relazioni familiari e sociali rinunciamo al dialogo e ci accorgiamo di non avere nulla con cui sostituirlo. La storia dei personaggi di Rocca, dell’ubriacone Serafin, del rissoso ortolano Nane, della cuoca Carlotta, della sognatrice Teresina, e naturalmente dell’imprevedibile Tita, è una storia che ancora, e forse più che mai, oggi ci riguarda.
3-8 dicembre 2013
IL SERVITORE DI DUE PADRONI
di Ken Ponzio
regia Antonio Latella
con Marco Cacciola, Giovanni Franzoni, Federica Fracassi, Roberto Latini
Latella riparte “da” Goldoni, “da” come lui stesso spiega, perché questo Servitore è una totale riscrittura che vuole prendere forza dalla nostra tradizione per lanciarsi in avanti, nel tempo che deve venire. Parlare con la forza della tradizione all’uomo contemporaneo per Latella oggi è un dovere, più che una necessità: “Goldoni è il nostro teatro scritto, la nostra origine… Arlecchino è il nostro Amleto, non si può non incontrarlo nel proprio cammino teatrale, almeno per me.”
Nelle sue note di regia Latella scrive: “La menzogna è il tema che appartiene totalmente a questa commedia. Dietro la figura di Arlecchino (Truffaldino) la commedia si nasconde a se stessa, mente. Dietro agli inganni, ai salti, alle capriole del servitore più famoso del mondo la commedia mente agli spettatori: il personaggio che tanto li fa ridere è insieme tutte le menzogne e i colori degli altri personaggi. È uno specchietto per le allodole e sposta il punto di ascolto dell’intera commedia. Non c’è una figura onesta, tutto è falso, è baratto, commercializzazione di anime e sentimenti (…) Cosa resta? Il vuoto, graffiato dal sorriso beffardo delle maschere. (…) Il vuoto, forse l’orrore della nostra contemporaneità. L’orrore dell’uomo che davanti al peso del denaro perde peso (…)”
10-15 dicembre 2013
IL TEATRANTE
di Thomas Bernhard
regia Franco Branciaroli
con Franco Branciaroli, Tommaso Cardarelli, Valentina Cardinali, Melania Giglio, Daniele Griggio
Con la messinscena de Il teatrante, testo graffiante scritto nel 1985 dal grande romanziere e drammaturgo austriaco Thomas Bernhard, Franco Branciaroli continua la lunga riflessione sul Teatro e sul suo rapporto con la società attraverso la Memoria che ne è l’elemento fondamentale. Mentre in Servo di scena la Memoria è il presupposto stesso dell’azione scenica (da un lato la necessità di tener desta la memoria del popolo inglese durante la guerra, dall’altro gli sbandamenti della memoria di chi dovrebbe assumersi questo compito), ne Il teatrante, questa, viene messa direttamente a tema.
Raramente rappresentato in Italia, il testo fu messo in scena per la prima volta nel 1985, al Salzburger Festspiel dal regista Claus Peymann, e da lui stesso riallestito, nella stessa veste e con gli stessi attori, allo Schauspielhaus di Bochun e al Burgtheater di Vienna, nel 1986.
In un oscuro teatro di provincia, un attore-autore di origine italiana frustrato e megalomane si trova alle prese con uno spettacolo impossibile, stretto tra la propria ambizione – che gli fa scrivere testi deliranti e respingenti – e la necessità della compagnia, composta dalla sua stessa famiglia, più impegnata a sbarcare il lunario che a dare dignità al proprio lavoro. Tra invettive e paradossi sulla vita e sulla morte, sulla società e sulla felicità, il vecchio attore vedrà ancora una volta frustrato il tentativo di portare in scena La ruota della storia, testo pretenzioso e non compreso da nessuno.
7-12 gennaio 2013
PRIMA DEL SILENZIO
di Giuseppe Patroni Griffi
regia Fabio Grossi
con Leo Gullotta, Eugenio Franceschini, Andrea Giuliano, Sergio Mascherpa
con l’apparizione speciale di Paola Gassman
Raccontare in poche righe quelle che sono le progettualità di un regista che si confronta con un testo, non è mai cosa semplice. Certo è che, appena ci si predispone alla composizione, le parole escono facilmente davanti a soggetti così preziosi.
Il testo di questo nuovo progetto è PRIMA DEL SILENZIO di Giuseppe Patroni Griffi.
Non si può di certo negare che tra le parole di Patroni Griffi, le sensazioni, i concetti, i sentimenti, le provocazioni, sanno come esaltarsi e completarsi, e che il pensiero di trasporle è fluido e gratificante.
Scritto negli anni ’70, il testo risulta ancor vivo per tematiche e concetto .
La storia racconta le scelte, pur’ anche rivoluzionare per la casta che lo ha inglobato per tutta la sua vita precedente, di un uomo , del quale non ci viene fornito il nome. Probabilmente questo poco importa alla risoluzione della vicenda, a mio discernimento l’autore, ad arte e tramite l’espediente, ha voluto rendere universale la faccenda.
21-26 gennaio 2013
L’ISPETTORE GENERALE
di Nikolaj Vasil’evic Gogol’
regia Damiano Michieletto
con Alessandro Albertin, Luca Altavilla, Alberto Fasoli, Emanuele Fortunati
“Guarda queste banconote, sono tutte sporche!”
E’ una battuta detta dal presunto Ispettore generale dopo aver ricevuto i soldi con i quali tutti cercano di corromperlo. Questi soldi sono sporchi: unti di grasso, di terra… forse accartocciati e logori.
In un grande testo, vi si accede spesso tramite un piccolo dettaglio, come una piccola chiave che può iniziare a far cigolare un grande portone. Questa battuta è stata un indizio per aprire la mia immaginazione sui personaggi di Gogol.
Chi può avere delle banconote unte?…. Gente che forse un pò sporca lo è… probabilmente non si lavano molto. I personaggi infatti vengono spesso descritti attraverso i loro odori: puzzano di cavolo, di tabacco, e di vodka… E’ una storia che puzza di alcool e di gente ubriaca. L’alcool diventa quasi un concetto che perdura nei cinque atti: usato per calmare la paura, per comunicare la propria virilità, per festeggiare e far baldoria, per annegare la propria depressione.
Un’umanità gretta e sporca, compressa nella paura per quattro atti e pronta ad esplodere nel finale in una catartica liberazione, raccontata come un’aspirazione al lusso, al divertimento facile, ad un altrove forse ancora più gretto e meschino della loro realtà.
1-2 febbraio 2013
LA PACE PERPETUA
di Juan Mayorga
regia Jacopo Gassmann
con Pippo Cangiano, Enzo Curcurù, Giampiero Judica, Davide Lorino
Il teatro accade nel pubblico. Non nei ruoli ideati dall’autore. Nemmeno nella scena che occupano gli interpreti. Il teatro accade nell’immaginazione, nella memoria, nell’esperienza dello spettatore.” E’ da questa intuizione fondante e costitutiva del pensiero di Juan Mayorga che nasce la nostra estrema fascinazione per la sua opera. Affrontare un testo come la Pace Perpetua vuol dire operare costantemente in bilico fra la passione e il bisogno di trovare soluzioni espressive alle infinite domande che sottendono il testo e la consapevolezza che tutto ciò che verrà proposto in scena dovrà recare con sé una certa meticolosa, consapevole incompiutezza che potrà forse soltanto definirsi nel corto circuito fra palco e platea: rigenerandosi cioè come ulteriore domanda. Juan Mayorga è un autore classico e contemporaneo al contempo. I temi che fanno da spina dorsale al suo teatro riguardano senza dubbio le emergenze e le contraddizioni del nostro tempo ma solo in quanto queste possono offrirci una lente di ingrandimento e responsabilizzarci rispetto a tutto ciò che è già stato e a tutto ciò che resta da fare.
4-9 febbraio 2013
FROST/NIXON
di Peter Morgan
con
Ferdinando Bruni, Elio De Capitani
Bugie e potere. Responsabilità e potere. Un match che mette a confronto il potere politico e quello mediatico e la loro tracotanza. Due strumenti che posso essere al servizio del bene comune e dell’emancipazione dei cittadini, come anche essere strumento di asservimento e di sopraffazione. L’importanza della scelta, del senso di responsabilità, del senso etico individuale nell’agire del politico e del giornalista. E, al contrario, l’autoindulgenza del potere che si mette al di sopra di tutti e di tutto e si autoassolve, pervicacemente convinto della propria autocratica impunità.
In Frost-Nixon va in scena il primo caso storico di televisione-spettacolo dove questi temi sono splendidamente restituiti in tutta la loro densità drammatica. Vi si racconta il duello televisivo tra Frost e Nixon, terminato con la confessione di Nixon – mai ottenuta prima – sullo scandalo del Watergate e sui limiti morali del potere del presidente degli Stati Uniti. Una confessione, negli ultimi secondi trasmissione, di un Nixon combattivo, orgoglioso, ma messo alle corde dalla precisione delle domande, delle date e dei riscontri. Un episodio storico realmente accaduto.
18-23 febbraio 2013
OPERETTE MORALI
di Giacomo Leopardi
regia Mario Martone
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suoni Hubert Westkemper
Le Operette morali sono una raccolta di ventiquattro componimenti in prosa, dialoghi e novelle, che Giacomo Leopardi scrive tra il 1824 ed il 1832.
In essi troviamo l’anima più profonda dell’autore: il rapporto dell’uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la Natura; il raffronto tra i valori del passato e la situazione statica e decaduta del presente; la potenza delle illusioni e della gloria. I temi affrontati sono fondamentali, primari: la ricerca della felicità e il peso dell’infelicità, la natura matrigna, la vita che è dolore, noia. In questo panorama di atmosfere astratte e glaciali la ragione si distingue come unico strumento per sfuggire alla disperazione.
4-9 marzo 2013
LE VOCI DI DENTRO
di Eduardo De Filippo
regia Toni Servillo
con Chiara Baffi, Betti Pedrazzi, Marcello Romolo, Toni Servillo, Peppe Servillo
“Eduardo De Filippo è il più straordinario e forse l’ultimo rappresentante di una drammaturgia contemporanea popolare, dopo di lui il prevalere dell’aspetto formale ha allontanato sempre più il teatro da una dimensione autenticamente popolare. E’ inoltre l’autore italiano che con maggior efficacia, all’interno del suo meccanismo drammaturgico, favorisce l’incontro e non la separazione tra testo e messa in scena. Affrontare le sue opere significa insinuarsi in quell’equilibrio instabile tra scrittura e oralità che rende ambiguo e sempre sorprendente il suo teatro. Seguendo il suo insegnamento cerco nel mio lavoro di non far mai prevalere il testo sull’interpretazione, l’interpretazione sul testo, la regia sul testo e sull’interpretazione. Il profondo spazio silenzioso che c’è fra il testo, gli interpreti ed il pubblico va riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo replica.”
11-16 marzo 2013
I PILASTRI DELLA SOCIETÀ
di Henrik Ibsen
regia Gabriele Lavia
con Gabriele Lavia
Nella doppia veste di interprete e regista, Gabriele Lavia alza il sipario dell’Argentina sul teatro di Henrik Ibsen, mettendone in scena il malessere, i tormenti, le debolezze della società borghese del suo tempo per denunciare la corruzione e l’ipocrisia del potere e per far emergere la verità e la libertà individuale. Con I pilastri della società, la nuova produzione del Teatro di Roma in coproduzione con la Pergola di Firenze e lo Stabile di Torino, Lavia affronta temi di scottante attualità come la menzogna sociale e la mancanza di moralità declinate attraverso i personaggi ibseniani del testo del 1877 con cui l’autore norvegese, tra i più importanti dell’Ottocento, riformò i criteri della sua produzione teatrale segnando una svolta verso il dramma sociale.
Prigioniero di un passato che lo esclude dalla vita del presente, il Console Bernick mette in discussione la sua credibilità, il ruolo sociale e il successo personale per confessare le proprie colpe pubbliche e private. “Pilastro morale della società”, Bernick vive in realtà da oltre quindici anni una vita di inganni. Ha infatti sedotto e abbandonato una giovane che per il dolore ne è morta, e ne ha lasciato ricadere la colpa sul fratello minore di sua moglie Betty, Johan Tonnesen, emigrato subito dopo in America con la sorellastra Lona. Nel piccolo ambiente borghese in cui vive, il Console è un uomo corretto, potente e rispettabile fino a quando il rientro improvviso di Johan e Lona, lo costringeranno a confessare gli errori commessi tanti anni prima. Spinto da Lona, forse l’unica donna che lo abbia amato, confessa i suoi errori e riscatta dal tormento e dal peccato la lunga parentesi in cui è vissuto. Nella sua ansia di verità e di libertà, Bernick esalta il ruolo purificatore dell’onestà e della fedeltà del singolo contro una società codarda ed ipocrita, dominata dai pregiudizi e dalle disuguaglianze sociali e culturali. Il valore artistico e il carattere simbolico espresso nel titolo, rendono il dramma efficace ancora oggi, nonostante le differenze e le specificità politiche della nostra epoca.
20-21 marzo 2013
PANTANI
di Marco Martinelli
con Alessandro Argnani, Luigi Dadina, Roberto Magnani, Michela Marangoni, Ermanna Montanari
14 febbraio 2004: Marco Pantani viene ritrovato senza vita in un residence di Rimini. Aveva appena compiuto 34 anni. Dopo i trionfi al Giro d’Italia e al Tour de France, le accuse di doping a Madonna di Campiglio, rivelatesi poi infondate, lo hanno condotto a un lento ma inevitabile crollo psicologico fino a una morte forse tragicamente annunciata. Tra il campione adulato, l’icona di chi ha fatto rinascere il ciclismo come sport dell’impresa e della fantasia, e il morto di Rimini, che giaceva in mezzo alla cocaina nei panni di un vagabondo, vi è tutta la complessità di un’epoca al tempo stesso sublime e crudele che si esercita senza pudore. Senza vergogna.
La scrittura di Marco Martinelli, dopo quel Rumore di acque capace di trasfigurare in grottesca e malinconica poesia la cronaca tragica dei barconi alla deriva nel Mediterraneo, affonda nelle viscere dei nostri giorni e della società di massa che chiede sacrifici e capri espiatori: attorno alle figure di Tonina e Paolo, i genitori di Marco, che ancora oggi stanno chiedendo giustizia per la memoria infangata del figlio, Martinelli mette in scena una veglia funebre e onirica, affollata di personaggi, che come un rito antico ripercorre le imprese luminose dell’eroe. I genitori di Marco, figure archetipiche di una Romagna anarchica e carnale, sono sospese come l’Antigone di Sofocle davanti al cadavere insepolto dell’amato: cercano verità, e non avranno pace finché non l’avranno ottenuta.
25-30 marzo 2013
BALLATA DI UOMINI E CANI
dedicata a Jack London
di Marco Paolini
con Marco Paolini, Lorenzo Monguzzi, Angelo Baselli, Gianluca Casadei
Ballata di uomini e cani è un titolo provvisorio per un tributo a Jack London.
A lui devo una parte del mio immaginario di ragazzo, ma Jack non è uno scrittore per ragazzi, la definizione gli sta stretta. È un testimone di parte, si schiera, si compromette, quello che fa entra in contraddittorio con quello che pensa. È facile usarlo per sostenere un punto di vista, ma anche il suo contrario: Zanna Bianca e Il richiamo della foresta sono antitetici. La sua vita è fatta di periodi che hanno un inizio e una fine e non si ripetono più.
Lo scrittore parte da quei periodi per inventare storie credibili dove l’invenzione affonda nell’esperienza ma la supera.
1-2 aprile 2013
IL GUARITORE
di Michele Santeramo
regia Leo Muscato
con Vittorio Continelli, Simonetta Damato, Gianluca Delle Fontane, Paola Fresa, Michele Sinisi
Il guaritore mette in relazione le storie delle persone, per farle guarire.
Beve grappa, é stanco e vecchio. Ha un fratello che mal sopporta, e con lui dovrebbe mettersi in relazione, per guarirsi.
In questa guarigione gli arrivano in casa due donne con problemi opposti, e un ex pugile.
La guarigione non é cosa facile, serve leggerezza, disimpegno, distacco e grappa.
É un personaggio che prova a mettersi tra il malessere e la soluzione dei problemi. Ha il colletto della camicia sporco, non ci vede quasi più ma riesce a guarire le persone. Non é un mago nè un medico. É una via di mezzo, oscura e non conoscibile.
Vive sulla linea d’ombra tra realtà e fantasia, come ogni personaggio della scena.
8-13 aprile 2013
SPRING AWAKENING
di Steven Sater
con Flavio Gismondi, Federico Marignetti, Arianna Battilana, Tania Tuccinardi, Gianluca Ferrato
Mamma, perché non mi hai detto tutto?
Opera prima del grande drammaturgo tedesco Frank Wedekind, Risveglio di primavera è un lavoro travolgente, dionisiaco, forte senza mezzi termini e per alcuni tuttora “irrappresentabile”.
Un Wedekind ventisettenne racconta le vicissitudini di un gruppo di ragazzi nel pieno del loro “risveglio” in un’epoca e in una società che li isolano, li reprimono e negano loro ogni spontaneità, dal gioco alla sessualità. Wedekind inscena tutto questo ancora prima di chiunque altro e crea un labirinto di genitori ciechi, scuole mute e collegi sordi, in cui i piccoli protagonisti sembrano destinati a tacere, o peggio a soccombere.
info su www.teatrostabiledelveneto.it
Ho assistito, con grande fatica, allo spettacolo: IL SERVITORE DI DUE PADRONI di Ken Ponzio, con me vi erano mia moglie e tre amici. Tutti, anche moltissimi altri in platea, siamo usciti dal teatro delusi se non infastiditi: Goldoni era un pretesto per presentare una sarabanda di rumori luci e attori (bravi poveretti) impegnati in evoluzioni di difficile comprensione e dubbio gusto.
Purtroppo non è la prima volta che dobbiamo assistere a questo genere di “teatro” e ne siamo stanchi ma confidiamo che, se Gasman se ne andrà, il nuovo direttore cambierà tipo di rappresentazioni, in caso contrario, noi non rinnoveremo l’abbonamento. Siamo consapevoli che alla direzione del teatro la nostra opinione non importerà nulla tanto a ripianare i conti vi saranno le tasse dei contribuenti.
Tanto dovevo.
Antonio Bettanini