La nuova geografia del teatro: come cambia la comunità romana
Una città ridisegna la sua geografia molto spesso relazionandosi con i nuovi insediamenti di potere che modificano gli assetti amministrativi. Ma il teatro – e la cultura in genere – che segue una direzione tutta sua e non conosce segmenti ma una linea evolutiva vocata a non arrestarsi, come vive gli assestamenti? Nelle settimane appena successive all’ultimo dei sostanziali cambiamenti che in pochi mesi hanno modificato molti equilibri – da un lato i poteri nazionali hanno insediato un ministro dei Beni Culturali in un governo di larghe intese, dall’altro i poteri locali hanno posto in atto la cancellazione della Provincia di Roma e la ripartizione delle sue competenze sugli altri organi, il cambio della guardia in Regione Lazio con l’avvento del nuovo assessore Lidia Ravera e l’ormai prossimo nuovo ordine al Comune di Roma – si prospetta un ripensamento dei luoghi teatrali della città, mai come quest’anno in netto deficit: se il Teatro India non ha ancora visto inaugurare un cantiere per i presunti lavori in un anno di fermo, l’Argentina non basta al Teatro Stabile (peraltro con tutto il suo organico decisionale in scadenza a fine anno) per ovviare alle necessità di una metropoli come Roma; se il Teatro Valle Occupato sta compiendo passi decisivi verso l’affermazione di un nuovo tipo di produzione e fruizione culturale, di contro non ha potuto sostituire la forte presenza di quel teatro in epoca di pre-occupazione; resta poi il progetto Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea che, animato da propositi non sufficientemente sostenuti dalle economie in campo e da rivedere a lungo termine, è per ora impalpabile e tutto ancora da conoscere.
Fuori da organismi legati direttamente alle amministrazioni (o di cui – come il Valle – le amministrazioni non hanno avuto tempo e modo di occuparsi), sembrano in difficoltà i grandi teatri privati, i luoghi deputati alla sperimentazione e alla ricerca sono sempre meno e non riescono da soli a fronteggiare la richiesta di opportunità, un centro di propulsione culturale strappato al degrado come l’Angelo Mai è tornato in stato di occupazione e ha scelto una strada di opposizione. Ci sono poi piccoli teatri, una minoranza rispetto alla totalità di circa ottanta sale di spettacolo, che hanno deciso con un graduale e sempre maggiore impegno di voltare le spalle al semplice modello di affitto della sala e si riconoscono in un’intenzione comunitaria di rete ancora tutta da scoprire, cercando di mediare le proprie vocazioni con la richiesta di una comunità artistica che non trova più gli sbocchi di un tempo. Che funzione intende svolgere chi non ha scelto questa strada?
In questa geografia va mutando anche la comunità degli artisti che si trova in una città a regime ridotto rispetto al fermento prodotto nei decenni precedenti. C’è bisogno di un’occasione per attivare i confronti e innescare riflessioni, accogliere in questi disegni altre e più periferiche realtà che potrebbero replicare processi virtuosi. Quale miglior luogo di un giovane e nuovo festival in un teatro come l’Antigone che si sta affacciando alla relazione con l’ambiente romano anche ripensando la propria recente vocazione? L’appuntamento, moderato da Teatro e Critica con tutti i protagonisti di questo mutamento, è per il 21 giugno 2013 alle ore 18.00 presso L’Asino che vola (via Antonio Coppi, 12). Venite a scoprire che cosa diventa una città e – in essa – che cosa diventiamo noi.
Redazione