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Teatri di Vetro 7 – La sfida tra l’arte e la vertigine

foto di Valentina Bianchi
foto di Valentina Bianchi

Io non ho paura. Inizia con questa dichiarazione Teatri di Vetro 7, festival romano che ha segnato questi anni rilanciando ogni volta il proprio stato per ribadire una presenza certa e propositiva. Io non ho paura è la frase che si dice di fronte alla paura stessa e tanta ce n’è in questi anni abbattuti oltre ogni limite, raggomitolati su esperienze minute a ridotta opportunità di rischio. Ma proprio là dove tutto farebbe pensare una stasi, ecco che le arti fanno pulsare vitalità e rinnovamento. E allora alle arti, tutte, si allarga dilatando il disegno dei Teatri di Vetro: il teatro chiama a raccolta la danza, ma si spinge fino alle arti visive, la musica, gli audiodocumentari, convoca nella sua casa i nuclei resistenti e ne organizza l’impiego. Ne nasce una formazione ibrida ma in cui forte appare la necessità di combattere per un obiettivo comune: affermare facendo domande, riqualificare le misure – secondo parametri propri – dell’intero mondo contemporaneo.

Dal 21 al 30 aprile 2013, come al solito suddiviso in spazi di diversa natura e conformazione tra cui il Teatro Palladium, il Centrale Preneste, il Forte Fanfulla, le Fonderie Digitali e gli storici lotti della Garbatella, il festival sarà dunque articolato secondo un’esplosione di eventi che rispondono a tale progetto comune, come voler fare in modo che ogni suono, immagine, gesto, parola corrisponda a una parte di quell’unico grande grido: Io non ho paura. Roberta Nicolai e l’intero staff di Triangolo Scaleno Teatro, in collaborazione con la Fondazione Romaeuropa, per quest’anno ha saputo comporre un programma che pare un opportuno passo verso il rinnovamento, per cui il festival (a suo tempo vetrina) aveva in origine vocazione. Se dunque negli anni passati aveva iniziato a farsi largo una tendenza più modaiola che si attestava a scoprire l’emerso, da questa edizione il lavoro di attenzione al territorio romano è tornato a mostrare risultati notevoli, schiudendo uno spazio di visibilità che, a onor del vero, grazie anche a quell’apertura verso l’esterno gode oggi di maggiore risalto.

Foto di Ufficio Stampa
Foto di Ufficio Stampa

Forte è l’orientamento verso la scrittura drammaturgica, con esperienze accreditate come Quotidiana.com e Andrea Cosentino, Musella/Mazzarelli o Carrozzeria Orfeo, ma anche con nuove e promettenti formazioni come Clinica Mammut o Leviedelfool e chiudendo con la presentazione del progetto vincitore del bando Urgenze sulla nuova drammaturgia: Las Vegas di Tobia Rossi.
Ci sarà ampio spazio per la danza, con la cura di Anna Lea Antolini e la presenza di Paola Bianchi, Maddai, Sonia Brunelli/Barokthegreat, insieme ad incontri teorici legati al progetto Waiting for dna; poi ancora le arti visive con installazioni e interventi in tutto il quartiere Garbatella (curati da Daniele Spanò), il videoteatro proiettato nel foyer del Palladium, le azioni performative di Giulio Stasi/Rosabella Teatro o Fedra Boscaro/Tommaso Arosio; la nuova sezione musica, curata da Enea Tomei che ha pensato incursioni performative indagando la relazione fra analogico e digitale; ma ancora gli audiodocumentari (curati da Gianluca Stazi) con i reportage della giornalista Ornella Bellucci e tanto, tante altre collaborazioni, aperture, contaminazioni di una città con la città, mondi sovrapposti e che si riconoscono nell’unica via di riportare le arti al centro di ognuno di essi.

Ultima nota. Durante la conferenza stampa tenutasi all’Opificio Telecom Italia sede di Romaeuropa, alla presenza del nuovo assessore regionale Lidia Ravera che ha promesso di ritrovare le risorse perdute e il sostegno presente e futuro, c’è stato un momento toccante, per idea di Anna Lea Antolini che ha scelto di proiettare, nel silenzio, un estratto video da Will you still love me tomorrow? di Matteo Maffesanti/Alessandro Sciarroni: sopra una vallata desolata tra le montagne a strapiombo, un uomo si spinge ai limiti di sé stesso e dell’umanità per raccogliere con una delicatezza estrema, a spasso sopra il vuoto e nel punto più impervio che si possa immaginare, un germoglio appena nato. Noi siamo quelli lì, dice lei. E ci pensi, il nuovo assessore, e non abbia paura – anche lei – a dotarsi di un buon sistema di irrigazione.

Simone Nebbia

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