Su queste pagine si è parlato spesso della Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea e della questione legata ai Teatri di Cintura. Appellativo ormai probabilmente inappropriato, dato che quell’immagine rappresentava il teatro Quarticciolo e il Tor Bella Monaca come due bastioni di una cintura che apriva (e chiudeva) la città teatrale rappresentata dal teatro pubblico romano, ovvero lo Stabile. Abbiamo raccontato delle contraddizioni presenti nei bandi: delle difficoltà che avrebbero avuto i vincitori per l’esiguità delle economie in ballo, dello strettissimo lasso di tempo per preparare i progetti, della posizione inizialmente non chiarissima di Zètema su argomenti caldi quali la riassunzione dei lavoratori e di altre piccole contraddizioni.
I nomi dei vincitori dei bandi voluti da Dino Gasperini in collaborazione con l’Agis, ora sono stati ufficializzati dal Comune di Roma con un comunicato. La prima considerazione è che per vincere i soggetti partecipanti hanno dovute unire le forze. Per entrambi i teatri potremmo parlare di cordate: compagnie teatrali, associazioni culturali e società più strutturate hanno investito nei due progetti cercando poi, per le figure dei direttori artistici, una personalità dalla visibilità addirittura nazionale, nel caso di Alessandro Benvenuti per il Tor Bella Monaca, e una regista, che nel territorio del Quarticciolo aveva già condotto un lungo lavoro, Veronica Cruciani.
Al di là dell’impegno dei singoli e di tutti coloro che hanno partecipato al bando, al di là delle buone idee e della volontà di riaprire questi spazi periferici alla cittadinanza, bisognerà poi fare i conti con gli investimenti messi in campo e, a sentire artisti e organizzatori, lo sforzo economico risulterebbe troppo debole. Insomma la paura dei comitati e degli addetti ai lavori è che a rimetterci saranno ancora una volta gli artisti ospitati e gli spettatori mentre, per i posti che contano, nessun problema economico: la direzione generale della Casa dei Teatri, ad esempio, affidata a Emanuela Giordano, regista importante e sensibile alle tematiche del territorio, graverà per 80mila euro annui sul bilancio.
Facciamo un passo indietro. L’innovativa idea di creare la Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea nasce nei suoi ideatori come una modalità di messa in rete di spazi teatrali del territorio appartenenti al Comune di Roma. L’Assessore Dino Gasperini ha sempre affermato che tali spazi sarebbero rimasti pubblici. Dovremmo però allora ragionare su ciò che è pubblico veramente e su ciò che viene presentato come pubblico, ma altro non è che l’ennesima forma di privatizzazione parziale che infila nella gestione un’azienda di servizi partecipata dal Comune stesso, come Zètema. In modo non totalmente dissimile da quello che accade nel caso della sanità, anche nel teatro ci troviamo sostanzialmente spettatori della solita recita: lo stato perde i pezzi lasciando ai privati l’onere di rimetterli insieme chiedendo però loro di spendere il meno possibile. D’altronde un certo liberismo che punta alla scarnificazione dello stato e alla sua progressiva svendita non passa mai di moda, anzi diventa attualissimo in tempo di crisi. Ecco allora la storia di due teatri che prima erano pubblici davvero in quanto gestiti da un ente pubblico, il Teatro di Roma, e che ora vanno nelle mani di privati dai quali si pretende un lavoro di ascolto e partecipazione con la cittadinanza, una riconnessione nevralgica col tessuto del territorio e un cartellone lungo un anno e mezzo al netto delle spese di gestione, personale incluso.
Altra nota dolente della gestione comunale della vicenda è la trasparenza: sul sito web del Comune di Roma (e neanche su quello di Zètema che ha in carico la gestione della struttura) non è al momento presente una sezione dedicata alla Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea, il cittadino per avere informazioni minime deve affidarsi alla fortuita ricerca di comunicati all’interno delle pagine, ma anche questi risultano spesso incompleti. Nell’ultimo, contenente i nomi dei vincitori, risultano ad esempio totalmente assenti i dati riguardanti le offerte economiche. In poche parole ai cittadini, ovvero i destinatari ultimi del progetto culturale, non è ancora dato sapere quale sarà l’impegno economico reale del Campidoglio nei confronti dei due spazi (in delibera l’ipotesi complessiva di finanziamento per i due lotti era di 600mila euro), eppure basterebbe pubblicare online le offerte economiche svelate in seduta pubblica il 26 febbraio per capire quale sia il valore che il Comune dà a un’attività culturale così imprescindibile per il territorio.
Ne L’arte della commedia, Eduardo faceva dire al capocomico Campese durante il colloquio con il Prefetto: «Allora mi domando: questo benedetto teatro è di interesse nazionale o no? Lo deve essere senza dubbio, se no i Governi non sarebbero tanto pazzi da dissanguare la Tesoreria dello Stato in favore di una cosa inutile… Se non lo è, mi perdoni l’affermazione, Eccellenza, dobbiamo considerare inutili gli attori, i registi, gli scrittori, l’Accademia, la Direzione Generale del Teatro e tutto l’apparato burocratico che la circonda». Al prossimo Sindaco di Roma e al prossimo Assessore alla Cultura, chiunque saranno, converrebbe dare una scorsa anche a questa commedia prima di affrontare i temi legati allo spettacolo dal vivo.
Andrea Pocosgnich