HomeVISIONIRecensioniL’infinita realtà di Cesare Ronconi ovvero Ora non hai più paura

L’infinita realtà di Cesare Ronconi ovvero Ora non hai più paura

Ora non hai più paura Teatro Valdoca
Foto di Fabiana Rossi

Il teatro è essenzialmente qualcosa che accade nella sincronia di tempo e visione, ha a che fare con l’esperienza più di quanto non riguardi la sua digestione teorica o il tentativo di dar di esso una parafrasi definita.  Questo assunto, tanto veritiero da divenire genetico per chi dal teatro vive contaminato, è ciò che sembra motivare, quasi per infusione, il nuovo lavoro di Teatro Valdoca, Ora non hai più paura. Lo spettacolo, in scena al Palladium di Roma, si presenta come secondo capitolo della Trilogia della gioia inaugurata a Cesena nel maggio dello scorso anno con O tu reale, scontrosa felicità, destinata a svilupparsi nel corso di tre anni e concepita partendo dall’unione della cifra direttiva di Cesare Ronconi con quella di artisti della nuova scena contemporanea. La collaborazione del regista con Mariangela Gualtieri ha nel corso di questi trent’anni spinto alla ricerca di coniugazioni performative in grado di manifestarne l’esigenza come principio sostanziale, contribuendo a centrare il loro sodalizio come uno dei punti di riferimento dell’attuale realtà italiana.

Questo secondo atto, sorto e sviluppato nella dotta sensibilità di quella che Ronconi definisce una “regia invisibile”, è declinazione non razionale e senza parole, sequenza assemblata di azioni sgorgate dalla compenetrazione creativa dei suoni di Enrico Malatesta, Attila Faravelli e Luca Fusconi. Le entità delle tre performer manifestano la propria sfuggente significazione sull’urto acustico, tra le vibrazioni graffiate − sino allo stridore − di archi esasperati, nel soffocamento dei boati di percussioni destrutturate su banda sintetica. Il palco è spaccato, lo spazio diviso in due. Tra il nero austero di scarna quintatura e la specularità antitetica di un blu fluente nei drappi a cascata si scava la dimensione del gesto, il quadro in cui il moto sembra accadere per dittatura di forze eterogenee, dallo svilupparsi circolare delle evoluzioni anatomiche fino alla strisciante spinta calamitata al suolo come pure nell’attrazione di tensioni aeree.

Ora non hai più paura - Teatro Valdoca
Foto di Fabiana Rossi

I corpi frammentati tra femminilità e androginia narrano immagini sfuggendo al racconto, segnano i contrappunti di una partitura aperta a raccogliere i prodotti di ciò che succede nel “bilico tra agire e non agire, essere e non essere” più di quanto non lo sia a determinare una comunicazione perentoria. La sacralità della nascita, la maliarda fascinazione dell’attrazione, il trascinamento ostensivo di un corpo sfinito e abbandonato alla pietà dell’abbraccio, il bianco autistico del gesso su una lavagna, la nevrastenia indolente di schiaffi ininterrotti o l’assunzione di un volto trasfigurato digitalmente: tutto rincorre e neutralizza l’espressione organizzata. Figure incrostano gli occhi della platea, vivificazioni di una poetica tanto intellegibile quanto criptica d’impatto possa apparire la sua realizzazione.

La frammentarietà e  la slogatura, in assenza di situazioni, cercano legittimazione nell’antidialettica, nei sussulti fonatori alla bocca dello stomaco, riflessi inevitabili di una drammaturgia sonora osservata al momento del suo farsi, nel suo essere composizione di accompagnamento estemporaneo verso il recupero di un’emotività primaria. Sembra quasi che la manifestazione organica individui la sua necessità in una germinazione di matrice grotowskiana, sciolta nella delicatezza del canto di una delle esecutrici, nel nitore della melodia che giunge all’ascolto attraverso lo sguardo, che la vede generarsi nelle micro contrazioni dei muscoli scapolari su per il collo e fino alla voce.

Divincolarsi da un ordine di conduzione e restare attoniti di fronte a un momento che si svolge. Questo sembra bramare lo spettacolo: evadere dalla cella della semantica, scappare dall’afflizione del senso imposto e costruito, dalla strutturazione incontrovertibile dei concetti per continuare a cercare fino all’infinito nella limitazione inesauribile della realtà.

Marianna Masselli

Visto al Teatro Palladium in febbraio 2013

ORA NON HAI PIÙ PAURA
regia, scene, luci e costumi Cesare Ronconi
direzione del progetto sonoro Enrico Malatesta
con Silvia Mai, Chiara Orfice, Sveva Scognamiglio
ricerca sonora e suono dal vivo Attila Faravelli, Luca Fusconi, Enrico Malatesta
con la collaborazione di Luciano Maggiore

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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