La regista-drammaturga Carmen Giordano, l’attore Woody Neri (vincitore nel 2005 del Premio Hystrio alla Vocazione) e l’attrice Maura Pettorruso sono i tre principali animatori del collettivo di ricerca Macelleria Ettore, operante dal 2008 sulla scena trentina e impegnato nel guardare al teatro come un amorevole e vitale “tradimento” del pensiero dei grandi maestri [vedi ELEKTRIKA_ un’opera techno]. Operando al di fuori del progetto di compagnia, i tre artisti hanno presentato un monologo tratto dal romanzo Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati presso lo Spazio Off, piccola oasi di creatività nel centro di Trento. Maura Pettorruso è l’autrice dell’adattamento, Giordano la regista e Neri il generoso e coinvolgente interprete. Il ventiduenne tenente Drogo resterà per anni presso la fortezza militare Bastiani, in attesa di un nemico che (ironia della sorte) arriverà quando egli sarà ormai troppo vecchio e malato per combattere.
Più “tradizionale” nella forma e più riguardoso della figura del maestro rispetto a ELEKTRIKA, lo spettacolo non risulta per questo meno denso di contenuti poetici. Il gruppo sceglie di concentrarsi sul personaggio di Drogo e di dare forza a parole e azioni attraverso l’accurata di selezione di pochi oggetti – tre abat-jour, una sedia, un secchio d’acqua, un costume da tenente di reggimento – per indagare uno dei problemi che assillano da sempre l’umanità: che cos’è il tempo e in che modo esso condiziona le nostre vite. L’arrivo di un gruppo di pastori, la fuga di un cavallo e la morte accidentale di una sentinella sono gli unici eventi a rompere la monotonia delle giornate e Drogo finisce per interrogarsi sulla natura del tempo, che sembra scorrere più lentamente; è combattuto tra il desiderio di lasciare la fortezza e quello di restare, per andare a fondo nel mistero. La messinscena fa rifluire il dilemma pratico in quello esistenziale, tramite una raffinata rappresentazione dello scorrere del tempo e dell’oscillazione di Drogo tra il desiderio di vivere e l’ambizione di conoscere.
Il corpo e la voce di Neri restituiscono sapientemente la graduale trasformazione dal giovane immaturo al vecchio logorato dall’attesa e il dilemma pratico prende forma in due materiali: da un lato la memoria (il ricordo della madre, della vita di città, etc.) che lo spinge a provare nostalgia per le dolcezze passate; dall’altro la speranza (la gloria che conquisterà quando affronterà il nemico) che lo proietta verso il futuro e verso una supposta ricompensa per il valor militare. La regia “sinestetica” di Giordano restituisce il sempre più rapido alternarsi della notte e del giorno, dei minuti con i minuti, attraverso il buio/luce sulla scena, quando Neri manovra le abat-jour. È sempre la regia, plasmando le luci sul corpo e sul volto dell’attore, a occuparsi di sottolineare gli stati d’animo di gioia, di ansia, di attesa.
Sul piano drammaturgico, è evidente il lavoro di Pettorruso che evidenzia lo scorrere del tempo estrapolando certe parole chiave del romanzo: «I corvi nidificano. Le rondini se ne vanno», insieme incipit dello spettacolo e frase più ricorrente. Il riferimento simbolico è forse alla capacità del tempo di far fuggire presto i piaceri della giovinezza (la rondine) e di far rannicchiare l’uomo in sé stesso per aspettare la morte durante la vecchiaia (il corvo). Drogo ha scelto di essere corvo e di nidificare nella fortezza, sicuro che questa rinuncia gli garantirà una conoscenza superiore di sé e del mondo: lo scorrere del tempo è una delle maggiori cause di dolore, che sfuggono alla percezione di chi agisce spensieratamente. Ventidue mesi spariscono in un lampo per le rondini, ma passano lentissimamente per i corvi, il tempo, scrive Buzzati, è come un cancello che è stato «sprangato alle spalle nostre, impedendoci la via del ritorno». Nemmeno gli dei stessi possono far sì che «ciò che è stato fatto non sia fatto».
La vicenda di Drogo sembrerebbe un invito a seguire non tanto la vita spensierata e vuota di scoperte, quanto l’esistenza rinunciataria ma ricolma di rivelazioni, e a trovare al loro posto una terza via che contenga i vantaggi di entrambe. Questa terza via potrebbe essere il percorso di conoscenza aperto dal teatro, all’interno del quale possiamo essere simultaneamente rondini e corvi, uomini che godono dei vivaci accadimenti sulla scena e che riflettono con sensi più acuti sui molti misteri dell’universo.
Enrico Piergiacomi
visto allo Spazio Off (Trento) a febbraio 2013
IL DESERTO DEI TARTARI
di Dino Buzzati
adattamento teatrale di Maura Pettorruso
con Woody Neri
regia di Carmen Giordano
in co-produzione con Provincia Autonoma di Trento ed Ecomuseo Valle del Chiese
con il patrocinio di Associazione Dino Buzzati, Fondazione Dolomiti Unesco
media partnership Corriere della Sera e Corriere del Trentino