La XII edizione de Le vie dei Festival giunge al termine della programmazione con lo spettacolo Interno 3 dell’ Onorevole Teatro Casertano. In una riflessione concreta di cosa sia questo “interno”, ci viene subito offerto l’attraversamento del suo opposto: anziché varcare semplicemente la sala del Teatro Vascello, all’esterno attende una navetta che guiderà il pubblico presso la Villa Piccolomini.
Durante il breve tragitto uno scambio di battute mandate in onda dagli altoparlanti della vettura suggerirebbe uno spettacolo già iniziato; perfino la richiesta rituale di spegnere i telefoni avviene a bordo. Che sia parte consapevole o meno della mise en scène, il nostro viaggio reale e metaforico è inevitabilmente partito, la curiosità scattata: c’è una donna che «vuole fare la stessa fine di Ofelia». Resta da vedere quanto di questo permanga nello spettacolo. Dentro la villa, nel teatro-tenda, la scena diretta da Francesco Saponaro sembra richiamare la tripartizione dello spettacolo strutturato in tre atti unici: da un lato una scrivania da ufficio per Dimensione affettiva di King Kong, dall’altro delle enormi sculture-bottiglia per “ Ritratto di coniugi con Festa” e al centro un’altalena-gabbia sospesa a mezz’aria per The Lunar Woman. Base comune per delle proiezioni sarà uno schermo posto dietro l’altalena. Tre interni, dunque, le cui delimitazioni appartengono più all’idea di ciascun atto, indipendente l’uno dagli altri, che all’azione, capace di invadere tutti gli spazi.
Al di là delle diverse situazioni – la fine di un rapporto di coppia, il racconto della propria memoria vista da uno spazio oramai lontano e infine la degenerazione delle personali ossessioni, siano esse di un imprenditore, di un’annoiata moglie o di un pittore tormentato – ogni atto parla di un momento critico spinto fino all’orlo del suo baratro, in attesa di una soluzione che non si presenta. Che si parli di una realtà passata, come nel caso degli anni Quaranta in cui è ambientata la storia tra un King Kong umanizzato (Tony Laudadio) e la donna che lo tradisce, oppure di quella presente come nel caso dell’ultimo atto in cui la moglie di un grosso imprenditore di tubi è ossessionata dal riprodurre attraverso sé stessa dei quadri famosi (lei Nicoletta Braschi, lui Enrico Ianniello), i personaggi sono immersi in un’atmosfera di cui non mantengono più il controllo. Totalmente dediti alla quotidianità dei propri affari, al presentarsi del problema scatenante – il tradimento nell’una o l’impossibilità di realizzarsi nell’altra – i personaggi mostrano le proprie debolezze, lasciandosi trasportare da emozioni che li sovrastano e che comunque non sono risolutive. La Eleonora dell’ultimo atto non riesce a interpretare più i suoi quadri, finisce per rifiutare persino il goffo sostegno del marito che le regala una reinterpretazione contemporanea della tela “incriminata”. In preda ai sensi di colpa incontra in sogno il pittore, ma tutto rimane irrisolto. Eppure, se a questa incapacità disperata corrisponde qualcosa di inaspettato, ritrovarsi proiettata sullo schermo come l’Ofelia di Millais – la cui fine sappiamo ella desiderava fin dal nostro iniziale viaggio in navetta – allora forse può voler dire che non tutto è perduto.
Nella dimensione poetica del secondo atto, A Lunar Woman, non c’è conflitto, poiché tutto è già dato, non rimane che il ricordo nella confessione della donna e l’unica cosa da fare è sparire dietro le colline pietrose proiettate sullo schermo. In un distacco forse troppo netto rispetto agli altri due, la sospensione del tempo naturale in una dimensione non terrena è accentuata dalla scelta di mandare la voce della Braschi – qui unico personaggio in scena – non dal vivo, ma registrata, mentre lei siede sull’altalena-gabbia in un muto attendere. Gli elementi onirici e stranianti, contraltare al naturalismo e alla familiarità delle situazioni, sono parte fondante di tutti e tre gli atti ma, se drammaturgicamente trovano il proprio posto, a livello interpretativo propongono un’esasperazione di toni inappropriata.
Il racconto di questi interni, siano essi relazionali, emotivi o identitari, nemmeno alla fine riesce tuttavia ad arrivare a un’esposizione chiara, forse per il tentativo di esplorare in una volta troppe strade. L’idea di affrontare il «rapporto fondamentale tra teatro e i linguaggi trasversali delle arti visive, del cinema e della poesia», espresso nelle note, sembra essere troppo vasta e generica e il disegno complessivo disorganico, non riuscendo a ravvisare un principio ordinatore alla base delle tre storie. Come se il racconto si fosse perso per strada.
Viviana Raciti
dal 23 novembre al 2 dicembre 2012
visto in novembre al Teatro Vascello di Roma [cartellone]
Le Vie dei festival 2012 [programma]
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INTERNO 3
“DIMENSIONE AFFETTIVA DI KING KONG”
di Massimiliano Virgilio
“A LUNAR WOMAN”
di Antonella Anedda
“RITRATTO DI CONIUGI CON FESTA”
di Igor Esposito
con Nicoletta Braschi, Enrico Ianniello, Tony Laudadio
regia Francesco Saponaro
scene e costumi Lino Fiorito
luci Pasquale Mari
suono Daghi Rondanini
O.T.C. Onorevole Teatro Casertano
MIBAC Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo
prima nazionale