Le lacrime amare di Petra Von Kant è un testo teatrale e un film di Rainer Werner Fassbinder scritto e girato tra il 1971 e il 1972 e senza dubbio uno dei drammi più intensi che Fassbinder abbia mai scritto. Come spesso nelle sue opere tutto si svolge in un mondo esclusivamente femminile. La protagonista Petra è una ricca e potente stilista che, dopo aver divorziato dal marito, odia il mondo degli uomini e le loro attitudini. Si innamora di Karin, una ragazza bella e sensuale che proviene da un ceto sociale completamente diverso dal suo, e la convince a vivere con lei prospettandole un futuro come modella. Ma l’amore di Petra è un amore esclusivo e totalizzante che tende all’eccesso e che non può certo accettare la leggerezza di Karin. Petra non ama, ma crede di amare nel suo desiderio smisurato di possedere l’altro. E non si limita a voler controllare Karin, ma desidera pure plasmare sulla propria la sua visione dell’essere amato. Un po’ come Medusa, Petra vorrebbe, grazie al suo sguardo, trasformare l’altro in una statua e farlo definitivamente suo prigioniero per assicurarsene l’amore.
Il tempo in cui tutta la vicenda si svolge è estremamente rapido: Fassbinder passa rapidamente dal colpo di fulmine alla rottura. Quando Karin decide di andarsene Petra si ritrova in uno stato di profonda disperazione. Il momento dell’abbandono è qui declinato nel dettaglio, Fassbinder si sofferma in particolare su quel miscuglio di rabbia e nichilismo che spesso si riscontra negli amanti abbandonati. Petra è in preda a una forza che la soverchia e, , di fronte alla catastrofe alla quale si vede condannata, è asfissiata dal dolore per l’assenza di Karin, di fronte al quale tutto il suo mondo e i suoi affetti diventano effimeri.
Questo testo di Fassbinder è stato recentemente riadattato da Philippe Calvario il quale non si è certo limitato a una messa in scena innocente, ma ha ridotto la tragedia di Fassbinder a una farsa degna di un teatro di boulevard. Petra, l’eroina tragica piena di hybris, diventa per Calvario una figura caricaturale, a metà strada tra una Marlene Dietrich provinciale e una cantante pop anni Ottanta. La carica drammatica, presente in Fassbinder, è chiaramente indebolita in un allestimento che ricorda i film del primo Almodovar. Nonostante questa scelta radicale, il risultato resta interessante. Petra, ormai figura grottesca, acquisisce un’ironia assente nella pièce di Fassbinder trasformandosi in una donna muscolosa e volgare (tutto il contrario della Petra di Fassbinder: gracile, elegante e sensibile). Un altro personaggio chiave: Marlene, la segretaria-factotum di Petra, è qui rivisitato in una sorta di clown morboso, innamorato e dedito a Petra come un cane in calore. Il regista si sofferma a lungo su questo particolare rapporto servo-padrone: nella sua dedizione amorosa, Marlene sembra la sola ad aver rinunciato a una visione dell’amore come a un rapporto di forza nel quale si cerca di dominare l’altro costi quel che costi.
Per quanto concerne invece i problemi di questa versione, il principale è sicuramente l’assenza di uno degli elementi principali della pièce originale: l’alcool. La storia di Petra è innegabilmente una storia dominata dall’alcool, la protagonista è spesso ubriaca e questo influenza i dialoghi e tutto il ritmo della pièce. Nella messa in scena di Philippe Calvario invece l’alcool diventa un semplice elemento di decorazione: Petra beve ma non sembra mai essere ubriaca, i suoi gesti non subiscono mai alcun effetto. Quest’assenza provoca un certo disequilibrio e rende alcune scene improbabili e gratuite. Anche la scenografia e i costumi, pur riflettendo una certa coerenza con l’atmosfera trash-chic che domina tutta la pièce, non sono privi di un cattivo gusto a tratti eccessivo. La riproduzione di un quadro di Egon Schiele su un paravento è soltanto un piccolo esempio.
Questa messa in scena di Philippe Calvario è programmata al Athénée Théâtre Louis-Jouvet, un teatro all’italiana non lontano dall’Opéra, costruito nel 1880 e battezzato in origine Éden-Théâtre. Un giornalista dell’epoca lo descrive come «un prodigio d’originalità, di magnificenza e di conforto». Ma l’Éden-Théâtre non durò a lungo: conobbe anni di esistenza precaria e fu chiuso, trasformato e ribattezzato innumerevoli volte. Dal 1934 al 1951 fu diretto dall’attore e regista Louis Jouvet, che lodava il rapporto intimo che una tale sala all’italiana poteva offrire alla scena e allo spettatore. Dal 1982 è diventato un teatro pubblico sovvenzionato dallo stato francese.
Camilla Pizzichillo
Athénée Théâtre Louis-Jouvet
In scena dal 22 maggio al 9 giugno 2012
LES LARMES AMERES DE PETRA VON KANT
testo di Rainer Werner Fassbinder
messa in scena di Philippe Calvario
con Maruschka Detmers, Joséphine Fresson, Julie Harnois, Roberto Magalhaes, Odile Mallet, Carole Massana, Alix Riemer
assistente alla messa in scena: Lola Accardi
scenografia: Audrey Vuong
luci: Jean-François Breut
costumi: Aurore Popineau
suono: Éric Neveux
accessori del suono: Muriel Valat
trucco: Fabrice Pinet
parrucche: Antoine Mancini
traduzione: Sylvie Müller