Tre spettacoli per raccontare la nascita del sogno rivoluzionario, circa 6 ore totali, una trentina di attori e altre decine tra tecnici e staff, un testo messo in scena per la prima volta nel 2002 a Londra e mai approdato sui palcoscenici dell’Europa continentale. Lo stabile di Torino e quello di Roma sono entrati nell’idea produttiva di Michela Cescon e hanno cavalcato da subito quell’utopia. Perché parallelamente al grande sogno delle idee che attraversa tutto il testo accompagnando le vite e le avventure di un esercito di intellettuali – da Michail Bakunin al critico Vissarion Belinsky fino all’artista in nuce Ivan Turgenev, passando per il pensatore visionario Aleksandr Herzen (questi solo nella prima parte che ha debuttato il 10 aprile al Teatro Argentina) – c’è l’utopia teatrale e produttiva cominciata nel 2009 quando Cescon rimase abbagliata dalla bellezza del testo e lo propose al regista de I cento passi. A quel punto ebbe inizio il sogno, che vedeva da prima una via più semplice e glamour, che avrebbe facilitato lo spettacolo al box office, ovvero la partecipazione di volti noti del cinema, poi – almeno così si narra nelle note che accompagnano lo spettacolo – il buio della crisi prese per mano produttori e regia verso una scelta per una volta di giustizia, ed ecco che la nave di Utopia può partire con un cast giovane e tante ore di prove a disposizione.
Un teatro fuori dalla connotazione temporale a cui siamo abituati, che muove le proprie fantasmagorie nell’obiettivo difficilissimo non solo di intrecciare le storie degli uomini con gli avvenimenti da loro determinati, ma con l’ambizione di farne un vero e proprio romanzo teatrale, articolato su tre episodi che necessariamente – per la scelta di metterli in scena separatamente – creano una serialità e un rapporto altro con lo spettatore.
Chi vi scrive sicuramente tornerà ad assistere agli episodi successivi e non solo per lo zelo professionale che ci impone di tirare le somme della mastodontica operazione una volta che l’arte avrà terminato il suo percorso, soprattutto per il più semplice dei meccanismi che da sempre è alla base della narrazione: l’attrazione che una storia ben scritta esercita sui lettori/spettatori.
Eppure qualcuno tra il primo e secondo atto di Viaggio ha abbandonato la platea, altri hanno resistito, ma si sono annoiati chiedendosi il perché di un’operazione del genere ai nostri giorni, altri lo hanno definito un tipico spettacolo da Stabile. Come può non essere attuale andare a ricercare i motivi, le azioni e i pensieri che mossero un’intera generazione di intellettuali prima di una rivoluzione? Proprio mentre in Europa fremeva il cambiamento (l’Esposizione Universale dal 1850 iniziava a scandire annualmente la modernità) e l’industrializzazione rimodulava la geografia del vecchio continente, la Russia si sentiva come un grande bradipo dalle movenze lentissime e suoi giovani ufficiali avevano iniziato a viaggiare scoprendo quanto febbrile fosse il cambiamento in Francia, Germania e Inghilterra. Uno di questi era Michail Bakunin. Stoppard ce lo presenta come un irrequieto ragazzone pronto a saltare da una corrente filosofica all’altra come oggi farebbero i suoi coetanei con iPod o griffe d’abbigliamento. Marco Tullio Giordana ne affida il ruolo a Denis Fasolo, il quale cerca di calibrare al meglio le spinte emotive del personaggio: le gioie, le ire improvvise e la passione per la filosofia, quest’ultima imprigionata in un discorso egoistico che lo spinge a un’eterna corsa verso il pensiero perfetto – da Schelling a Hegel dopo aver sorvolato Kant e Fichte. Vicino alla figura del giovane Bakunin, incapace di conferire alla vita delle proprie sorelle quella libertà con cui cavalca i propri pensieri, emerge con chiarezza e commozione quella del critico letterario Belinsky, sempre in bolletta, a differenza di Bakunin senza una famiglia latifondista alle spalle, uomo apparentemente senza ambizioni, stringe al cuore il suo mestiere (che lo rese una vera e propria autorità) nonostante quella povertà che si porta addosso come una macchia, un peccato. Corrado Invernizzi gli presta voce e corpo in maniera impeccabile anche nelle tirate più lunghe, in una sua battuta c’è gran parte del senso di questa utopia: «Ogni opera d’arte è il respiro di un’idea eterna soffiata da Dio nel cuore dell’artista. Ecco dov’era andato. Comincia a muoversi per andare, e torna indietro».
Oltre a essere evidente nella costruzione dei personaggi e della lingua (nella versione Italiana complice la traduzione di Perisse e Giordana), la forza della drammaturgia di Stoppard è però ancor più evidente nella costruzione di un racconto vitale, nell’abilità con cui lo spettatore viene accompagnato all’interno delle sue pieghe. Siamo di fronte a una materia scritta, ma viva, capace di prendersi gioco di se stessa e dello spettatore congelando il presente per svelare il passato e con un guizzo riafferrare poi le redini del tempo in un divenire drammaturgico sempre magmatico. Anche se la rinuncia ad alcuni velatini con tanto di effetti specchio e a certe soluzioni installative avrebbe forse giovato, a suo agio in questa grande epopea si trova anche Giordana, capace di tirare le complesse fila della vicenda senza appesantire la regia, dosando con parsimonia le musiche originali di Andrea Farri e scegliendo nella scenografia di Gianni Carluccio quel minimalismo che crea gli spazi e i piani di narrazione senza affaticare il dramma.
Nelle prossime settimane si misurerà la solidità di questo sogno e la sua capacità di attrazione, come un romanzo tutto da sfogliare, senza pregiudizi.
Andrea Pocosgnich
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dal 10 al 29 aprile 2012
Teatro Argentina [cartellone]
Roma
orari
martedì, mercoledì e venerdì ore 21.00
giovedì e domenica ore 17.00
sabato ore 19.00
lunedì riposo
Date dei tre spettacoli
Viaggio dal 10/4 al 15/4
durata 2 ore con intervallo
Naufragio dal 17/4 al 22/4
durata 2 ore con intervallo
Salvataggio dal 24/4 al 29/4
durata 2,30′ con intervallo
THE COAST OF UTOPIA
Viaggio-Naufragio-Salvataggio
di Tom Stoppard
regia Marco Tullio Giordana
con (in ordine alfabetico)
Andreapietro Anselmi, Ludovica Apollonj Ghetti, Francesco Biscione, Giuseppe Bisogno, Roberta Caronia, Paola D’Arienzo, Luigi Diberti, Denis Fasolo, Selene Gandini, Corrado Invernizzi, Erika La Ragione, Luca Lazzareschi, Sara Lazzaro, Tatiana Lepore, Alessandro Machia, Bob Marchese, Giorgio Marchesi, Valentina Marziali, Marit Nissen, Davide Paganini, Fabrizio Parenti, Irene Petris, Odette Piscitelli, Marcello Prayer, Edoardo Ribatto, Gabriella Riva, Nicolò Todeschini, Sandra Toffolatti, Giovanni Visentin
e con la piccola Angelica Barigelli
e con la Fisarmonicista Marit Nissen (VIAGGIO)
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Francesca Sartori, Elisabetta Antico
musiche Andrea Farri
traduzione di Marco Perisse e Marco Tullio Giordana
regista collaboratore Daniele Salvo
organizzazione generale PAV
ufficio stampa ZACHAR Patrizia Cafiero & Partners
fotografo Fabio Lovino
Una produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino, Teatro di Roma,
Zachar Produzioni di Michela Cescon
si ringrazia la Fondazione RomaEuropa per il sostegno e la collaborazione