Interrogarsi sull’abominio della Shoah ha sempre senso, vi si trovano le fondamenta di una coscienza civile. E proprio quando si crede di sapere tutto, di essere immuni a qualsiasi tipo di revisionismo, di leggerezza o scappatoia morale, l’arte scioglie d’un colpo la durezza delle coscienze benpensanti mettendo in crisi gli incorruttibili. Questo il senso di un teatro fatto con poco, ma denso di segni e interrogativi.
Ella’s secret nel testo e regia di Harris Freedman (autore newyorkese che ora vive in Italia), ritorna al passato insanguinato partendo dal presente, quello piccolo e sconosciuto di due donne, rappresentanti di altrettante famiglie, per arrivare alla grande Storia e a alle altrettanto grandi domande che come una zavorra tutt’ora ci portiamo dietro. Il presente si annulla e il passato è una voragine in cui cadere, nella quale non si vede il fondo.
Ella – una leggerissima e acuta Lydia Biondi, anche traduttrice del testo – è una tedesca di origine ebrea fuggita a Londra quarant’anni prima dalla Germania nazista, la fece scappare un soldato delle SS che di lei si era innamorato. L’equilibrio in cui la donna vive, in una mattinata londinese tipicamente piovosa, viene incrinato da una visita. Da Monaco arriva Helga (Michetta Farinelli, ben impegnata in un ruolo difficile e ruvido) l’attuale moglie di di quel soldato. Come sempre il passato ha la forza e il suono di una valanga e il ricordo assume i contorni dell’espiazione.
Nel piccolo spazio del Ridotto del Teatro dell’Angelo il tempo scenico è scandito dagli incontri tra le due donne. Helga è venuta per chiedere a Ella se può incontrare suo marito, reso mentalmente instabile dal carcere; secondo lei un incontro potrebbe aiutarlo a rinsavire. La figura, assente, dell’ex soldato è un’ombra che ha il peso di un macigno.
Da subito comprendiamo che l’intera vicenda è un pretesto ben congegnato per ragionare intorno alle azioni umane e alle loro conseguenze. Tra le due donne si instaura a colpi di tè e micro-racconti un piccolo duello sulle ragioni della Shoah e sulla colpevolezza di chi come il soldato delle SS vi ha partecipato. Come altri condannato per i suoi omicidi, la moglie lo difende con la più classica delle arringhe: eseguiva solo ordini, se quegli ebrei non li avesse uccisi lui l’avrebbe fatto qualcun altro, se si fosse rifiutato lo avrebbero ucciso. Quante volte ci siamo fatti questa domanda, non solo con lo scopo di meglio intendere lo sterminio a opera di Hitler, ma ogni volta che ci troviamo di fronte a un abuso di un uomo su un suo simile? Ogni volta che cerchiamo di giustificare quell’abuso, soprattutto quando è effettuato da un rappresentante dello stato, la risposta più immediata che diamo è sempre la stessa: non poteva non eseguire gli ordini. E il nostro ruolo di testimoni qual’è? Perché l’altro grande interrogativo intorno al quale ruota lo spettacolo è relativo alla colpa di coloro che sempre hanno saputo, innocenti per legge ma non per morale. Non erano i rastrellamenti dei soldati o le leggi, a far paura era l’indifferenza degli altri, quelli che stavano a guardare quando un ebreo veniva pestato o portato via e poi si infilavano in casa sua per portargli via tutto, racconta Ella alla sua inattesa ospite. Il perdono, per gli autori di quelle stragi, può essere contemplato?
Lo spettacolo di Freedman non cerca risposte, anzi coltiva il dubbio e nonostante le condizioni precarie in cui viene allestito – una sala stretta e dal soffitto troppo basso che forse avrebbe richiesto scelte registiche più frugali – riesce a penetrare lo spettatore nella coscienza più intima, a patto, è chiaro, che questi non voglia rimanere sordo e indifferente.
Andrea Pocosgnich
in scena fino al 25 marzo 2011
Teatro dell’Angelo – Ridotto
Roma
ELLA’S SECRET
di Harris Freedman
con Lydia Biondi Michetta Farinelli
regia Harris Freedman
assistente alla regia Giovanni Morassutti
traduzione Lydia Biondi
light designer Dario Aggioli
Associazione Culturale mtm mimoteatromovimento