Perché Un Peu De Tendresse, Bordel De Merde! è uno spettacolo doloroso? Presentata all’interno dell’edizione 2012 del Festival Equilibrio, la nuova coreografia dell’eccentrico Dave St-Pierre, era stata lanciata come uno spettacolo provocatorio e destabilizzante, sconsigliato ai minorenni e palesemente incentrato su nudità e atti sessuali espliciti. Del resto, il precedente La pornographie des âmes, che aveva imposto l’artista a livello internazionale, non faceva altro che enfatizzare in maniera estenuante proprio tali elementi utilizzando la sessualità come chiave di lettura del contemporaneo. Una caratteristica, questa, che oramai sembra essere divenuta moda all’interno di certe correnti della sperimentazione (e non) teatrale e artistica: basti pensare a buona parte degli spettacoli di Jan Fabre [recensioni] o all’intera produzione italiana della compagnia Ricci/Forte [recensioni]. Il sesso, il nudo sono elementi atti a fare dell’opera un evento destabilizzante e provocatorio nell’atto di donarle una sorta di aura decadente, bohèmien, quasi sempre accompagnata dall’etichetta “enfant terrible” appiccicata sulle spalle degli artisti (che siano reali enfants o semplici vittime di un’epidemica Sindrome di Peter Pan).
A guardare con attenzione risulta chiaro che la provocazione pubblicizzata è tale solo perché inquadrata in quella cornice cattolico-moralista che permea interamente la nostra società. Questa stessa cornice, lungi dall’essere distrutta, è in realtà confermata e rivitalizzata attraverso il comportamento “deviato” messo in scena. Ovvero dal riflesso delle perversioni esorcizzate di gruppi più o meno folti di spettatori – borghesi – compiaciuti da tanta decadenza, e pronti a divulgare su Facebook frasi toccanti e video degli spettacoli come slogan generazionali per Smemorande pseudo-underground. Non redime tale tendenza il citazionismo di forme artistiche e teatrali del secondo Novecento, l’utilizzo di quella body-art e di quelle azioni performative che nel loro contesto storico assumevano una reale esigenza poetica, cariche di un’effettiva valenza provocatoria. In fondo, nell’epoca di Lady Gaga, di YouPorn, dei vari “papi” e di Belen con spacchi inguinali, perfino Paul McCarthy sarebbe costretto a reinventarsi per scalfire e toccare l’establishment sociale.
Ma allora, lo ripetiamo, perché Un Peu De Tendresse, Bordel De Merde! è uno spettacolo doloroso?
Entrati in sala gli spettatori vengono accolti da un uomo totalmente nudo dotato di ridicola parrucca bionda – attraverso la quale ironizzare sul proprio genere – e seduto su una delle sedie nere che chiudono lo sfondo della scena, come in Kontakthof di Pina Bausch. Altri uomini e donne in abiti succinti sembrano scimmiottare esplicitamente il pubblico in sala ridicolizzando rituali di saluto e atteggiamenti cerimoniali. Lentamente i danzatori lasciano la platea per entrare in scena, sedersi sulle sedie vuote e dare inizio allo spettacolo. Una speaker/dominatrix vestita interamente di nero interpella ed insulta gli spettatori presentando il proprio show: d’ora in avanti, annuncia, ogni spettatore dovrà aprire bene gli occhi, perché non sarà lasciato in disparte, ma diverrà parte integrante dello spettacolo. E in effetti, dopo pochissimi istanti, ecco che i danzatori, totalmente nudi, invadono nuovamente la platea arrampicandosi sulle poltrone su cui siedono comodamente i fruitori. Si assiste ad un numero esorbitante di ani e peni appoggiati in faccia agli spettatori indifferentemente dall’età e dal sesso (è esilarante costatare le reazioni dei più conservatori: «è uno spettacolo di zoccole!», afferma un signore). Si ammirano orgasmi in scena, rapporti sessuali con torte e parrucche, bocche di uomini piene di (finto) sperma, sputi, mutande tigrate e tanta tanta (forse troppa) idiozia.
Perché, in fondo, Un Peu De Tendresse, Bordel De Merde! è questo: una coreografia divertente e tanto porcella sotto la cui superficie – strato nudo di pelle – si nasconde una tenerezza disarmante, un urlo disperatissimo lasciato uscire con il sorriso, con la morbidezza della pelle nuda del seno di una donna, con la delicatezza di una pacca sul sedere. Non c’è centimetro di pelle che non debba essere visto, annusato, toccato se necessario; non c’è organo sessuale che nella sua prossimità con lo spettatore risulti al contempo promiscuo. Non c’è provocazione. Solo una normalità ingenua, disarmante, in cui il sesso diviene un sorriso, l’amore un campo di battaglia e la solitudine, l’incapacità di comprendere l’altro, di percepire qualcosa che vada oltre al proprio corpo, una dolce quanto sterile condizione contemporanea. Ricostruire l’amor proprio e cercare, nonostante il programmatico fallimento, una maniera di amare, di ricostruire quel “due” tanto ripudiato.
Nonostante l’eccessiva lunghezza delle scene ironiche, il passaggio dal triviale al poetico è impercettibile, vorticoso. I corpi dei danzatori acquisiscono una tensione e una gravità capaci di invadere totalmente la scena: sono corpi sudati, sporcati, dolorosi, lividi ma mai attraverso un’enfatizzazione patetica del proprio sentire o quella strizzatina d’occhio che ci aspetteremmo da uno spettacolo di tale genere. E poco importa se di tanto in tanto sembra venire a galla qualche spruzzo di misoginia. Qui tutto è concesso. Persino saccheggiare e citare con estrema maestria buona parte degli spettacoli di Bausch e Fabre, per portarli poi altrove.
Dave St-Pierre appare come il John Cameron Mitchell della coreografia internazionale e il suo spettacolo sembra uno Shortbus per danzatori, un montaggio di immagini meravigliose che, come nel film del regista americano, culminano in un’orgia paradisiaca, uno scivolare dei corpi nudi dei danzatori su tappeti d’acqua, solo per giocare, ridere, forse ritrovare la metà perduta e con essa rannicchiarsi, disarmati. Oppure rimanere soli per l’eternità.
Ed è per tanta tenerezza che Pue De Tendresse, Bordelle De Merde! è uno spettacolo doloroso.
Matteo Antonaci
UN PEU DE TENDRESSE BORDEL DE MERDE!
Spettacolo consigliato a un pubblico adulto
di Dave St-Pierre
in collaborazione con
Enrica Boucher, Eugénie Beaudry, Camille Loiselle- D’Aragon, Julie Carrier, Julie Perron, Karina Champoux, Sarah Lefebvre, Aude Rioland, Emmanuelle Bourassa-Beaudoin, Eve Pressault-Chalifoux, Geneviève Bélanger, Silke Grabinger, Sophie Dalès, Marie-Eve Quilicot, Alexis Lefebvre, Luc Boissonneault, Éric Robidoux, Renaud Lacelle-Bourdon, Simon- Xavier Lefebvre, Francis Ducharme, Gabriel Lessard
si alterneranno:
Gaëtan Viau, David Laurin, Anne Thériault, Julien Lemire, Frédéric Tavernini, Michael Watts, Brigitte Poupart, Marc-André Goulet, Marie-Ève Carrière, Joannie Douville, David Strasbourg, Vincent Morelle, Natacha Filiatrault, Simon Fournier, Milan S. Panet-Gigon, Christian Garmatter
direttore artistico e coreografo Dave St-Pierre
direttore tecnico e design luci Alexandre Pilon-Guay
tecnico del suono Benoît Bisaillon