Non bastano sette ore di treno, attraversando i paesaggi di mezza Italia dal finestrino che sempre mi riporta al Pasolini de Le ceneri di Gramsci, per il vetro offuscato in cui cercare i mutamenti di questo paese affaticato, affascinato da un viaggio suggestivo in cui il capotreno sembrava cambiare accento in ogni località, non bastano davvero a far perdere la voglia. Partendo dal B.Motion di Bassano del Grappa c’è chi ha scommesso non avessi il coraggio di ripresentarmi – dopo una settimana così intensa – già in teatro, al primo giorno di nuovo a Roma. Ma chi scommette non sa cos’è per un romano questo Short Theatre 2011, all’apertura nello spazio del MACRO di Testaccio, dove sarà per i primi tre giorni prima di spostare tutta la baracca al Teatro India e lì restare fino al prossimo fine settimana.
Partire dal teatro, per di nuovo al teatro tornare. Sul greto d’ingresso allo spazio dell’ex Mattatoio, cui si accede dal piazzale raccolto poco lontano dalla movida testaccina, si moltiplicano incontri e sorrisi: mentre sto entrando mi raggiungono, separatamente, da un lato la passione di una ragazza giovane che incontro in ogni teatro, dall’altro la passione del critico senior, appena ringiovanito dai giorni passati al Castel dei Mondi di Andria, e subito pronto a ricominciare questa nuova avventura. È con loro, che devo entrare. Due modalità diverse dell’esperienza che in questi anni m’appartengono entrambe. Entriamo e i visi noti rubano quello scambio che, senza saperlo, stavamo attendendo dall’ultima parte della stagione scorsa; sapevamo che proprio qui avremmo ritrovato quel seme di appartenenza che ci muove e ci fa uscire di casa, cercando nell’altro, nello scambio dialettico ed emotivo la stimolazione intellettuale che tanto manca a quest’epoca.
Nell’atrio, dell’anno 2011-12 sembra un po’ il primo giorno di scuola, sarà perché l’anno scolastico e quello teatrale coincidono, con tanto di esami di riparazione a settembre, due settimane di un festival che da programma si preannuncia esplosivo, per rimettere in pari con chi non ha frequentato i festival dell’estate intera. Al primo giorno di scuola ritrovo i miei compagni di classe, attendo il compagno di banco che sta sfogliando il libro di Accademia degli Artefatti su One day, prima di entrare a vederlo, respiro un’atmosfera davvero di grande calore, ci si racconta, si iniziano a riannodare esperienze a quelle che verranno per la stagione che arriva. Tra i primi ad entrare in aula è Graziano Graziani, subito interrogato da Fabrizio Arcuri sul progetto mai realizzato appunto di One day, testo di Magdalena Barile per una “tre giorni di conferenza-spettacolo per raccontarne uno (di giorno e di spettacolo)”, in cui ci si interroga sui meccanismi che regolano i processi creativi e produttivi del sistema applicato alle arti, qui proprio al teatro.
Più avanti sarà il tempo di Aldes/Roberto Castello e troveremo la sua performance Macello e lo studio per i due movimenti diCarne trita, vedremo cioè uno dei più interessanti percorsi della ricerca sul teatro-danza, che mi conquista perché quello di Castello è un linguaggio riconoscibile che non dimentica mai la compresenza, non cede ad estetizzazioni e coltiva una ricerca mai esclusiva improntata sul credo che la leggerezza sia elemento fondante di chi fa le cose seriamente. Attorno poi si alternano le performance del progetto Black Market International, sguardo sull’estero da cui traggo il buon lavoro di Marco Teubner, tedesco e gemello segreto di Roberto Latini.
Insomma non basta il treno e nemmeno le energie lasciate nel viaggio: questo primo giorno di scuola apre su una stagione davvero difficile, quella che potrebbe essere dell’ultimo anno e senza esami da fare alla fine, la prima senza il Teatro Valle che ora è un posto occupato che sta resistendo all’annientamento, la stagione in cui cioè questi spettacoli che vedremo a Short Theatre non avranno in questa città uno spazio di riferimento nemmeno improvvisato. Nelle classi scolastiche all’ultimo anno ci si stringe in una forza collettiva, si cerca negli altri l’energia per andare oltre l’ostacolo. E che diventi per tutti allora, questa stagione, l’anno della maturità.
Simone Nebbia