HomeVISIONIRecensioniThe irrepressibles chiude Romaeuropa. Il paesaggio incantato di Nude

The irrepressibles chiude Romaeuropa. Il paesaggio incantato di Nude

The Irrepressibles nello spettacolo “Mirror Mirror”

Sono in molti a ricordare gli arcobaleni baroccheggianti, le atmosfere gotiche, le attitudini dark-new wave, del visionario Mirror Mirror, spettacolo presentato in Italia, esattamente un anno fa, dal Romaeuropa Festival. Quasi fallimentare il successivo tentativo di ritrovare quelle atmosfere oniriche che caratterizzavano lo spettacolo nell’omonimo album pubblicato nel 2010. The Irrepressibles non sono semplicemente un gruppo musicale. Le loro attitudini live vanno ricercate altrove, ovvero nella volontà di fare delle proprie esibizioni veri spettacoli teatrali. O meglio, pensare l’intera composizione sonora, ogni singolo brano, in una prospettiva puramente visiva e corporea, effimera, si potrebbe dire, poiché interamente improntata alla reale e struggente decadenza dell’attimo, alla morte di un tempo (vocale, sonoro), alla rivelazione che in quel tempo vive. Posizionarsi all’interno del medium teatrale significa applicare alle proprie modalità espressive i parametri che, in una maniera o nell’altra, attengono a tale mezzo. Così ecco che il disco sembrava caratterizzarsi per delle mancanze: quella carnale del gruppo in scena, quella degli specchi e delle luci stroboscopiche che modellavano lo spazio, quella dei costumi sempre eccentrici tra il favoleggiante e il glamour, e quella del leader del gruppo, l’inglese Jamie McDermott, con la sua bizzarra fisicità e quella voce incantevole solo apparentemente ricalcata sull’orma di Antony Hegarty.

Riproposti da Romaeuropa presso l’Auditorium della Conciliazione, The Irrepressibles chiudono la ventiseiesima edizione del festival, presentando il loro nuovo progetto dal titolo Nude.

Nuda e sobria è, in effetti, la dimensione cercata in questo nuovo spettacolo: sulla scena velatini bianchi pendono dall’alto coprendo ogni strumento musicale, al centro, luci stroboscopiche, in forma di candide colonnine bianche, racchiudono il microfono destinato a McDermott. Del resto solo lui offre interamente la sua figura all’occhio dello spettatore: una pettinatura eccentrica ma un vestito alquanto regolare, in tinta grigia e senza nessuno sfavillante luccichio (come invece era stato per il precedente Mirror Mirror Spectacle), ma comunque un’attitudine assolutamente circense e barocca, perfettamente custodita nella voce e nel corpo. Quando il suo ensemble entra in scena disponendosi dietro i veli bianchi, calde luci gialle ne illuminano le fattezze lasciando intravedere un mondo elfico: corpi seminudi con capigliature fiabesche, fanciulle con vestitini dai colori terrei o violacei e ombre che vagano e pulsano, rapidamente, come estratte da una meravigliosa fairy-tale. Ogni movimento dei corpi ricalca l’andamento sonoro e ogni suono sembra essere emesso non dal singolo strumento ma dalle immagini create. Una fanciulla dalla folta chioma in abito rosso si alza ed accascia sul suo piano, i batteristi utilizzano i loro strumenti come folletti laboriosi, sulla destra e sulla sinistra violoncellisti seminudi fanno del proprio arco un’estensione del corpo. Persino il cambio di strumento tra un pezzo e l’altro ha una sua precisa partitura fisica, come fosse elemento partecipante alla formulazione di questa drammaturgia che canta rabbia, amore, desiderio e perdita, cercando una delicatissima intimità.

Melodramma secentesco, arie da operetta buffa, orchestrazioni romantiche della tradizione colta europea, tocchi di chitarra acustica e piano sembrano utilizzati come elementi scenografici tra i quali la voce di McDermott si distende ricalcando i movimenti emozionali tracciati nel pop da camera del celebre Antony and the Johnsons, ma solo per abbandonarli immediatamente attraverso un’attitudine perfettamente indie, un immaginario che tocca le rive degli ultimissimi Sigur Rós cui si aggiungo luccicanti spruzzi di spensierata dance con tanto di mirror-ball per far brillare l’intera scena.

Poco importa se l’utilizzo del video appare a tratti un po’ naïf, superfluo dinanzi all’eleganza e alla sobrietà dello spettacolo, se di tanto in tanto la composizione dell’immagine non trova un adeguato culmine visivo. Nude è anche questo: si scivola delicatamente dai brani del nuovo progetto ai successi di Mirror Mirror, dalle tessiture vocali di Arrow all’intimità di Forget the Past, per arrivare, con tanto di rottura della quarta parete e ingresso in platea dell’intero gruppo, nel variopinto caleidoscopio di colori evocato in In This Shirt (sopra il video).

«Now our rainbow has gone, overcast by your shadow, as our world moves on, but in this shirt I can be you, to be near you for a while», canta McDermott tra gli spettatori come per trasportarli in abissi profondi e oscuri attraverso la sua voce; ma solo per lasciarli riemergere, un attimo prima di abbandonare la scena, nudi, sulle note del celebre brano remixato dai Royksopp.

Matteo Antonaci

visto il 30 novembre 2011
Auditorium Conciliazione – Romaeuropa festival 2011
Roma

Leggi tutti gli articoli sul Romaeuropa Festival 2011

Nude
The Irreprensibles
Bradley White-Dalevocals Paul Mosley vocals, saxophone, clarinet Jamie McDermott lead singer Sarah Kershaw piano, vocal backing Sophie Li double bass, vocal backing Nicole Robson violoncello, vocal backing Charlie Stock viola, vocal backing Jordan Hunt violin, vocal backing Jamie McDermott artistic director, composer, solo singer, guitar, piano William Turner Duffin creative producer.
The composition of the group may be subject to variation.

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