Roma è piena di spazi, almeno lo era. Una volta le compagnie indipendenti da tutta Italia impacchettavano i propri spettacoli e si mettevano in viaggio verso la Capitale, perché sapevano che qui o lì sarebbero riusciti a trovare il palco giusto. E il giusto pubblico. Ché la capitale era viva, e le migliori energie, se anche non partivano da lì, da lì passavano. Ma questa Roma qui noi l’abbiamo intercettata di striscio, l’abbiamo vista passare. E come niente si è trasformata in una piazza semivuota, abitata da piccoli e meno piccoli rancori per certi fasti perduti.
Approdando a Roma per una sola settimana (fino al 18 dicembre), Enoch Marrella adatta per la scena il romanzo breve di Dostoevskij, Un cuore debole, abitando il palco del piccolo Teatro Keiros insieme a Edoardo Ripani. Una scrivania; una sedia; una scala di legno; una gruccia, un abbaino e un ritratto che pendono dal soffitto. Il tutto costretto di poco più di due metri quadrati. In questo spazio claustrofobico vivono le minute esistenze di Vassja e Arkadij, amici per la pelle che condividono tutto. Il primo, burocrate piccolo piccolo ma nelle grazie di un “benefattore”, confessa all’altro d’essersi fidanzato. Quello spicchio di felicità diverrà un fardello emotivo insostenibile per un “cuore debole” che sente di non meritare alcun regalo dal fato e lo condurrà a una rapida follia. Sottile e cronometrata come ogni intuizione del maestro russo, la parabola si svolge piana e spietata, sul ritmo veloce e vincente della drammaturgia di Marrella. Se da un lato il testo conserva una propria verbosità, che subito rimanda al flusso incontenibile di Dostoevskij, di cui vengono conservati linguaggio e ambientazione, è nella prossimità dei due corpi e nel loro maniacale incastrarsi che si gioca tutta la vena grottesca del dramma. Lo spazio è talmente semplice e costretto da farsi trampolino per la fantasia. Allora i lampi di luce verde bastano a visualizzare i fuochi d’artificio del Capodanno e un paio d’occhiali, una sciarpa e il ritratto appeso che, voltandolo, diventa specchio, sono sufficienti a materializzare personaggi e far passare il tempo.
Affiancato a una performance ordinata e precisa, l’affetto fraterno dei due, reso con grande efficacia dai due giovani attori – che riescono a far riaffiorare quella nostalgia commovente de I Fratelli Karamazov o quella profonda ambiguità delle pulsioni umane che rimanda a tutto l’universo dostoevskiano, da Delitto e Castigo ai Demoni – è la vera chiave di una tragedia microscopica che ritrae di noi tutti quel misterioso imbarazzo dei sentimenti che coglie l’animo sul ciglio della felicità.
Un peccato di questo spettacolo, oltre alla troppo magra affluenza del pubblico (8 spettatori), sta nel non osare di più. A risorse giovani ma non alla prima esperienza, di cui si testimonia la sincera e sicura capacità di messinscena e sostegno della materia, vorremmo poter chiedere di più. Se da un lato restano evidenti il momento di crisi, la mancanza di opportunità monetarie e la cecità di questo sistema, è proprio con scelte estetiche e contenutistiche radicali che si dovrebbe andare a incidere. In altre parole, che un piccolo teatro così ben fatto si assuma il rischio di un atteggiamento più contemporaneo, più attento ai tempi, più ambizioso.
Il termine “underground” non ha quasi più senso, tanto si è abbassato e impoverito il livello di quel terreno. Lasciar da parte i teatri principali e andare a tastare polsi più deboli è un rischio, ma anche un compito importante. E a volte, seppur debolmente, si sente battere qualche cuore.
Sergio Lo Gatto
Leggi ancora su Dostoevskij:
“Il premio Dostoevskij” di G. Ventriglia e S. Garbuggino: la finzione nel nostro teatro e la verità della poesia
Delitto e Castigo: Francesco Giuffrè per un teatro dei sentimenti e delle emozioni
in scena fino al 18 dicembre 2011
Teatro Studio Keiros – info: www.teatrokeiros.it
Roma
CUOREDEBOLE
regia e drammaturgia Enoch Marrella
con Enoch Marrella, Edoardo Ripani
musiche Angela Bruni
scene Selena Garau
costumi Stefania Ponselè
disegno luci Hossein Taheri