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Atlante XI – I Premi Ubu 2011: inizia la nuova era?

I Premi Ubu. Un anno dopo. Nell’era prima dei cinepanettoni questa era un delle formule più amate, quando cioè alla fine delle vacanza – d’estate o d’inverno – ci si proiettava all’anno successivo in cui ripetere, con gli stessi o diversi protagonisti, le stesse battute per sempre la stessa risata. Un anno dopo. Quando così bene è andato l’anno primo, sarebbe quasi un delitto non comporre un secondo capitolo di eguale e indistinta fattura. Una sensazione più o meno simile di delusione e qualche accenno di noia, coglie a soltanto scartabellare fra i risultati di questi Premi Ubu 2011, i primi della nuova era.

Avete mai provato a guardare la faccia di quei bambini cui hanno appena svelato che Babbo Natale non c’è? Che a portare doni sono indistintamente genitori, zii, nonni, amici, parenti, serpenti, e che si danno il cambio e gli ordini per non deludere nessuno? Ma no, quest’anno non scriviamo nessuna letterina, Babbo Natale ci ha lasciato e il rispetto dell’uomo e dell’intellettuale c’impedirà – opportunamente – d’ironizzare. Anche perché l’ironia non è presa sul serio fino in fondo, e siccome con serietà si vorrebbe parlare, proviamo a cercare di capire cosa dicono questi Ubu tutti nuovi, che lo spirito di una rinnovata Ubulibri – fortunatamente credo e spero salva per il suo splendido lavoro di pubblicazione – ha consegnato a questa nuova stagione teatrale.

Primo fra tutti i risultati tecnici: 53 critici suddivisi in aree territoriali non ancora rappresentanti l’intero territorio italiano, ma fra i più in vista del panorama teatrale, hanno decretato alcune cose su cui è importante ragionare. Il miglior spettacolo è stato suddiviso ex aequo: The Hystory Boys di Alan Bennett, di Bruni/De Capitani, assieme al Dopo la battaglia di Pippo Delbono [recensione]. Quanto a Delbono, appena passato a Roma, siamo forse di fronte a uno dei suoi lavori più frammentati e in cui la cosa che dice da sempre non la dice nemmeno tanto bene, ma tant’è, non si parli di qualità quando una così qualificata giuria ha decretato. Quanto al testo di Bennett, baciato da un’ottima rassegna stampa nell’inverno milanese 2010/11, non ha però varcato la cintola italiana, proprio dove lo stivale inizia a stare stretto e a far male (e non parliamo del fondo dove di solito s’induriscono i calli). E qui iniziamo a comprendere dove si trova il problema. A quest’ultimo spettacolo vanno anche i premi come miglior attrice non protagonista (Ida Marinelli) e l’under 30 condiviso da tutti i suoi giovani attori (un premio collettivo è un po’ l’antinomia di un premio: definire il più bravo di gruppo fa svilire l’attestato di qualità). Al nord-ovest vanno le migliori regie (Binasco e Martone), al nord-est la migliore novità (il bellissimo The End di Babilonia Teatri). Alla Milano di Ronconi il miglior attore (Gianrico Tedeschi, anni 92), al nord anche la miglior attrice, anzi due (Melato e Fracassi), di poco sotto la pianura il miglior non protagonista (Micheletti, ottimo in La resistibile ascesa di Arturo Ui). E poi? Sicuri non ci sia altro? La verità è che i critici non girano più, ad avere la meglio è quel che gira nelle grandi città e i gioielli nascosti anche quando già sgrezzati non riescono a risplendere (scandaloso non tener conto della Daria Deflorian vista nelle “parti” de L’origine del mondo di Lucia Calamaro, così come dell’intero lavoro di drammaturgia e allestimento); inoltre, come si evince dai risultati di questa sorta di “leghismo teatrale”, la marginalità del centro-sud è ormai determinante e inarrestabile. La dimostrazione è quel che sconfigge il premio nella formula che ne è costituzione: corre d’obbligo un esempio: in occasione di Miss Maglietta Bagnata sulle spiagge di riviera, ogni giudice ha la possibilità di valutare alla sua percezione l’inarrestabile esplosività delle concorrenti in gara. Nell’arte tutto ciò si riduce alle opportunità contingenti: dei votanti non nordici, ad oggi, quanti hanno visto The History Boys miglior spettacolo? Sarà il migliore degli ultimi dieci anni, ma se non è stato visto il voto non ha valore, e tanti alla stessa maniera, così che il premio – insisto da tempo – non può avere alcuna serietà.

Ma dov’è che davvero il discorso risuona? Nella sua attestazione contraria, nel suo effetto di rimando: tra i premi speciali (sei a sei candidati: bene per Monticchiello e Radio 3 che sta facendo un gran lavoro e per Prospettiva di un Fabrizio Arcuri che l’anno prossimo sarà candidato anche per il miglior specchio da camerino, pur di non candidarlo per i suoi spettacoli; mentre sono a mio avviso meno speciali i progetti speciali assegnati a progetti artistici o ad artisti – vedi Perrotta – anche grandi come Virgilio Sieni. perché per loro ci sono tutte le altre categorie), spicca inevitabilmente quello al Valle Occupato (che da questo momento è dato vincitore anche della Notte degli Oscar, della Lotteria di Capodanno e della Coppa Uefa), ossia nell’unico punto dove potevano convogliare energie e consensi, nell’evento mediatizzante dove la ricerca del consenso è obiettivo primario, dove non c’è giudizio, dove non c’è conflitto d’intenti, dove quindi non c’è teatro. Eccoli qui, dunque, gli Ubu della nuova era. Ma in fondo si sa che la storia si ripete sempre al passato: d’altronde quando è nuova, era.

Simone Nebbia

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7 COMMENTS

  1. bello. faranno riunioni segrete massoniche per parlar male anche quest’anno di te ma va bene. Una volta l’anno (o due-tre, tiè) che scrivi cose davvero sensate fa sempre piacere 🙂

  2. Grazie Daniele. Vedi che a forza di provarci ogni tanto anche io…sto facendo due conti: oggi, quando ho recensito il tuo Aldo morto e la terza? No, mi sa siamo fermi a due… 🙂

  3. no, dai. Intendevo in generale che mi piace di più quando non scrivi recensioni, come recensore (chiunque tu recensisca) in generale mi interessa di meno quel che scrivi… poi probabile che siano molti più di due-tre i pezzi interessanti. Dai dai. Continua così, ragazzo. Buon lavoro!

  4. d’accordissimo. condivido…anzi ci sto provando nell’unico mezzo di condivisione che sembra rimasto, ma non ci riesco!

  5. Ciao Margherita, ma che bello ci sia rimasto l’antico modo di condividere, silenzioso, raffinato equilibrio di ragione e passione. Teniamoci questo, varrà meno contagi, è vero, ma ci salva da altre malattie 😉 Ciao! Simone

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