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Dopo la battaglia. L’arte di Pippo Delbono e l’umanità naufragata

Gli spettacoli di Pippo Delbono possono essere passionali e meravigliose alchimie costituite da slanci civili e digressioni biografiche. L’artista è al centro, presente col proprio lavoro e con la propria entità di essere umano e cittadino. Il palco diventa così la camera oscura dove il vissuto personale e il divenire sociale si mescolano proiettando sullo spettatore una dolorosa e schiacciante visione dell’umano.

Tornato a Roma, in quel Teatro Argentina che due anni prima lo ha visto protagonista con La menzogna, l’artista ligure chiude i propri (e naturalmente i nostri) fantasmi dentro un luogo di detenzione. Prigione o manicomio criminale che sia, la scena è una scatola grigia dalle mura alte, con due porte ai lati e una sul fondo. Luogo fisico e metafisico al contempo, ne siamo tutti prigionieri e solo l’arte sembra potervi entrare e uscire a suo piacimento. Lo stesso regista e poi i suoi performer possono rompere la quarta parete che divide la comoda platea dalla prigione.

Dopo la battaglia comincia nel modo con cui iniziava il precedente lavoro dedicato alla tragedia delle acciaierie ThyssenKrupp, quasi subito con la voce dell’artista, segno leggibilissimo e potente di un deus ex machina che non si nasconde, anzi fa parte dell’opera, da lui generata nello stesso momento in cui gli spettatori la fruiscono. Introduce la storia di uno spettacolo operistico che doveva farsi al Bellini di Catania e che Delbono dovette abbandonare una volta sopraggiunti i tagli al Fus. Intanto sullo sfondo appare, straniante e spietatamente ironica, la foto di Bruno Vespa alle prese con una genuflessa comunione e, mentre l’aria si riempie della voce profonda, sporca e deformante dell’autore, sul palco si staglia la foto di famiglia del potere. Sono vestiti a festa, c’è anche un cardinale con gli occhiali da sole e un chierichetto in bianco. “Governo, televisione e finanza s’incontrarono una sera”, sussurra ancora la voce al microfono. La sovrapposizione di immagini, musiche, personaggi e nuclei narrativi procede senza un ordine sequenziale ma seguendo il disegno mentale dell’artista, senza limitazioni, alcune volte con evidente successo altre meno. C’è anche una étoile dell’Opera di Parigi nel misterioso carillon di Delbono, Marie Agnès Gillot. Danza sul Lago dei cigni poi di lato esegue esercizi alla sbarra davanti a Bobò, maestro e malizioso avventore al contempo.

Bobò appunto, elemento proprio a metà strada tra quel percorso biografico di cui parlavamo e un’arte dal piglio civile. Nello spettacolo Delbono racconta la storia di quell’incontro – che gli salvò la vita in un periodo nero – avvenuto in un manicomio. A lui d’altronde dedica lo spettacolo nel finale, con la sua impossibilità di ascoltare e parlare e i numerosi cambi di abito e personaggio, fino all’ultimo quando diventa una bionda spettatrice in un vistoso vestito bianco apparendo in un palchetto laterale.

Il momento più coinvolgente Delbono lo regala proprio quando sul fondo viene proiettato il documentario realizzato dalla commissione d’inchiesta del Senato sugli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari). Il palco e il teatro diventano in questo caso cassa di risonanza di un dolore tremendo e proprio sul fondale della scena prigione è un’umanità degradata a colpire lo stomaco. Le condizioni in cui versano gli spazi “abitati” dai malati, nei centri come quello di Aversa o Barcellona Pozzo di Gotto, non sono umane e lì sulle rosse poltrone di platea il pensiero che prima mi trafigge riguarda un’inconciliabilità con la mia umanità, una profonda vergogna. L’appartenenza come individuo a una società capace di sottrarre ai propri simili l’esistenza, nascondendo sotto il tappetto un passato neanche tanto lontano. Sono immagini capaci di sovvertire il monito di Primo Levi eppure le digeriamo immobili nelle nostre poltroncine. Poco prima Delbono urlava alla Gillot “stiamo naufragando!” mentre  il suo corpo si muoveva davanti a un mare in tempesta.

Ma il dolore è anche quello di un corpo solo, abbandonato, ricoperto di creta. Una donna  costretta a muoversi per un demone – quale se non quello della follia – per poi ripiegarsi in un angolo e morire in proscenio dietro a un mazzo di rose rosse. Il quadro era completo, lo stomaco e la mente colpiti con quella crudeltà artaudiana senza scampo, sarei uscito in quel preciso istante. Invece per uno strano caso di bulimia artistica i segni continuano ad accumularsi sul palco in perenne ricerca di un altro contagio. L’artista ligure cerca l’ennesimo affondo dilatando lo spettacolo e trasformandolo in un contenitore pronto ad ospitare qualsiasi afflato autobiografico (il video con la madre) o denuncia, fino ad arrivare a immagini di clandestini e guerre civili africane con tanto di bambini feriti.

Lo sproporzionato slancio finale di sicuro non cancella la forza di tre quarti dell’opera, già di per sé creata per accumulo di immagini, dediche (anche a Pina Bausch) e citazioni, puntualissima quella del Processo di Kafka, ma ne raffredda l’efficacia e la traiettoria fino a quel momento affilatissima.

Andrea Pocosgnich

in scena fino al 13 novembre 2011
Teatro Argentina [programma 2011/2012] Roma

Dopo la battaglia
Produzione Teatro di Roma
uno spettacolo di Pippo Delbono
con Dolly Albertin, Gianluca Ballaré, Bobò
Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano
Mario Intruglio, Nelson Lariccia
Marigia Maggipinto, Julia Morawietz
Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella
per le repliche del 1 e 2 novembre sarà presente
Marie Agnès Gillot
musiche originali e eseguite dal vivo da Alexander Balanescu
scene Claude Santerre
costumi Antonella Cannarozzi
luci Robert John Resteghini

durata 1,50′ senza intervallo

mercoledì 9 novembre ore 17.30
incontro con Pippo Delbono
e presentazione del libro “Dopo la battaglia” (ed. Barbés)
con Leonetta Bentivoglio, cronista culturale di “Repubblica” e Gennaro Migliore, responsabile cultura di “Sinistra Ecologia Libertà”.

Prossime date per Dopo la Battaglia:

Parigi(Francia) Théatre du Rond de Point
dal 17/gen/2012 21:00 al 21/gen/2012 21:00,
il 22/gen/2012 15:00,
dal 24/gen/2012 21:00 al 28/gen/2012 21:00,
il 29/gen/2012 15:00
Prato Teatro Fabbricone
dal 2/mar/2012 21:00 al 3/mar/2012 21:00,
il 4/mar/2012 16:00
Caen(Francia) Comèdie de Caen
dal 21/mar/2012 19:30 al 22/mar/2012 19:30,
il 23/mar/2012 20:30
Toulouse(Francia) Theatre National de Toulouse
dal 28/mar/2012 19:30 al 29/mar/2012 19:30,
dal 30/mar/2012 20:30 al 31/mar/2012 20:30
Valence(Francia)
Le Bel Image

il 3/apr/2012 20:00
Cascina La città del Teatro
il 28/feb/2012 21:00
La Spezia teatro Comunale
dal 6/mar/2012 21:00 al 7/mar/2012 21:00

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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