VENERDì 28 OTTOBRE
Teatro Olimpico
COMPAGNIA DELLA FORTEZZA
HAMLICE. SAGGIO SULLA FINE DI UNA CIVILTÀ
di Armando Punzo
con i detenuti attori della Compagnia della Fortezza
produzione Charte Blanche
Da Amleto ad Alice nel Paese delle meraviglie, dalla tragedia del potere di Shakespeare all’anarchia di Carroll, in un viaggio di cui non si conosce la fine. Uno spettacolo sul tema della trasformazione, intesa come possibilità di sottrarsi ad un ruolo che sembra definito per sempre. I personaggi di Shakespeare incarnano la volontà forte di liberarsi del proprio ruolo e attraversare “un’altra storia”, libri di altri autori, allontanandosi da quello che li conteneva come una prigione di ruoli immutabili. Cercano altre parole, altre azioni, un’altra possibilità, forse ancora non prevista, nemmeno ancora immaginata. Impossibile non pensare ai detenuti di questa Compagnia, che trovano nel tema dell’esistenza negata il centro della loro quotidianità.
VENRDì 11 NOVEMBRE
MOTUS
ALEXIS. UNA TRAGEDIA GRECA (articolo di Chiara Pirri)
di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni, Vladimir Aleksic, Benno Steinegger
e Alexandra Sarantopoulou
Quando attualità e tragedia generano un cortocircuito. La tragedia che permane entro una società che ha perso il senso di parole come eticità, libertà, rifiuto anarchico di una schiavitù economica anche a prezzo della vita. Una realtà, quella greca, dove i movimenti politici hanno una forza espressiva e di mobilitazione che quelli del nostro paese hanno avuto in passato ma che oggi non riescono più ad avere. L’incontro con un disagio profondo, valoriale prima che economico, che è sotteso alla crisi greca e alla generale, e generazionale, perdita di una prospettiva sicura per il futuro. Un disagio che blocca qualsiasi risposta certa e autentica se ci si chiede «quale vita vale la pena d’essere vissuta?» Silvia Calderoni
Nel dicembre 2008 ad Atene, durante gli scontri seguiti alla crisi economica, viene assassinato da un poliziotto Alexandros Grigoropoulos (Alexis). Con questo spettacolo i Motus ci accompagnano in un viaggio da Tebe ad Exarchia (il quartiere universitario di Atene) alternando dialoghi di Antigone, interviste, riflessioni solitarie, tentativi di traduzione dal greco all’inglese e all’italiano, frammenti audio e video dalla rete, descrizioni di atmosfere e paesaggi, dichiarazioni politiche e testimonianze dirette raccolte ad Exarchia, per strada, nei centri sociali, nei caffè, fra gli artisti. Pezzi di un mondo che cade a pezzi.
VENERDì 25 NOVEMBRE
ASCANIO CELESTINI
PRO PATRIA. SENZA PRIGIONI, SENZA PROCESSI [recensione]
di e con Ascanio Celestini
I morti e gli ergastolani hanno una cosa in comune, non temono i processi. I morti perché non possono finire in galera, gli ergastolani perché dalla galera non escono più
“Chi ruba una mela finisce in galera anche se molti pensano che rubare una mela è un reato da poco. E chi ruba due mele? Chi ne ruba cento? Quando il furto della mela diventa un reato? C’è un limite? C’entra con la qualità della mela? La legge è uguale per tutti e i giudici non si mettono a contare le mele. La statua della giustizia davanti al tribunale ha una bilancia in mano, ma entrambi i piatti sono vuoti. Non è una bilancia per pesare la frutta”. Sono le parole di un detenuto che sta scrivendo il discorso. Un discorso importante nel quale cerca di rimettere insieme i pezzi della propria storia, ma anche di una formazione politica avvenuta in cella attraverso i tre libri che l’istituzione carceraria gli permette di consultare
SABATO 03 DICEMBRE
PUNTA CORSARA
IL SIGNOR DI POURCEAUGNAC (recensione a Teatri di Vetro 2011)
traduzione e adattamento
Antonio Calone, Emanuele Valenti
regia Emanuele Valenti
Con Christian Giroso, Antonio Stornaiuolo, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Giuseppina Cervizzi, Gianni Rodrigo Vastarella,
Vincenzo Nemolato, Mirko Calemme
I giovani attori di Punta Corsara si confrontano con Molière trasportandolo proprio a Napoli, città a cui già il drammaturgo francese pensava ne Le furbierie di Scapino, e propongono una versione della farsa di Molière in cui la grazia della comédie-ballet prende accenti dalla quotidianità poco eroica della commedia all’italiana. Pourceaugnac diventa così l’erede di Pulcinella, di cui assume tutta l’umanità, la comicità e la poesia, e il capro espiatorio di una società vorace e falsa. Per mettere a nudo la società di ieri e trovarvi nascosta quella di oggi.
SABATO 21 GENNAIO
LA PICCIONAIA – TRADIMENTI
L’AVARO IN BLUES
di Ketti Grunchi
con Marco Artusi, Evarossella Biolo, Matteo Cremon, Gianluigi (Igi) Meggiorin, Beatrice Niero
Ne L’Avaro Molière si ispira scopertamente ad una delle più celebri commedie di Plauto, Aulularia, e la ricompone su una partitura intonata alla commedia dell’arte. L’Avaro in blues mette in scena un accoppiamento inusuale e allo stesso tempo fedele ad una tradizione storica del teatro popolare: quello tra il teatro e la musica dal vivo. E proprio il blues, musica fatta di niente che da sempre abita i sobborghi, diventa la colonna sonora di una casa, quella dell’Avaro, che ospita emarginati e personaggi al limite della realtà, raccontando una storia di scarpe rotte, stoviglie sbrecciate, candele accese, pentole vuote. Un lavoro che proietta il personaggio di Arpagone nella realtà, sottraendolo alla parodia di mestiere per ritrovarne la complessità, la solitudine e le ragioni. E poiché tutti, per necessità o per comodità, ballano la musica suonata dal vecchio avaro, la sua famiglia diventa una società in miniatura, un microcosmo intessuto di amori, odi e di conflitti senza speranza. Un testo della tradizione popolare che diventa così paradigma delle passioni umane e, insieme, specchio del tessuto sociale contemporaneo, in un’indagine sul concetto stesso di avarizia come attaccamento al denaro e sulla brama di potere che ad esso si accompagna.
SABATO 4 FEBRAIO
VIRGILIO SIENI
DUE LUPI
di Virgilio Sieni con Luisa e Silvia Pasello
Arriviamo dalla grande città. Abbiamo viaggiato tutta la notte. Nostra Madre ha gli occhi arrossati. Camminiamo a lungo. Circolano solo alcuni camion militari. Si può udire il rumore dei nostri passi; camminiamo senza parlare, nostra Madre tra noi due. Nostra Madre esce dalla casa con una vecchia. Nostra Madre ci dice: La guerra può durare ancora molto. Ci bacia e se ne va piangendo. “Una fiaba fatta di esercizi sulla pelle, nel cuore tenebroso della guerra.”
Spettacolo ispirato a Il grande quaderno di Agota Kristof, racconto confluito poi ne La trilogia della città di K, il capolavoro letterario della scrittrice scomparsa lo scorso luglio. Una fiaba ambientata in un paese dell’Est durante una terribile guerra non meglio precisata (forse la seconda guerra mondiale oppure l’invasione sovietica dell’Ungheria del ’56). In scena due attrici gemelle. Due bambine che attraversano il tempo della guerra, affidandosi ogni giorno ad una prova oltre le loro forze. Il loro corpo si forma nel rapporto con la minaccia, rovesciando l’opposto nella realtà. La loro fame diventa il digiuno come prova, le loro astensioni un accumulo prezioso di privazioni.
SABATO 25 FEBBRAIO
CÉSAR BRIE – ERT
KARAMAZOV
testo e regia César Brie
con César Brie, Mia Fabbri, Daniele Cavone Felicioni, Gabriele Ciavarra, Clelia Cicero, Manuela De Meo, Giacomo Ferraù, Vincenzo Occhionero, Pietro Traldi, Adalgisa Vavassori
“Se il diavolo non esiste, ma l’ha creato l’uomo, l’ha creato a sua immagine e somiglianza” – Fedor Dostoevskij – I fratelli Karamazov.
César Brie si avvicina a uno dei grandi capolavori della letteratura russa, l’ultimo romanzo di Dostoevskij, finito qualche mese prima della morte. Un’opera che esprime la summa dei temi che hanno ossessionato lo scrittore: la fede, il vizio, l’amore, la passione e la giustizia. Il romanzo è anche una critica a fondamentalismi religiosi, sette, socialismo e capitalismo, dei quali anticipa orrori e fallimento. Una risata amara sull’idiozia e sulla follia umana. Secondo le parole di Brie, ogni personaggio di questo romanzo rappresenta un paradigma dell’animo umano, mentre risaltano, quasi sempre inermi e muti, i bambini, riportandoci al dolore di tutte le guerre, all’ingiustizia del male come misura degli uomini, di cui pagano il fio gli innocenti. Un adattamento teatrale che porta in scena il grandissimo lascito etico, morale e spirituale de I fratelli Karamazov, facendone così emergere le aspre tematiche sociali. Lo spettacolo nasce dall’impegno di César Brie con gli allievi del percorso con i giovani attori del Cantiere delle Arti da lui diretto.
SABATO 10 MARZO
BABILONIA TEATRI
THE END [recensione]
di Valeria Raimondi e Enrico Castellani
con Valeria Raimondi, Enrico Castellani, Elena Castellani, Luigi Scotton, Ilaria Dalle Donne
…me butto in acqua e fo il morto compro un loculo vista mare me fo la tomba di famea il cimitero personale…
Ultimo tabù della società dei consumi, oggi la morte non esiste. Non se ne parla. Non la si affronta, né la si nomina. La morte, la vecchiaia, la paura della morte, il diritto alla morte, la morte tragica, la morte comica. La morte perfetta: un boia e un colpo di pistola. I Babilonia Teatri mettono in scena una paura collettiva, oggettiva, sociale, diffusa, generazionale, occidentale.
Un inno alla morte. Uno spettacolo sulla fine, per emendare una considerazione falsata del finire che ci fa pensare ad esso come qualcosa che conclude, mentre è invece parte integrante della vita.
SABATO 24 MARZO
UNICA REGIONALE
MARIO PERROTTA
ATTO FINALE – FLAUBERT
di Mario Perrotta
con Mario Perrotta, Paola Roscioli, Lorenzo Ansaloni, Mario Arcari
“Sono testi che parlano talmente ferocemente del presente che non c’era bisogno di scriverne di nuovi. Semmai è molto interessante tradurli: due volte. La prima in senso letterale e la seconda in senso teatrale cioè, farli diventare atto scenico”
Ultimo capitolo di un progetto triennale su tre testi classici, dopo Molière e Aristofane Mario Perrotta riscrive Flaubert, proiettando i due straordinari “idioti” in un oggi non meglio identificato, per raccontare la solitudine dell’uomo contemporaneo.
“Dal romanzo incompiuto dell’autore francese ho tratto questa profonda e ridicolissima solitudine dei due uomini che, pur essendo in due, sono soli. Due impiegati parigini che nella mia riscrittura si trasformano in due uomini del nostro tempo che, chiusi volontariamente in uno spazio non meglio identificato, tentano l’impresa impossibile: affrontare e risolvere il dolore esistenziale che li assedia studiando e indagando il web alla ricerca di soluzioni, in una vorticosa ascesa verso il ridicolo involontario.” Mario Perrotta