In pompa magna, così si diceva una volta, raccogliendo a sè la curiosità di tantissimi giornalisti romani e critici di mezza Italia, il neo direttore del Teatro di Roma, Gabriele Lavia, giovedì scorso, ha presentato la stagione 2011/2012 del Teatro India. Su un palco di 16 metri, è lo stesso Lavia a spiegarci le misure in un incipit di conferenza-spettacolo nel quale l’attore da subito lascia intendere, nei ritmi e nei fraseggi del discorso, l’infinita verbosità di cui si farà carico.
Aumento degli abbonamenti del 40%, costruzione di un caffé al Teatro Argentina, grazie al quale la storica sala avrà finalmente l’agibilità rompendo un paradosso alquanto singolare. I lavori di ristrutturazione proprio all’India – dove tutti vogliono venire, “dove Mariangela verrebbe con piacere, mi ha chiamato, mi ha detto fammi venire a India”–, mettere mano ai riscaldamenti che permetterebbero l’utilizzo delle sale, volute da Martone all’epoca del Giubileo, anche nei mesi più freddi; poi proprio quel palco, costruito si spera non solo per l’occasione, il prossimo anno diventerà di ben 20 metri riportando il teatro e gli attori all’aperto, “e non li ingabbieremo sotto graticce o tubi Innocenti, li lasceremo sotto le stelle, sotto il proprio destino”.
Insomma tante cose che negli anni nessuno ha fatto, neanche all’epoca dell’apertura di Martone, “quando c’erano i soldi del Giubileo”, e adesso ricadono tutte sul “nostro”, viene da dire: meno male che Lavia c’è, a prendersi la responsabilità di tutto questo. A metà “spettacolo”, tra pause d’effetto, citazioni (indimenticabile il momento Pascoli), e ironiche frustate al passato ozioso, finalmente si arriva al cartellone. Di qualità, di qualità, di qualità. E lo è di sicuro già a partire dall’apertura affidata a Giorgio Barberio Corsetti e il suo itinerante adattamento de Il Castello di Kafka; E poi Le Vie dei Festival (programma) che torna alla sua forma compatta di rassegna dopo la versione dilatata dello scorso anno all’Auditorium. C’é il Teatro dell’Elfo con l’ultimo lavoro firmato Bruni-De Capitani su un testo di Alan Bennet, The history boys. Imperdibile poi il ritorno a Roma del Belarus free theatre, la compagnia teatrale piú osteggiata della Bielorussia e non solo. Encomiabile infine lo sforzo di guardarsi intorno, di coltivare insomma i propri giardini dando spazio a quei nuclei artistici che a Roma lavorano (Lisa Ferlazzo Natoli con Jakob Von Gunten, Lucia Calamaro con L’origine del mondo in versione completa, Veronica Cruciani con La palestra) o che da qui sono fuggiti (come Roberto Latini), o altri che dalla città sono stati accolti, vedi Massimiliano Civica con il suo ultimo Attraverso il furore. Le buone intenzioni insomma, ma anche obbligate. Sono gli artisti di una città in perenne fermento dai quali non si poteva prescindere.
Ora dal calendario del Teatro India ritagliamo la sezione dedicata a Short Theatre e velocemente sfogliamo tutte le date fino ad arrivare all’estate prossima, ci accorgiamo come non ci sia gruppo o artista che non sia avviato verso la quarantina. E non parlo di sforzi produttivi, ma di semplice ospitalità. Probabilmente gli under 35, assenti dalla programmazione del nuovo corso Lavia, li troveremo nella sezioni “Le Vie dei Festival”, appuntamento ormai storico organizzato dall’Associazione Cadmo di cui ancora non è stato reso pubblico il programma, come per Short Theatre dovremo prenotare i biglietti con largo anticipo e accontentarci della serata in cui l’artista verrà programmato, e già sento l’eco delle voci: “sono giovani, già è tanto se hanno questo, cosa possono sperare di più?”
Fortunatamente non è caduta nel dimenticatoio la possibilità di aprire le sale prove alle compagnie, necessità emersa nell’incontro tenutosi la scorsa primavera al Teatro Arvalia, per ora solo alle compagnie in cartellone, anche qui attendiamo ulteriori passi verso la cittadinanza. Inoltre il discorso sugli spazi non può non legarsi all’ultimo arrivato tra le grazie del Comune di Roma, il Valle. Cercare e trovare un’intesa con gli artisti chiusi tra i palchetti settecenteschi da quest’estate non è forse auspicabile da entrambe le parti? Ma sul teatro che mise in imbarazzo pure Pirandello tutto tace, perfino l’ardita eloquenza del direttore.
Se i pochi segnali di cui abbiamo parlato saranno l’incipit di un nuovo corso o le eccezioni di un ulteriore riflusso lo sapremo solo con le stagioni che verranno, per ora ci prepariamo con la solita passione a raccontarvi quella alle porte. Non saremo soli, il nostro lavoro avrà la possibilità di confrontarsi e specchiarsi con quello diretto da Attilio Scaprellini. A lui il TdR ha affidato l’onere di fondare una rivista di critica che verrà distribuita proprio nelle sale dirette da Lavia. Segno di apertura anche questo certo, e qui le giovani penne non mancheranno.
Andrea Pocosgnich
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