Sono poche le settimane rimaste prima che tutta la giostra – un poco eccitante un poco amara – di questo nostro teatro ricominci a girare. E sono molti, invece, i mesi passati da quando qualcosa, indubbiamente, ha cominciato ad accadere. Certe sonnolenze si sono scosse, altre si sono confermate, eppure intorno a queste ultime è germogliato anche un chiaro sentimento di rigetto; gesto che allontana, scatto che spinge ad andare oltre. Tante volte abbiamo osservato, letto e scritto come proprio nell’emergenza stia la molla necessaria all’ingegno per riaffermarsi e ritrovare una strada nuova. E, se non si tratta completamente di illusione e miraggio, allora sembra davvero che dalle rovine della cultura si alzi, ora, un nuovo spirito critico. E parliamo tanto di chi il teatro lo racconta quanto di chi ne è artigiano e di chi si occupa di farlo circolare. Se avessimo soldi per fuochi d’artificio sarebbe ora il momento di ordinarne il lancio, mentre diciamo che la scena di oggi, ancor più che voglia di passato, ha bisogno di futuro. Non solo non ci saranno fuochi d’artificio, ma questa frase ci si spezzerà in gola con una risata. Un moto di imbarazzo con cui da un lato dimostriamo di non avere più molta fiducia nella spinta che questo teatro compie verso l’evoluzione, dall’altro diciamo a chi, come noi, si riempie bocca e testa di questi argomenti che il segreto è non prendersi troppo sul serio. Ci occupiamo di una fetta marginale di un settore già marginale di per sé. Meglio non sperare che dai nostri sforzi nasca chissà quale rivoluzione. Raccontiamo, questo è tutto. E limitiamoci a dire che il compito di queste pagine digitali è sottolineare qualche frase di un libro complicato, in modo che chi volesse andare a studiarvi saprebbe su cosa è bene soffermarsi e cosa invece non è grave ignorare. Prendiamo a esempio Roma.
Mad Revolution si occupa di arieggiare un po’ le stanze del Quirino, prima che Geppy Gleijeses arrivi a chiuderle di nuovo, con una polverosa stagione in cui spicca forse solo Filippo Timi autore-attore; il Teatro Eliseo, ancora attento alla drammaturgia di elaborazione anche grazie al cartellone del Piccolo Patroni Griffi, resiste con Malosti e una Yasmina Reza in mano a tre grossi nomi, concedendosi poi qualche replica dei successi passati. Il Teatro di Roma è sotto i riflettori: il Valle da restaurare (artisticamente, non sia mai che cambiamo le poltrone); l’incognita dei teatri di cintura (sui quali campeggia, già quasi arrugginita, l’insegna “pagina in allestimento”) e dell’India, di cui si sa solo che ospiterà I Masnadieri schilleriani di re Lavia. Mentre si attendono i biglietti da visita di Palladium (in campo per ora solo con un succulento Romaeuropa 26) Argot Studio, Riunione di Condominio, Arvalia, Angelo Mai, Kollatino e via dicendo, ci sentiamo finalmente di incoraggiare con una pacca sulla spalla il nuovo cartellone del Vascello, quest’anno diviso tra qualche vecchio saggio e nuove proposte, tra prosa, danza, teatro ragazzi e addirittura opera.
In questa lunga epoca di difficoltà, di tagli (sempre nuovi, quasi fossero articoli alla moda con cui rincorrere l’ultima tendenza), di apatia culturale, molti spazi chiudono (altri soggetti rinunciano ai finanziamenti) e non ci si stancherà mai di sottolineare la gravità di eventi simili, che lampeggia come estrema sirena d’allarme. Eppure ci sono ancora molte antiche realtà che esistono e resistono nonostante tutto, corridoi sempre più bui che portano a stanze del potere, la vicenda del Magna Graecia Festival di Albertazzi è solo un esempio. Sorprendersi di fronte a nuovi abusi è un lusso che è sempre più difficile permettersi, allora preferiamo voltare lo sguardo al positivo più che al negativo. Il segno più, di questi tempi, è rappresentato in ogni caso dalle energie che producono e che esportano.
Il contatto stretto con la realtà teatrale italiana (dentro e fuori dalla sala) è il tema unico per l’acronico TeC. Nelle due parole del nome di questo giornale si declina il centro del nostro discorso. E qui torneremo, con qualche nuova risorsa, nella stagione che sta per cominciare. Nei giorni che seguiranno avremo modo di seguire in prima linea alcuni dei festival più interessanti del panorama nazionale, appuntamenti ormai classici che chiudono la carrellata estiva: Castel dei Mondi di Andria, B.Motion di Bassano del Grappa, Short Theatre di Roma, Quirino Revolution, Ipercorpo e Crisalide di Forlì.
Diversi spettacoli inseriti in questi cartelloni sono stati già recensiti da Teatro e Critica, che riproporrà i pezzi pubblicati giorno per giorno, aggiungendo poi una copertura “live” dei festival, inviando redattori direttamente in loco, fin su nella montuosa Charleville Mézières per lo storico (e ormai biennale) Festival Mondial des Théâtres de Marionnettes. E speriamo che alla fine di questi piccoli e meno piccoli giri saremo pronti ad affrontare quella “nuova” stagione. Tra le novità che andremo a proporre c’è anche la partecipazione a una rete internazionale di scambio e traduzione di articoli con un gruppo di critica trans-europeo, di cui ci sarà occasione di parlare a tempo debito. A metà tra narrazione, analisi e viaggio allegorico, nello stile che spesso caratterizza i diari che pubblichiamo, di raccontare l’evoluzione di quella creatura nemmeno tanto mitica di cui parlavamo all’inizio si occuperà una rubrica settimanale, che pubblicheremo il lunedì, dal titolo Atlante (grazie a L. R. per il suggerimento). Sarà un primo segno di equilibrio, in quest’epoca che tanto insegue la stabilità. Ma, ancora una volta, senza prenderci troppo sul serio.
Sergio Lo Gatto