Hai sentito questo vento? Uno sguardo nel vuoto di una campagna inalterata, verde frondoso e sole alto attorno a un uomo che guarda lontano, gli occhi socchiusi a cercare quel che si vede senza e il vento, il vento attorno che sottile si lascia attraversare dagli uomini, dalle parole, dai pensieri e le emozioni che sanno germinare. Hai sentito questo vento? Una frase che indica il cammino, la direzione di quel respiro che sibila e si porta la poesia in mezzo agli alberi e i vigneti attorno, Massimo Paganelli sospeso alla fine del percorso filosofico-poetico che ha condotto con Attilio Scarpellini e Luca Mori, con gli inserti poetici di Marcello Sambati e le letture di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, lungo i sentieri che intersecano la collina su cui poggia la splendida Lari, per concludere la tredicesima edizione del festival Collinarea.
Un miracolo è quando “il tempo si arresta nello spazio”, dice Attilio Scarpellini, che assieme a Luca Mori ne fa proprio uno, camminando il tempo sospeso nella soffice stasi del pensiero, sulle parole di Benjamin, di Borges, di Nietzsche, tempo arrestato nei passi che continuano ad andare sullo sterrato che ci porterà in cima al percorso; è questo il momento in cui il silenzio ritorna ad essere stasi generatrice, placenta la cui immobilità è quella che ci appare a percepire la Terra su cui poggiamo, che invece cammina il suo moto di rivoluzione a trenta chilometri il secondo. Marcello Sambati è un attore che indossa un velo di misticismo silente, la scoperta è trovarlo poeta di versi finali e tenaci, che riconoscono la natura nell’impatto dell’uomo sulla sua evoluzione. Deflorian e Tagliarini, a loro spetta sulla cima di delineare tra il Palomar di Calvino e La donna sulla pietra di Ivo Andric quella relazione ch’è in tutto critica e poetica, attraversamento dell’esistente nel pertugio della percezione, il pensiero al servizio dello sguardo.
È sera quando Lari e il suo castello si vestono a festa, attorno alla piazza paiono tanti piccoli falò i fuochi di questo borgo che sembra vocato al teatro e all’arte, in cui si può passare dal Rubbish Rabbit dei devastanti Tony Clifton Circus a un chiostrino raccolto in cui una signora di quasi ottant’anni, Vincenza Barone, in maschera di solo baffi neri e bombetta sulla testa, legge con passione vera i versi de ‘A livella, in omaggio al suo amore per il grande Totò. C’è tutto in questa Lari, questa sera di mezza estate in cui il sogno è averci provato ed essere riusciti a far accadere, ancora una volta, questo miracolo: il teatro di emozioni scandite, arrestato nello spazio di un luogo germinale.
È invece notte quella che si ammanta della musica di Bobo Rondelli, che insieme all’Orchestrina del Taglio e Cucito sembra non voler finire mai questo concerto e che è comunione di energia pura, scambio di immagini e suoni nel buio crepitante. In alto ci sono le stelle, al mattino si parlava del cannocchiale rovesciato che scoprirebbe dallo spazio gli anni luce nella nostra evoluzione terrestre, quello sguardo che a capirlo davvero ci renderebbe parte di un disegno immenso, magnifico, oltre la piccolezza dei nostri usi umani. Quella sera dallo spazio qualcuno, a puntare il cannocchiale verso il castello qualche anno luce più avanti, avrebbe trovato tutti noi attorno ai fuochi della passione, il soffio del vento a portare ovunque le nostre emozioni di lapilli, la voce intima di un ragazzo che guarda il profilo di un vecchio amico di fianco e finalmente può dire: ho sentito, ho sentito questo vento.
Simone Nebbia