Chi gestisce le risorse dello spettacolo dal vivo, incline ad avvicinarlo più a un intrattenimento di stampo televisivo che a una forma d’arte, lo ha ridotto all’effimero dell’happening. Nel frattempo ci sono compagnie che invece stanno lavorando in direzione ostinata e contraria, salvando l’evoluzione artistica personale e seguendo una maturazione di forma, di linguaggio – in una parola di stile – capace di rintracciare un percorso valido e riconoscibile. Tra questi ci sono senza dubbio i due riminesi Paola Vannoni e Roberto Scappin, dal 2003 i Quotidiana.com, che portano in scena il loro nuovo lavoro Grattati e vinci, visto per la prima volta (ma debutterà a Modena a Vie in ottobre) al Castello di Lari, per il festival Collinarea 2011.
Il loro stile nasce da dinamiche quotidiane (da qui il nome) rimodulate in scena per denunciare la stortura dei comportamenti, l’ipocrisia con cui trattiamo anche noi stessi, l’imbarazzo che non proviamo di fronte all’assurdità travestita da normale umanissima pratica e invece così destabilizzante. Questo racconto in qualche modo può dare una misura del loro lavoro, la profondità della visione con cui svelano i meccanismi deviati dei nostri rapporti umani.
In questo spettacolo al centro dell’analisi è il rapporto con il denaro – in genere con i valori e il loro significato – che la nostra società ricerca guardando il cielo ad aspettare che ne piova, asservita alla sua capacità attrattiva al punto di non distinguere più cosa sia, determinando dunque l’assurdo. Alla domanda di rito circa la nascita di questo lavoro Paola risponde: «Ero in un tabaccaio, ho comprato un biglietto del bus e una signora mi ha chiesto se fosse il nuovo Gratta e Vinci, così le ho detto di no, ma le ho detto anche che se voleva poteva grattarlo; ecco, ho immaginato che ormai si è totalmente asserviti all’idea che anche non facendo niente ci sia il modo per avere soldi, basta grattare. O grattarsi».
Due neon verticali sparati verso il pubblico alle spalle di due seggiolini da campeggio, il dialogo dei due ha una sorta di svogliatezza rivolta al tragico, ossia allo spazio d’esistenza più vitale del corpo e dell’anima umana; ma anche di questa sofferenza gli uomini non avvertono più che la scalfitura di superficie (simbolico è il suicidio come atto contro lo stato assistenzialista). La scelta linguistica è per un tono piano e quasi noncurante, la sobrietà e la simmetria come elementi detonanti per una comicità sempre potenzialmente esplosiva: questo rende quotidiana.com esponenti di un teatro intelligente e popolare, che cerca nella leggerezza e nell’acutezza di precisione il modo di svelare i meccanismi della società, senza mai evitare il ragionamento che dà a questi elementi il vigore necessario ad imporsi.
La ricerca di essenzialità è dunque una sottrazione alle parole e al movimento, in cui l’uso dell’intelligenza sopperisce alla glacialità del sentimento. Da loro non ci si aspetti l’impatto emotivo, ché non cercano quel tipo di contatto, ma provano a dimostrare una tesi con personalità e limpidezza, raggiungendo l’obiettivo quasi al contrario: con svagati accenni demenziali impongono la chiarezza della logica e della loro visione.
Simone Nebbia