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Angeli caduti, uomini in superficie: un ex manicomio diventa centro culturale

Tamara Bartolini in La caduta

Ex Lavanderia. Niente fa pensare che si tratti di un un teatro, o almeno un luogo delle arti. E invece il solo dire “ex” fa già pensare a un prima – momento in cui a parola corrisponde il significato più coerente – e a un dopo, in cui ogni cosa sa acquistare un significato traslato e anche una lavanderia, può diventare un centro di resistenza culturale. Così è all’ex (anche qui e per fortuna) Manicomio di Roma S. Maria della Pietà, dove il passato resta in forma linguistica, ma è tutto ben presente e attivo: il centro culturale, lo spazio prove, il progetto Techné in cui gli artisti espongono gratuitamente le loro opere, la caffetteria del consumo equo e solidale, la ciclofficina popolare, i laboratori e le tante battaglie per la vocazione pubblica e la difesa di questo particolare luogo che sta diventando – e potrebbe ancora di più – un riferimento sostenibile di buona pratica culturale. Ultimo di questi progetti: il festival visionario Linea 35, otto giorni dal 2 al 10 luglio 2011 di teatro e arte varia, illumina la notte del bosco tra i padiglioni.

Ci radunano attorno al bar del padiglione 31, nonostante l’attesa eccessiva si resta fiduciosi che qualcuno ci scorterà fino a uno spazio ricavato nella boscaglia, dove poco dopo appare Langelo, tutto attaccato. Alessandra Cristiani è danzatrice del gesto significante, della delicatezza formale che addolcisce in una fluida lentezza di movimenti, accoglie dentro di sé, sul suo corpo fatto metafora e luogo d’incontro fra gli occhi e la percezione; Langelo ha una sola ala, bianca, il corpo dipinto cerca un volo che non potrà, calpesta un fruscio di foglie secche e ancora terra, le dice il suo destino; è angelo che cade, mentre prova ad alzarsi, è un angelo che cerca di tradire la terra ma il volo l’esclude, finché cadranno i suoi capelli, rossi, come le trecce sparse dell’Ermengarda di Manzoni (Adelchi), a perdere parte di sé (come la vita e la dignità perdeva la sposa ripudiata) e al terreno mescolarsi. Cambia poi la prospettiva, lo sguardo segue i piedi nel percorso, apre le braccia e perde le ali, la luce azzurra alla fine della caduta: le ali restano appese, una donna non ne ha più bisogno.

Non è casuale, dopo l’angelo dall’ala perduta, che poco dopo ci si sposti in carovana nello spazio de La caduta, che ha qui la sua terza tappa. Tamara Bartolini e Michele Baronio sono ideatori di un progetto in stretta relazione con i territori con cui entrano in contatto, la loro storia, i segni che questa lascia nel tempo, le persone e gli incontri che dei luoghi sono memoria; attorno il tema della caduta, lo spazio vuoto di una apparente non esistenza, da una all’altra, attraversando ciò che non esiste; sembra questo lo spirito che lega la forma e il contenuto: il luogo dove accade teatro, dove le parole e i suoni si intersecano e si attraversano, è lo spazio della caduta libera, dove non esiste nulla di preordinato e quel che ci cade – appunto – è l’esistenza pur determinante di un momento appena. Quattro musicisti in scena (con Baronio anche Renato Ciunfrini, Cristiano De Fabritiis, Ilaria Graziano), che cercano con la sonorità di creare un tessuto dunque ogni volta diverso, una performer che su quel tessuto cerca di dirsi, di far sentire quanto pesa un corpo precipitato, come è stato per lei che porta la sua caduta reale, da un scala, in uno spazio di caduta più grande e collettiva. In questo lavoro, che risente della forma happening ma con piena sincerità dell’obiettivo dichiarato, ogni volta diversi sono gli ospiti, che assieme a loro attraversano lo spazio dell’accadere: qui a cadere è Adriano Pallotta, infermiere di lungo corso, basagliano, di questo vecchio manicomio, assieme a lui Alberto Paolini, paziente con il quale da anni ha iniziato un percorso di sensibilizzazione (e sul quale Ascanio Celestini ha basato il racconto La Pecora Nera); ma non è tutto, perché torna in questo spazio quell’angelo caduto poco prima, la sua umanità regala il movimento alle parole e ai suoni, perimetra la caduta Alessandra Cristiani, con piena consapevolezza del gesto (da registrare agli occhi mentre si toglie le foglie secche dai capelli) trova la misura silenziosa in cui entrare con desiderata leggerezza.

Si cade, come nel buco trova Alice il mondo delle meraviglie, spettacolo (Compagnia Ciac) itinerante di poco dopo, quando ormai è notte, soprattutto per questo lavoro piuttosto acerbo e con qualche confusione ideativa che, in piccoli accenni, non si spinge a diventare un iter drammaturgico. Ma anche se così tardi, nel silenzio frondoso di quella notte è stato bello sentire l’intima sanità degli uomini proprio qui, nell’ex mondo di sotto in cui sono caduti in tanti, ma da cui oggi, grazie alla cultura e al lavoro virtuoso di queste persone, si può di certo risalire.

Simone Nebbia

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

2 COMMENTS

  1. Ciao Simone
    ma lo spettacolo “Alice il mondo delle meraviglie” lo hai visto tutto???? Fino alla fine???

  2. Ciao, ho approvato il commento anche se non lo era, così, per comprendere meglio: tu volevi dire a me qualcosa in più che forse mi sta sfuggendo, intanto alla domanda rispondo che certo, l’ho visto fino alla fine. Detto questo: quale sarebbe la domanda vera che premeva dietro tutti i tuoi sette interrogativi?

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