Praga Magica era il titolo di un libro di Ripellino cui devi molto della tua passione per il teatro, uno di quei volumi che non possono mancare nello scaffale di chi vuole raccontare il teatro. E ora che ti ritrovi a godere proprio dell’aria di questa capitale europea capisci da dove venga quell’esplosione di creatività. Comune a tutte le città che ospitano grossi festival internazionali è quell’atmosfera di festa, in un certo senso di anarchia, un’aria più libera. È così per Avignone a luglio, così per Edimburgo ad agosto. La Quadriennale di Praga (per gli amici PQ), lo dice il nome, è un evento che capita ogni quattro anni, ha la cadenza di un mondiale di calcio o di un’olimpiade, la città e i suoi abitanti hanno il tempo di abituarsi all’idea. Sei arrivato la sera di martedì 21, hai incontrato nella hall dell’albergo il gruppo di professionisti selezionati insieme a te. È la seconda sessione di Writers on the Move, la parte dedicata alla critica teatrale del progetto di ONDA/Space che riunisce in gruppi di lavoro e training internazionali di diverse categorie attorno alle arti sceniche. Lo scopo del lavoro, articolato in più sessioni ospitate da varie città e relativi eventi teatrali (la prima sezione si era svolta a Londra nell’ambito dell’International Mime Festival), è quello di interrogarsi sulla possibilità di una reale mobilità delle risorse intellettuali e organizzative attorno al teatro. Una mobilità a livello europeo. Il progetto, che per la critica volge al termine, quest’anno, proprio qui a Praga, muoverà i prossimi passi verso il delineamento di un programma strutturato indirizzato alla creazione di un vero e proprio network. Le opportunità sono molte: scambio di articoli grazie a una rete di traduzione (esperimento già avviato tra alcune riviste da Inghilterra, Repubblica Ceca, Bulgaria, Ungheria, Lettonia e Italia, su Krapp’s Last Post); la fondazione di un corpo unitario di critici e mediatori culturali che si riunisca periodicamente delineando le pratiche comuni e non comuni nei vari paesi; la risposta chiara alla domanda se sia o no possibile parlare un linguaggio condiviso.
Trovare un codice su cui non ci siano compromessi ma reale condivisione, codice sia etico che di linguaggio, riesce difficile già qui in Italia, ma risulta molto utile affacciarsi alla situazione europea, soprattutto quando i risultati ci sono, come in questo caso. La sessione praghese è cominciata mercoledì con una visita guidata alla Veletržní Palace (Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Occupando quattro dei cinque piani dell’edificio, 83 nazioni diverse hanno portato il proprio contributo allestendo altrettanti padiglioni. La Quadriennale è innanzitutto un’esposizione mondiale dedicata alla scenografia; così ti sei trovato a trascorrere le prime ore vagando in una sorta di labirinto, esplorando le creatività più affascinanti. Se hai provato non poca delusione di fronte al padiglione della milanese Accademia di Brera (solo una stanza buia con delle proiezioni di rendering e progetti), insieme ai tuoi colleghi hai testimoniato l’eccellenza delle risorse lettoni, stupefacenti sia nella categoria “professionisti” che in quella “studenti”.
La prima sessione di lavoro è stata coordinata dalla critica e curatrice polacca Joanna Warsza, alle prese con un tema piuttosto spinoso come quello del ruolo dello spettatore nel teatro contemporaneo. Prendendo le mosse da un interessantissimo saggio di Jacques Rancière dal titolo “Lo spettatore emancipato”, ci si è trovati a discutere quali siano le possibilità di interferenza (buona o cattiva) del pubblico nel sistema creativo di questa fantomatica scena contemporanea. Di esempi italiani hai portato quelli dell’Accademia degli Artefatti, ovviamente, e dell’Enimirc di Fagarazzi & Zuffellato. Ma, a sessione conclusa, si è stati poi d’accordo sul fatto che un discorso come quello dell’emancipazione dello spettatore ha senso solo nel momento in cui si trova, ancora una volta, un linguaggio comune per un teatro che, di contro, non fa che cambiare volto, di paese in paese. Un rapido passaggio in albergo e poi via verso lo Studio Švandova divadla, piccolo teatro underground nel cuore della città vecchia, dove la compagnia The Cake and Puppet presentava Čelisti Reloaded, una spassosa parodia de Lo Squalo messa in scena con pupazzi e marionette. Una vera specialità praghese, divertente fino all’ultimo boccone nonostante l’incomprensibile idioma. Una cena tutti insieme è quello che serve, infine, per tirare qualche somma della prima giornata. Le questioni emerse sono e saranno tante. Nei mesi appena trascorsi avete tutti tentato di non perdere i contatti. Il lavoro di tradurre articoli, di fare in un certo modo “lobby virtuale” è servito a oliare i primi ingranaggi. Nel calderone già bolle un vero e proprio progetto da presentare ai partner culturali europei. Ma non prima di una anteprima che si svolgerà probabilmente a Cracovia i primi di ottobre, in occasione della conferenza di chiusura del progetto Space.
Percorrendo le vie calme, sgombre, poco illuminate e fresche di pioggia, attraversando quel fiume immenso sulla via dell’albergo, ti ricordi di essere lontano da casa, ma solo fisicamente. La lingua che stai parlando in questi giorni è un’altra, è vero, ma sai di esserti lasciato alle spalle una situazione di emergenza e fermento di cui, tornato in albergo e aperto il tuo laptop, non vedrai l’ora di ricevere le ultime notizie. Avere le idee chiare sulle pratiche e i modi di lavoro di una critica internazionale è molto complesso, soprattutto se, come nel tuo caso, sei con un piede in un paese che quelle pratiche e quei metodi li sta cercando proprio in questi giorni a suon di occupazioni, programmi e speranze di crescita. E sai che queste emergenze, in Italia, non riguardano solo la critica, ma l’intero settore. Ma se è sulla critica che ti si chiede di riflettere, di certo la tua opinione è chiara: una delle sue funzioni principali, fin dalla stessa etimologia della parola (dal verbo greco krino, separare, scegliere, dividere in pezzi) è di carattere conoscitivo. Testimoniare è il tuo mestiere. Raccontare quello che sta succedendo. E meno ne capisci, più ti senti utile, nel momento in cui vai in cerca delle parole per descrivere quella realtà. Una realtà di cui speri di riuscire a dar conto anche a orecchie che dell’Italia e della sua situazione culturale e politica sanno ben poco. E che Praga ti aiuti, perché davvero ti servirà una magia.
Sergio Lo Gatto