Che il Napoli Teatro Festival alla fine si sarebbe fatto lo si intuiva da subito. Un po’ com’è stato con il reintegro del FUS, la politica dei “contentini” avrebbe portato qui. Nonostante i rospi da ingoiare avessero stavolta avuto tempo di ingrassare a dovere. Per non infrangere il Patto di Stabilità, le società partecipate dalla Regione, in debito, erano state costrette a liquidare tutti i contratti a tempo determinato; esattamente quelli di cui vive un festival. Rachele Furfaro, allora direttrice della Fondazione Campania dei Festival, si è dimessa a pochi giorni dalla comunicazione del maxi-taglio (febbraio), mentre prima del giro dell’anno già Luca De Fusco saliva al trono dello Stabile di Napoli che fu di Andrea De Rosa. Ora a sostituire Furfaro scende in campo Caterina Miraglia, già assessore regionale alla Cultura. Poi, fuori il direttore artistico Renato Quaglia, dentro De Fusco. La nuova formazione è pronta a partire, presentando al pubblico il prodotto di una massiva azione di razionalizzazione culturale, nel tentativo di non deludere quelli che si aspettano il quarto capitolo di una saga. Se non altro per spirito di responsabilità.
A scandire l’incontro all’ultimo sangue tra il NTFI e i tagli (e la politica) che lo hanno decimato saranno due round, il primo dal 26 giugno al 17 luglio, il secondo dal 9 settembre al 7 ottobre. 33 spettacoli per un totale di 135 repliche nella somma delle due sessioni, tra cui uno a sorpresa, una mostra fotografica (Karen Stuke OPERA OBSCURA) e un laboratorio (Davide Iodice) e la consegna, prevista per l’8 settembre, del Premio Maschere del Teatro (che una volta erano i Premi Olimpici).
Il tentativo è quello di non intaccare, per quanto possibile, la caratteristica fondamentale del Festival, il mito di fondazione che lo voleva come una vetrina di produzione e coproduzione internazionale e allo stesso tempo come un evento della città e per la città. Saranno 19 i luoghi del festival, dalle sale più ufficiali ai sotterranei della Napoli preistorica. L’apertura è affidata alla prima italiana di Le Dragon blue di Robert Lepage, già protagonista al NTFI lo scorso anno con Lipsynch. Lo spettacolo di quest’anno è un seguito ideale della sua celebre Trilogie des dragons del 1985 (Le Dragon vert, Le Dragon rouge, Le Dragon blanc). Spazio alla danza, poi con Sécheresse et pluie-recreation 2011 firmato dal franco-vietnamita Ea Sola; Sacrificium-Victims of musical sensuality e Le sacre du Printemps del coreografo brasiliano Ismael Ivo (direttore della Biennale Danza) e Le trous du Ciel (in prima europea) ed Étude no. 1 (prodotto appositamente), coreografie della canadese Marie Chouinard.
Luca De Fusco dirige L’Opera da tre soldi di Brecht; Enrico Frattaroli rilegge Edipo con Hybris, pièce recitata in greco antico. Variazioni sul mito-femminile sotterraneo Arianna, Elena, Antigone avrà la regia di Bruno Garofalo e vedrà la luce nel Tunnel Borbonico, al proprio debutto come spazio teatrale mentre, in occasione del cinquantenario del romanzo omonimo di Raffaele La Capria, Claudio Di Palma dirigerà Ferito a morte-Preludio.
Non manca lo spazio dedicato al teatro che preferiamo (nei materiali indicato come “teatro dei giovani”), con Luigi De Angelis e Chiara Lagani [Fanny & Alexander] e il loro T.E.L. (acronimo di Thomas Edward Lawrence), dedicato a Lawrence d’Arabia; Lorenzo Gleijeses è il regista di A portrait of the artist a young man-Ritratto dell’artista da giovane; Mascia Musy è protagonista de La tana di Franz Kafka, regia di Francesco Saponaro; la napoletana Antonella Monetti presenta Otello e Iago, spettacolo montato su una barca a vela. Homunculus, il Nerone di Napoli è invece il titolo del lavoro scritto da Enrico Groppali con la regia di Paolo Castagna.
L’irlandese Declan Donnellan, figura di spicco della drammaturgia d’Oltremanica da più di dieci anni al lavoro con una compagnia di attori russi, arriva con The Tempest di Shakespeare; dal Giappone arriva il drammaturgo, regista e teorico Oriza Hirata con Tokyo Note. Sono prime assolute, invece, Cristiana Famiglia, scritto e diretto da Fortunato Calvino; Il ragù di Rosi Padovani per la regia di Giancarlo Cosentino; Faust o della bella vita di Sara Sole Notarbartolo e Saïd el Feliz ideato e interpretato da Thomas Germaine.
A chiudere il 17 luglio sarà il musicista Enzo Avitabile con Exeradati mundi, cantata scenica in 15 stazioni per coro, orchestra sinfonica e voce recitante. Il teatro di strada torna con Ramblas, spettacolo della Compagnia Taverna Est; A Day in the life della compagnia britannica Prodigal Theatre verrà presentato al Fringe2Fringe.
Si ripartirà poi dopo l’estate, dal 9 settembre con Trilogia quasi dantesca – opera teatrale sui colori scritta da Alessandro Taddei con 44 adolescenti palestinesi, turco-tedeschi, italiani e libanesi; La casa di Bernarda Alba di Federico Garcia Lorca, regia dello spagnolo Lluis Pasqual; Il sogno dei mille firmato da Maurizio Scaparro e La trilogia del male di Laura Angiulli.
Speriamo di poter vedere con i nostri occhi i risultati di questi movimenti. Le idee senza dubbio ci sono. Sarà che in condizioni di emergenza si pensa più in fretta e meglio. Parliamo di un budget passato dal 11.750.000 euro a 4.500.000. Chissà che la cifra giusta non fosse nel mezzo.
Sergio Lo Gatto
Vai al Programma del Napoli Teatro Festival 2011
Leggi anche: Napoli Teatro Festival 2011. Dalla chiusura al bando del Fringe. Rimarrà tutto uguale?
No comment.
Certo è difficile fare paragoni: una vecchia amministrazione bassoliniana smantellata (come altre) da un nuovo corso che non si prospetta migliore. La crisi, i tagli, tutto quello che volete.
Ma è anche certo difficile non farne, di comparazioni: un festival che si voleva al livello di Avignone o di Edimburgo e che, nel bene e nel male (fra gli spettacoli visti pochi meritavano), era riuscito a portare in Italia un po’ di attenzione internazionale (artisti, ma anche critici e programmatori) oggi si presenta, va detto fuori dai denti, l’ennesima piazza dell’autocompiacimento del vecchio teatro nostrano, perfettamente in linea con l’approccio del neodirettore quando fu allo Stabile del Veneto – forse rigoroso manager ma certo non brillante nelle scelte artistiche. E non si venga a dire di Lepage o altri grandi nomi, evidentemente appartenenti a slanci più datati delle nuove nomine (come organizzare appuntamenti simili in così pochi mesi?).
La direzione precedente certo mostrava le sue ombre, ma sono davvero curiosa di vedere, in questa epoca di tagli e di lamentazioni, come sarà spiegata l’idea del neodirettore di intitolarsi, grazie alla coproduzione fra festival e Mercadante (che pure dirige), una nuova regia – notizia curiosamente ad oggi scomparsa dal sito ufficiale della manifestazione, ma ben presente in tutte quelle testate che hanno dato spazio in rete alla presentazione della rassegna (e pure sul sito dello Stabile)