Premio Speciale Ubu nel 2009, la corsa all’eccellenza intrapresa da Primavera dei Teatri continua in questa dodicesima edizione. Il festival di Castrovillari è ormai tra i più rappresentativi di quell’affascinante e misteriosa creatura mutante che è il teatro contemporaneo in Italia, grazie anche e soprattutto alle ottime scelte del gruppo Scena Verticale. Il denso e interessante cartellone, ben sostenuto da enti e realtà locali e non, prende il via il 31 maggio con i pirati di Punta Corsara e il loro Il Signor de Pourceaugnac, che accosta il dramma di Molière alla farsa napoletana, seguito dal nuovo lavoro di Alessio Pizzech, Che disgrazia l’intelligenza!, una libera strizzata d’occhio ad Aleksandr Griboedov. Lo spazio alla critica viene aperto in un modo senz’altro particolare, con un progetto che negli ultimi mesi ha visto crescere il proprio successo, quello di Renato Palazzi. Goethe schiatta, regia di Flavio Ambrosini e testo di Thomas Bernhard, autore anche de Il presidente – ovvero ambizione odio nient’altro, firmato qui da Carlo Cerciello per il Teatro Elicantropo di Napoli, alla ricerca del ritratto del potere sullo sfondo degli anni di piombo tedeschi. Sacre-Stie è il titolo del lavoro con cui il siciliano Vincenzo Pirrotta mette a fuoco il delicato tema della pedofilia nell’ambiente clericale, mentre è da Napoli che arriva Frateme, in cui il giovane ma agguerrito Benedetto Sicca si misura con drammaturgia e regia attorno a scene di vita tra i rifiuti dell’oggi partenopeo. Radio Argo di Igor Esposito è un testo che prende le mosse dall’Orestea di Eschilo e si consegna nelle mani di Peppino Mazzotta, interprete e direttore di questa tragedia contemporanea. Rosario Mastrota scrive e mette in scena Fine, un monologo sulla solitudine voyeurista dei social network. E c’è grande attesa per il debutto del nuovo spettacolo della Compagnia Musella Mazzarelli: è una prima nazionale Crack Machine, crudo affresco della vita in carcere e del suo contrasto con una libertà che chissà mai se c’è davvero. Antonio Tintis mette in scena il testo di Maria Teresa Berardelli Il paese delle ombre, intorno al mondo cupo e problematico dell’orfanotrofio, mentre non potevano mancare i popolarissimi ricci/forte con Grimmless, la loro personalissima versione delle fiabe dei due fratelli tedeschi. Torniamo poi in Sicilia con il messinese Dario Tomasello, autore dei Patri ‘i famigghia, diretto da Roberto Bonaventura, per poi chiudere il programma con Un italiano a Macondo (scritto e diretto da Leonardo Gambardella) e La brocca rotta a Ferramonti di Francesco Suriano, a partire dalle parole di Heinrich Von Kleist. Questi ultimi due lavori, che si occupano strettamente del territorio calabrese, completano quello che sembra essere un programma completo.
Di certo è molta l’attenzione dedicata alla nuova drammaturgia. Questa parola di cui spesso si abusa e ancor più spesso si sente mancare la presenza trova spazio nel sole di Castrovillari a dimostrazione che forse qualcosa si può (e si deve) ancora fare per fermare l’attenzione sulle storie che il teatro racconta.
Ripartendo dalla pagina scritta? Non solo, ma di certo mettendo a frutto tanti bei discorsi intavolati in altrettanti convegni, ultimamente fiorenti come arance l’estate. Questo sì che va fatto, tornare a riflettere sulle potenzialità che ha il teatro di raccontare il contemporaneo, in una lingua che tutti comprendano e che, al contempo, faccia cultura.
Che la Primavera arrivi.
Sergio Lo Gatto
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