Sono tre le performance facenti parte del progetto K-O-Incidence, della compagnia Kataklisma, guidata da Evira Frosini, che aprono la seconda edizione di Ubu Rex al Teatro Arvalia di Roma. Costituito da una serie di performance realizzate sia in spazi teatrali sia in spazi non convenzionali, il progetto K-O-Incidence, come suggerisce il nome, si costruisce interamente sulle possibilità di deflagrazione dell’attività teatrale stessa della compagnia, che trova, in queste piccole opere, la possibilità di uscire dai meandri della propria produzione teatrale, di sviluppare liberamente e senza vincoli le tematiche collegate al proprio percorso di lavoro “tradizionale”, di fuggire dalla razionalità e ufficialità delle logiche di produzione, cercando di creare piccole occasioni di incontro e scontro, incidenze e coincidenze, appunto; visioni fugaci e rapide – talvolta rapidissime – per morbide epifanie. Ma, come si evince ancora una volta dal titolo del progetto, queste stesse incidenze sono destinate ad un deperimento immediato, ad una sconfitta (probabilmente interna al K-O che anticipa la parola Incidenze) ritratta in ogni singola performance. Spiragli di ironia e luce per un immediato decadimento nel buio, insomma, come solo spiraglio è la luce che illumina il corpo camuffato di Elvira Frosini in Can You Eat Me, performance scaturita dalla ricerca di una nuova produzione del 2011 incentrata sul tema del cibo. Vestita come una bambola di plastica, con tanto di capelli biondi e microvestitino, Elvira Frosini sta al centro del palco e, producendo continuamente fastidiosi rumori con la bocca (salivazione, masticamento, deglutizione), colpisce il pubblico con un fiume di parole vomitate una dopo l’altra. Sovralimentazione e ossessione del mangiare sono metafora della stessa fruizione spettacolare e dell’utilizzo della parola. Da un lato uno spettatore che chiede più di quanto potrebbe digerire, dall’altro un performer che sta sulla scena come scarto, spreco, che lega parole inutilmente, elenca cibi, festeggia il suo compleanno e ingurgita saliva. Quel che basta per accelerare i processi digestivi di uno spettatore famelico.
Più fugace e sentimentale la visione che accoglie il pubblico all’uscita del Teatro Arvalia. Nella performance Vetri, due performer (Giada Oliva e Simone Zacchini), al contempo sposi dell’Italia che fu e pulisci-vetri, appaiono dietro ad una vetrata interamente coperta di sapone, dunque iniziano a pulirla. Presto la visione, occultata dal detergente, sarà completamente libera e i due rimarranno silenziosamente a bocca aperta, come turbati dalla presenza del pubblico.
Meno riuscita Déjeuner, performance facente parte del progetto, interno a K-O-Incidence, Serie su bandiera, costituito da una serie di interventi che traggono spunto dall’utilizzo di tale oggetto e della sua portata simbolica. In uno spazio aperto, Oliva e Zacchini compiono una serie di movimenti lenti e precisi alle spalle di una bandiera italiana distesa per terra. Presto, la stessa bandiera diventerà una tovaglia da pic-nic, accogliendo i corpi dei due performer, come due amanti. Mentre un fischio assordante si distende nello spazio, il movimento dei corpi e la loro interazione con la bandiera segno, lascia emergere frammenti, contraddizioni e luoghi comuni della cultura italiana, tra mitra, rose rosse, valigette in stile Il Padrino e bouquet da matrimonio. Ma l’ironia custodita in tali immagini – probabilmente perché poco estesa nel tempo – non riesce a trovare il giusto equilibrio nell’azione performativa e occultando la valenza critica della performance, finisce per renderla fin troppo didascalica nei confronti dei temi trattati.
Matteo Antonaci
vista il 10 Marzo 2011
Teatro Arvalia
Roma