Sono le parole, a dare senso all’accadere, a rammentare i fatti, a tramandarne l’intima discendenza. L’avventura di Massimo Paganelli ad Armunia, in quattordici anni, ha avuto in dote tre parole su tutte: lo stupore, il silenzio, la visione.
Dello stupore mi ha ricordato uno spettacolo visto l’ultima sera che sono stato a Castiglioncello per questo festival fuori stagione ma che è forse di più, di un’intera stagione in certi teatri affannati a ripetere schemi vecchi come le loro pareti: Bustric, che all’anagrafe si chiama Sergio Bini, ma fosse per lui illusionista e prestigiatore farebbe scomparire e cambiare segno anche all’anagrafe, inizia il suo spettacolo dicendosi stupido, che vuole salvare la sua stupidità perché stupidità viene dallo stupore e questo è un valore inalienabile del teatro e della vita che, non smetterò mai di dirlo, sono la stessa cosa.
Del silenzio mi sono ricordato passeggiando nella boscaglia del Castello Pasquini, in uno dei rari momenti senza il diluvio universale: quel silenzio fermo e germinale, quell’aria di gestazione che invece non è ferma nemmeno un po’ ed è un libeccio forte in giorni così, meno pronunciato d’estate, ma sempre è un vento ricco che sa portare fermenti e idee, pensieri e valorose azioni. L’arte, insomma. Dunque la vita.
Della visione me ne faccio portatore io, di continuo. Ma la mia visione è parziale e dipende dal posto dove nasce, è figlia di un luogo, lo spazio che guardano gli occhi muove gli occhi alla percezione dello spazio stesso: quando sono fuggito dalla scatola di legno in cui sono entrato dentro i sogni di Roberto Abbiati (leggi l’articolo), fuggito per fermare nelle parole il mio incanto, ho sentito il farsi di una visione, creato il mio sogno da un sogno altrui: ecco l’accadere che mi coinvolge con la sensibilità, mi fa entrare dentro altre vite attraverso l’arte. Per questo posso dire che sono la stessa cosa.
Stupore, silenzio, visione. Massimo Paganelli è stato per Armunia l’inventore di un sogno: io me ne sono stupito, ne ho goduto il silenzio creato, ho creato nel suo sogno il mio, la mia visione. Speravo in un colpo di scena alla fine di questo Inequilibrio.10, l’ultimo dell’era Paganelli. L’ho visto al mattino dell’ultimo giorno, nella sala riunione, presenti tutti artisti direttori politici appassionati, l’ultimo colpo di coda di Massimo Paganelli: una mattinata di interventi di ogni genere, di tutti i presenti, poi alla fine è lui a dire, verso l’uomo da ore silenzioso a sé di fianco: “signore e signori: Andrea Nanni”. Applauso, emozione, per l’uomo cui chiedo ancora stupore, ancora silenzio, ancora quella visione che gli nasce dallo sguardo di testimone attento prima che essere nuovo direttore di Armunia: Andrea Nanni parla con voce ferma, si emoziona, mi emoziona, sento di nuovo scorrere l’incanto e il conflitto che sono le parole cui riconosco la sinonimia al teatro, sento nascere una nuova visione che è spinta emotiva, l’unica capace di far saltare l’equilibrio e farlo tornare ad essere ancora – di nuovo – un precario e più stabile di uno Stabile, incantevole Inequilibrio…Comincia da qui una nuova avventura, questa volta senza macerie ma nella continuità: è questa l’ora, di Armunia anno zero.
Simone Nebbia
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