La tradizione non ha confini, così ogni modo di agire teatro si scioglie prima o poi nel racconto più semplice, più intimo e personale, anche cercando volutamente una via squisitamente biografica. Per questo, se i nostri “grigi” raccontano il fascino dei loro anni alle nuove generazioni, chissà parlando di guerre partigiane o già di lotte studentesche, non è diverso il fascino che abbiamo di fronte a questo A life in three acts di Mark Ravenhill, spettacolo proposto in prima nazionale a Prospettiva 2 di Torino, che definirei dedicato, donato alla prova d’attore sopra le sue cose, la sua memoria, di quella straordinaria interprete del teatro anglosassone e non solo che è ancora Bette Bourne.
Il testo è frutto di conversazioni private fra l’attore e il regista, la scelta di farne uno spettacolo è intimamente connaturata all’impossibilità di fare diversamente, quando a conversare sono un attore e un regista, quando poi sono proprio una delle più grandi performer e attivista del movimento di liberazione gay del dopoguerra e uno dei più importanti drammaturghi del mondo, il risultato non può che essere di alto livello. Decisamente importante è il percorso dello spettacolo: in origine aveva una durata di tre ore (tre atti di teatro per tre atti di vita, di un’ora ciascuno) e l’intervista era rappresentata, proprio in scena, con la presenza anche di Ravenhill munito di cartellina. Quindi ne era rispettata la spinta emotiva primaria. Ora, con le tournèe e l’impegno grande di tre ore di spettacolo, la necessità ha dovuto ridurlo ai novanta minuti, senza più Ravenhill e con una correzione di drammaturgia determinante, demandando all’attore uno sforzo enorme di calata in sé stesso, una sorta di tuffo nei propri ricordi che sono anche del performer in scena, ossia un testo fatto del proprio testo di vita, quindi si mescolano qui biografia e memoria, sobrietà ed esuberanza, pubblico e insieme privato.
La scelta biografica paga oltre le aspettative, anche perché immediatamente dichiarata dalla richiesta d’applauso all’entrata in scena; questo rende forte un testo fatto di ricordi e colori, di fotografie e suggestioni, in fondo non diverso da tantissime calate biografiche, invece qui il racconto si ammanta di una stoffa pregiata e si scalda con l’eleganza della maestria, dell’anima soffiata nella scena che lascia una sensazione riposata e distesa, ariosa, una vita vissuta pienamente e raccontata, oggi, senza alcun rimpianto, con straordinaria autoironia. L’unico rischio è quello di restare uno spettacolo d’occasione, figlio di una esperienza e quindi esplicitamente soggettivo. Ma è la purezza a salvare tutto, del racconto e di quella ostentazione sincera che genera la sorpresa dell’appartenenza diretta alle esperienze altrui. Qui il soggetto si fa oggetto, quell’uomo che racconta si fa l’uomo: nasce qui questo racconto di una scoperta, di una educazione alla libertà che non è mai scontata ma è dentro le scelte, nei rapporti, nella misura della nostra umanità.
Simone Nebbia
visto il 19 ottobre 2010
Cavallerizza Reale, Manica Corta – Prima nazionale – Prospettiva 2010
Torino
in scena fino al 20 ottobre 2010
Leggi anche la presentazione di Prospettiva 2010
A LIFE IN THREE ACTS
scritto da Bette Bourne e Mark Ravenhill
con Bette Bourne
regia Mark Ravenhill
London Artists Projects Production (Gran Bretagna)
Durata 1h 40′
Spettacolo con soprattitoli in italiano