Il suo lavoro si articola attraverso un simbolo preciso: un metronomo che ne articola il movimento e, dunque, la drammaturgia. Tuttavia, nonostante la tecnica efficace di ricerca di plasticità ed eleganza, resta nell’esercizio e il ritmo di questa ottima tecnica non stimola un interesse ulteriore, decretando del surrealismo il sentore ma non l’urgenza. Simone Nebbia
Se la performatività intesa come gesto drammaturgico del corpo è stata presente in tutti i lavori selezionati dai visionari di Kilowatt, la danza come linguaggio e visione estetica dello spazio scenico ha avuto un ruolo altrettanto determinante. Ecco allora che nell’ultima serata facciamo la conoscenza di Massimo Zenga, artista capace di affidarsi non solo al gesto danzato, ma anche a seduzioni mimiche non prive di ironia. Accattivante nell’incipit, dove Zenga affida il proprio corpo a un metronomo che scandisce non solo la ritmica del gesto, ma ingabbia anche l’anima in una profonda solitudine, nel proseguo lo spettacolo abbandona un’idea centrale per diventare una serie di occasioni teatrali poco efficaci se non in qualche sprazzo. Andrea Pocosgnich