Nella penombra lieve e densa Angelini costruisce uno scarto d’umanità dove uomo non è più. Il tocco di luci, suoni e coreografia è atto fecondo e germinale di intensità espressiva, il cui più alto risultato è trasformare l’uomo in altro uomo, la vera mutazione antropofaga di questa epoca dell’umanità. Forse manca un cardine detonante più chiaro che penetri un’estetica a volte aerea, ma il lavoro è di ottima pulizia e ineccepibile sul piano tecnico. Simone Nebbia
Catturare solo l’angoscia di Kafka, scarnificare l’idea drammaturgica fino a ottenere solo un uomo che come un insetto si agita dentro una teca di vetro. Cristallizzare il tempo del mutamento nel tempo della performance. Con questo ultimo lavoro su Città di Ebla vede nel realismo visivo un complemento all’incubo interiore. Tutto il resto rimane fuori dalla perfetta camera, non è più il mondo di Gregor, è la voce nemica del padre chiusa in una segreteria. Poi la mutazione diventa reale sciogliendo la nostra incredulità, ma è il passaggio di uno studio, non sappiamo se rimarrà nella versione definitiva. Andrea Pocosgnich