Installazione in spazio teatrale. L’intento è quello di stimolare la sensibilità attraverso la creazione di immagini visive e sonore, complessivamente una città e voci di abitanti e vita comune. La casualità – obiettivo dichiarato – non persuade di qualità effettiva per l’inaderenza totale a un corpo concettuale preciso. Quindi intangibile l’esperienza che sul piano emozionale forse sa dire, ma non su quello contenutistico. Da ricordare il racconto che Paul Auster fa di Kafka. Bello ma sembrava essere lì per tappare una falla drammaturgica. Simone Nebbia
Dell’ ultimo lavoro, come per gli altri d’altronde, si è parlato molto nelle nostre appassionate riunioni tra artisti, visionari e fiancheggiatori, riunioni che tra l’altro possono diventare il prototipo laboratoriale di un piú ampio studio sull’interazione produttiva di questi tre elementi. Bios Unlimited di Office for a Human Theatre (Filippo Andreatta, Francesca Bucciero) si pone difronte al nostro sguardo con la stilizzazione di una cittadina, bianche case di legno sono inondate da un torrente in piena di musiche, suoni, parole, luci e proiezioni. L’attenzione del pubblico è messa a dura prova, vi è sempre in questi casi la volontà da parte dello spettatore di ricomporre il puzzle e rendere intellegibili i singoli elementi, solo alla fine ci si accorge che è la visione d’insieme ad avere un’ utilità emozionale. Semmai il dubbio rimane sulle modalità di fruizione. Passati alcuni minuti la frontalità di Bios Unlimited, forse nel tentativo di guidare la l’attenzione, rischia invece di soffocarne gli spunti percettivi che verrebbero attivati attraversando l’installazione scenica.
Andrea Pocosgnich