HomeIn evidenzaBando Premio Linutile del Teatro 2010, in scadenza al 30 giugno

Bando Premio Linutile del Teatro 2010, in scadenza al 30 giugno

premio-linutile-del-teatro-2010La fine della stagione teatrale in corso, le decine di festival e rassegne che stanno per iniziare ed affolleranno la nostra estate teatrale, i teatri che presentano le stagioni 2010/2011, insomma abbiamo avuto e stiamo avendo tanto di quel lavoro nel seguire questi eventi che quasi ci dimenticavamo della sezione Opportunità lavorative, per rimediare ecco qui pronta la seconda edizione del Premio Linutile del teatro.

E’ un concorso ancora giovane, ma che presenta alcune note interessanti. Il premio (in scadenza il 30 giugno) si prefigge il compito di trovare 5 compagnie teatrali professionali che da fine ottobre a fine novembre presentino degli spettacoli presso il Teatro de Linutile in Via Agordat 5 a Padova. Nei 5 giorni della rassegna gli spettacoli saranno valutati da una giuria composta da pubblico generico e giovani che si formano nel settore delle arti e/o della comunicazione, al vincitore andrà il premio di 2000 euro e la possibilità di girare nella regione Veneto con lo spettacolo. Fino a qui non sembra esserci nulla di strano rispetto ai premi che solitamente si svolgono per tutta la nostra penisola, ma gli organizzatori hanno ristretto il campo tematico della rassegna a spettacoli che siano realizzazioni contemporanee di testi classici (dal teatro greco fino a quello dell’Ottocento) dando così una connotazione particolare e interessante al concorso.

Segnaliamo però anche una nota dolente: tra le consuete condizioni di ammissibilità (ad esempio: durata degli spettacoli inferiore ai 75 minuti, numero attori da 2 a 6) gli organizzatori ne hanno infilata una davvero antipatica, “gli attori partecipanti dovranno essere diplomati presso una scuola d’arte drammatica di rilevanza nazionale o aver esercitato attività scenica professionale”. Questa clausola ci stupisce non solo perché discrimina coloro che hanno optato (che sia scelta o costrizione) per metodi di studio alternativi alle accademie (corsi universitari, seminari, laboratori, scuole non riconosciute, autodidattica), ma anche perché nella seconda parte, tra l’altro molto ambigua, si esclude proprio quelli che non sono riusciti ancora a “esercitare un’attività scenica professionale”. Chissà che questa condizione, come la tematica della rassegna, non sia volutamente un retaggio culturale dell’ Ottocento?

Andrea Pocosgnich

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