Mentre il Teatro di Roma ha già presentato il calendario spettacoli del 2010/2011, ma deve ancora annunciare il suo prossimo direttore artistico, voci di corridoio danno Barbareschi per vincitore su nomi quali De Fusco o Insegno, quest’ultima voce sembrava più uno scherzo, ma neanche così improbabile in questo nostro bel paese, il Teatro Valle ha lasciato di stucco la concorrenza scoprendo, nella conferenza stampa tenutasi il 25 maggio, le carte della prossima stagione.
Vi assicuriamo che la sorpresa è reale. Già nella scorsa stagione la sala gestita dall’Eti aveva attuato una piccola rivoluzione strutturando il proprio cartellone attraverso una serie di “monografie di scena” che davano la possibilità al pubblico non solo di assistere alle ultime produzioni di una determinata compagnia o artista, ma di ripercorrerne il percorso tramite repliche di spettacoli quasi impossibili da trovare, così abbiamo ammirato il teatro di Emio Greco, Jiří Kylián, Gabriele Vacis, Emma Dante, Scimone e Sframeli. Questa scelta, che tra l’altro ha trovato un favorevole riscontro di pubblico, con un notevole aumento delle presenze, ritorna nella programmazione di quest’annno con ancora più coraggio rispetto alla passata stagione.
Oltre alle monografie che si estendono in un raggio d’azione eterogeneo (o “cerchiobottista”, fate voi) partendo dal lavoro di Fabrizio Gifuni insieme a Giuseppe Bertolucci su Gadda, Pasolini, Pavese, Dante, arrivando all’ultimo Premio Ubu Walter Malosti, passando per il Teatro Ragazzi di Emma Dante, arrivando negli estremi territori della ricerca del Teatro delle Albe (insieme a una retrospettiva porteranno la nuova creazione drammaturgica di Marco Martinelli, Rumore di acque) per poi tornare nei ranghi con la celebrazione di Franca Valeri e il lavoro su Pirandello di Vetrano e Randisi, continuando con la scrittura Premio Siae-Agis-Eti di Vittorio Moroni, La terza vita, il teatro di Serena Sinigaglia nel suo decennale lavoro tra drammaturgia classica e contemporanea, il Valle inoltre presenterà una sezione speciale a Ottobre, chiamata i Maestri della scena.
E’ qui che troveremo artisti come Remondi e Caporossi, Peter Stein e Bob Wilson, i primi presenteranno in prima nazionale, l’ultimo progetto, Ineffabile, il regista tedesco porterà lo spettacolo vincitore del premio Ubu I Demoni e l’artista inglese i suoi ultimi due lavori su Shakespeare, Krapp’s last tape (L’ultimo nastro di Krapp) e Giorni felici con Adriana Asti. Spettacoli insomma (nel caso di Stein e Wilson) di altissimo livello e successo che ancora, chissà per quali motivi, non erano riusciti a trovare possibilità di replicare a Roma. Lo stesso discorso vale per la monografia dedicata a Ferdinando Bruni ed Elio de Capitani: il Teatro dell’Elfo finalmente riuscirà a portare il secondo episodio di Angel’s in america, spettacolo che ha letteralmente riempito, con il suo primo episodio, il Teatro India due stagioni fa (la mancata prosecuzione di questo progetto da parte del Teatro di Roma rimane una delle maggiori occasioni mancate). Oltre a Angels in America, che verrà proposto anche nella versione completa, i due presenteranno la prima di Red, testo di John Logan su Mark Rothko. Più istituzionale è invece l’appuntamento con il centenario dalla nascita di Diego Fabbri, l’Eti affida alla regia di Maurizio Panici il classico Processo a Gesù e il meno conosciuto I testimoni a Claudio Cinelli.
Parliamo insomma di un mix apparentemente riuscito tra ricerca storica (con le Albe, Wilson, Rem e Cap e Stein) e di compagnie o artisti del momento (come Bruni, De Capitani e Malosti), mancherebbe solo un coraggioso tentativo di confronto con la nuovissima generazione, quella che in parte sta ereditando il lavoro della Montanari e Martinelli per intenderci, quella che ha animato Teatri di Vetro e proprio al Valle sarà protagonista (solo fuori stagione) dei Teatri del Tempo Presente. Ma ormai il virus è già in atto e pian piano ci auguriamo prenda definitivamente possesso del corpo teatrale infettandolo con la sua vivacità, dando così anche al grande pubblico la possibilità di innamorarsi dei nuovi linguaggi.
Andrea Pocosgnich