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Sineglossa – Primi passi di un’eresia

sineglossa-eresiaLa qualità prima degli studi, ossia dell’apertura al pubblico delle varie tappe di costruzione di uno spettacolo teatrale, è sicuramente quella del confronto. Sineglossa utilizza questa pratica all’interno di Teatri di Vetro 4 per lanciare dei piccoli semi, pochi frammenti visivi che costituiscono la prima base del progetto Eresia, con il quale il gruppo intende indagare la figura di Giovanna D’Arco. Sul palco di un piccolo teatro, i Sineglossa costruiscono un ambiente tetro e buio composto da colonne di metallo che allontano lo spettatore da una stanza nella quale avviene uno strano scambio linguistico tra un uomo e una donna. Lei, Jeanne, ha due matite inchiodate nelle mani, i capelli corti e sbarazzini, un paio di Sneakers e l’aria di una ragazza fragile il cui corpo si ribella ad uno spietato ammaestramento. Lui è un agiografo dalla voce cupa, ma allo stesso tempo il regista che controlla le parole di questa attrice/martire e la costringe a spietati giochi linguistici, cerimonie sataniche ed eretiche, preambolo di un’imminente condanna al rogo.
Ad avvolgere questo dialogo ambiguo è il buio, interrotto dai lampi di luci gelide che illuminano i volti, le mani, le gambe, frammenti di corpo. Nell’oscurità carne e voce si dissolvono, vagano per lo spazio in maniera rapida e animalesca: Jeanne si lancia sulle colonne per scorticarle con le sue stesse mani, frammenti di luce illuminano come lampi i suoi movimenti e disegnano linee e lettere sul metallo. Poi, entrata nella sua stanza, la fanciulla afferra un nastro bianco e, avvolgendolo intorno alle colonne che la custodiscono, crea un triangolo sul cui vertice appare la scritta Jeanne D’arc.

Con questa prima tappa dal titolo La fabbrica delle parole, Sineglossa studia l’interessante intersezione tra apparato testuale e apparato visivo creando un rapporto dicotomico in cui entrambi i linguaggi sembrano seguire percorsi simili ma non assimilabili uno all’altro. Certo, le parole perdono talvolta di musicalità e accompagnano la scena in maniera straniante o didascalica – col rischio di impoverire il timbro orrorifico del racconto -, ma allo stesso tempo disegnano il destino della protagonista, cadendo sul suo corpo come condanna. Il lavoro sulla luce, caratteristica peculiare degli spettacoli di Sineglossa, è uno degli elementi più interessanti di questo studio in cui le immagini appaiono e scompaiono come frame impazziti, miraggi improvvisi già pronti ad essere assorbiti nell’oscurità. Gli elementi artigianali costruiscono una scatola scenica che, lungi dall’essere semplice apparato scenografico, diviene elemento drammaturgico, prigione in cui si perdono corpo e anima, parola e movimento e in cui annega lo sguardo dello spettatore. In questa piccola stanza degli orrori, in questo mondo dark fatto di legno e metallo, il rischio verso cui corrono i Sineglossa è di ricalcare troppo l’estetica teatrale della compagnia romana Muta Imago tanto nell’utilizzo dei materiali quanto nei metodi di costruzione drammaturgica. Ma dai semi di Eresia sembra sbocciare una cifra stilistica personalissima, e questo piccolo trailer teatrale appare come un gioiello il cui compito è quello di affascinare e ammaliare lo spettatore.

Matteo Antonaci

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