E’ vero che Shakespeare in generale, e soprattutto con Amleto, può essere un contenitore fenomenale di narrazioni contemporanee, se lavorato dalle giuste mani allo stesso tempo può risultare materiale incandescente pronto a prendere qualsiasi forma. Quest’anno, ne avevo già incontrati due di principi di Danimarca sulla mia strada, dopo le le astrazioni fiisiche di Roberto Bacci e quelle rinchiuse nei misteri iperclaustrofobici dell’inconscio creati dal Teatro del Carretto, ero aperto a qualunque possibiltà pure a questa di Fortunato Cerlino che va ad incrociare il personaggio shakespeariano con il burattino creato da Collodi e allora eccomi qui al Teatro Casa delle Culture, piccolo, ma gradevole, spazio trasteverino.
E ci sono entrato con le mani avanti pronto anche ad approfittare dei dettami flaianei per lasciarmi prendere dalle dolci braccia di Morfeo qualora ce ne fosse stato bisogno, bhè capirete era il terzo Amleto della stagione e neanche l’ultimo, e invece niente di tutto ciò. Morfeo lo caccio via subito e mi accorgo con piacere che c’é ancora spazio per lo stupore. Dopo un prologo, ironicamente giocato nella finta declamazione, ecco le due guardie testimoni dell’accaduto metafisico, uno di loro ha una chitarra, appaiono come due musicisti vagabondi ed è nel loro napoletano, a tratti solo accento, a tratti lingua a sé, che si sciolgono i versi del Bardo, saranno loro due (Roberto Cardone e Leonardo Gambardella), coppia comica e surreale, i Rosencrantz e Guildenstern e naturalmente il gatto e la volpe dello spettacolo.
E un lavoro quello di Fortunato Cerlino che si muove su stratificazioni multiple: sia dal punto di vista drammaturgico, per la sovrapposizione con la vicenda collodiana, sia per i diversi cromatismi dialettali con cui nell’ispirata traduzione di Valentina Rapetti Urbinati il testo viene enunciato e sia per le differenti recitazioni che gli attori adottano.
Assistiamo così a un Amleto (ben concepito da Luchino Giordana in quasi tutte le sfumature) costantemente alla ricerca del proprio padre, e qui sta il punto di congiunzione con Pinocchio, un giovane contemporaneo (anche abiti e scene d’altronde lo sono) figlio di una regina bellissima (Valentina Valsani) e con uno zio dall’accento pugliese (Antonio Lanera) che sembra non aver colpe. Nell’ora e mezzo di spettacolo con vivida fantasia Cerlino intreccia le possibilità fisiche, verbali e iconiche del testo, fa apparire, dopo l’emblematica voce off di Geppetto, la visione del padre mentre nel letto, elemento scenico e simbolico centrale, la madre lascia possedersi dallo zio palesando così la violazione del sacro talamo nuziale per poi incarnare (con possessione soprannaturale stavolta) proprio lo spirito del padre ucciso e parlare ad Amleto; una costruzione insomma che appare sempre alla ricerca di soluzioni più o meno affascinanti senza il timore di inciampare in trovate non sempre riuscite, vedi la scena con gli spettatori indicati come gli attori che dovrebbero mettere in scena la recita che smaschera l’assassinio, oppure il tentativo di bucare la cosiddetta quarta parete proprio con gli zecchini di pinocchio consegnati nelle fredde mani di uno spettatore in prima fila, però è nel rischio che si misura l’artista e allora proprio nel momento in cui mi chiedevo dove potesse andare a chiudersi questo esercizio di stile, che pur nella sua ricercata impostazione ed esecuzione rischiava di divenire un pozzo senza fondo di occasioni teatrali disconnesse tra di loro, sul finale ecco la sintesi che da sola vale il prezzo del biglietto già nella propria concezione, quel coupe de theatre che ti aspetti solo dai grandi maestri e allora è Amleto, ma è anche Pinocchio, che ritrova il babbo e dinnanzi alla flebile fiamma di un fiammifero soffia via il proprio dramma evitando uccisioni e spargimenti di sangue che comunque avverranno o già sono avvenuti nel cuore di quella fiammella.
Andrea Pocosgnich
in scena fino a maggio 2010
Casa delle culture
Roma
IO NON CONOSCO SEMBRA
da HAMLET di William Shakespeare e PINOCCHIO di Carlo Collodi
progetto drammaturgico regia e spazio scenico FORTUNATO CERLINO
con Roberto Cardone, Leonardo Gambardella, Luchino Giordana, Antonio Lanera, Valentina Valsania, Massimo Zordan