Una generazione. I trentenni di oggi hanno negli stabilimenti Ikea il luogo simbolo del loro senso dell’alienazione, dell’inutilità alla creazione, all’evoluzione del mondo. Sembra che in quest’epoca la generazione creatrice, che possiede le energie per segnare il passo evolutivo, non ne abbia invece le forze. Tutto questo è perché è impedita loro una stabilità esistenziale – non solo economica, sociale – davvero legata alla presenza particolare nell’universale. Da bambini sono/siamo cresciuti accatastando mattoncini Lego, ora sempre dalla Scandinavia il gioco edilizio degli stessi, fatti grandi: Ikea. Dietro di ciò, lo stesso senso di una costruzione in continuo disfacimento. Qui il sentimento che ha portato Lisa Nur Sultan, autrice e regista assieme ad Emiliano Masala, alla creazione di Brugole, spettacolo tra i vincitori di Nuove Sensibilità 2008, in scena per Leonardo Maddalena ed Elisa Lucarelli, insieme allo stesso Masala.
L’articolazione dello spettacolo è assai godibile, un testo fresco che riesce a trascinare con una semplicità non banale; questa immediatezza trova un lieve impedimento forse in una recitazione un po’ eccessiva, sopra le righe, ma qui si entra nel campo del gusto estetico, non certo nella funzionalità di uno spettacolo: tutto ruota attorno a un mobile Ikea, la sua alterabilità di costruzione, la sua mutevolezza per soltanto l’uso di brugole e bulloni, diventa rapidamente il simbolo della loro precarietà esistenziale, mai davvero convinti delle loro scelte che non sapranno, e come del resto, essere o meno determinanti. Così si rincorrono, si accettano fino a distanziarsi, a riconoscere quanto potente è l’influenza della situazione sociale sulla felicità individuale, o di coppia.
L’intero spettacolo ha il pregio di correre via facilmente con una leggerezza davvero incisiva, che tuttavia non perde mai in eleganza e mai cede alla trivialità; l’uso della scena a fini drammaturgici è però forse il dato che più colpisce, dove si nota maggiormente la compromissione delle intelligenze, di una qualità troppo spesso in disarmo come la fantasia, di nuove e sempre dense soluzioni. Garbo e stile ne sono elementi cardine, dunque, e un ritmo furente, cui come detto avrebbe giovato forse qualche pausa. I due attori si scambiano grande energia e mostrano una sintonia puntuta, Leonardo Maddalena ha una versatilità davvero convincente, Elisa Lucarelli una vitalità esplosiva che non può non contagiare.
C’è però una pecca che trovo determinante: all’arrivo del personaggio risolutivo, il signor Brugola (Masala), c’è una evidente difficoltà drammaturgica, un debito moralistico che spegne la freschezza, in cui si cerca di sciogliere troppo rapidamente un finale frettoloso e meno appuntito di tutta la prima parte. Ed è un peccato. Perché la drammaturgia è intelligente, diverte divertendosi e si costruisce e decostruisce come il mobile da assemblare, ha una gradevole genuinità con un obiettivo chiaro in mente e la voglia di renderlo senza concettualismi, aggirando e anzi riusando il luogo comune. Ma il senso ultimo è poco prima di questo finale, nel momento che cioè considero tale: i pezzi sfaldano il loro senso, non si capisce più il verso di assemblaggio, tutto si fa confuso in questa vita senza istruzione certe, palese si fa la loro instabilità, espressivo il loro non intendersi, celato da mille edifici diversi e mai lo stesso, l’unico che forse li avrebbe – o ci avrebbe – portati in salvo.
Simone Nebbia
visto il 18 marzo 2010
al Castello Pasquini – Inequilibrioesploso [vai all’aricolo sul Festival]
Castiglioncello (LI)