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Nemico di classe: Massimo Chiesa e i giovani violenti di Nigel Williams

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Se prendeste sei ragazzi violenti, disadattati, abitanti di un quartiere di periferia abbandonato da Dio, risultati insomma dell’abominevole parto di un piano regolatore che immola alla triade denaro, calcestruzzo, potere la possibilità di dare una vita serena agli abitanti di quella lingua d’asfalto, ecco se prendeste sei di quelle teste oggi, ben assortite, e le metteste in una classe vuota, sicuramente il risultato non sarebbe lontanissimo dalla messa in scena di Massimo Chiesa. Nemico di Classe di Nigel Williams pur essendo un testo scritto alla fine degli anni ’70, il Teatro dell’Elfo lo mise in scena nell’83, mantiene intatta la sua forza, il suo messaggio.

Chiesa ha ben compreso e incanalato l’energia accumulata nelle parole di Williams e con sette attori della sua The Kitchen Company affronta il testo proprio per evidenziare il malessere presente tra alcuni dei giovani di oggi cosciente che la violenza protagonista nella gioventù a noi contemporanea è la stessa violenza, è lo stesso sentimento di odio e abbandono che i personaggi di Williams provano, non è diminuito è solo amplificato e regolato dal mercato.

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La scelta del testo non è poi tra quelle che i registi utilizzano per andare sul sicuro e fare cassa, infatti la replica in cui mi sono imbattuto lasciava mezza platea vuota, al primo impatto chi non conosce il testo può incappare in una proustiano ricordo di sensazioni anni ’80-90, di film e telefilm americani dove sgherri con indosso il chiodo e gli anfibi mietevano terrore tra banchi di scuole pubbliche abbandonate al proprio destino. Ma attenzione il testo di Williams è ben altro e Chiesa ha ben evidenziato gli squarci di poesia nella violenza.

Sulla scena creata da The Kitche Company è visibile una vera e propria classe di una ipotetica scuola superiore, a terra c’è di tutto, i banchi sono sistemati disordinatamente, le tre pareti della scena sono come un’enorme lavagna completamente ricoperta di amenità, insulti battute, riferimenti erotici o razzisti sono sullo stesso piano. Dal soffitto penzolano veri e propri neon tipici dei locali pubblici, a dire la verità un po’ fastidiosi alla vista. In questa prigione si muovono i personaggi di Williams interpretati con efficacia, forza, immedesimazione e umanità da Luca Avagliano, Gabriele Bajo, Nicola Nicchi, Daniele Paisi, Giovanni Prosperi e Giorgio Regali. Per più di un’ora e mezza di spettacolo gli attori animano la scena dilatando i tempi e trovando ritmi di dialogo e di movimento sempre intensi facendo così dimenticare al pubblico che in quella piéce non sta succedendo proprio nulla.

La forza della creazione di Williams sta proprio nel vuoto che implode. Il dramma, senza mai sfociare nell’assurdo beckettiano, congela la realtà rendendola ancora più tremenda. Ed è qui che si inserisce la regia di Chiesa, nella volontà di percorrere la via del realismo ostinatamente e alcune volte forse in modo esagerato, vedi la rissa con tanto di sangue, le luci bianche dei neon, e il tempo della rappresentazione che è costantemente quello della realtà senza subire interruzioni ellittiche o invenzioni di sorta, ma in arte percorrere la propria strada sino in fondo paga e il pubblico apprezza. I  ragazzi sono stati abbandonati, nessun professore vuole più avere niente a che fare con loro, ma attendono ancora che il mondo degli adulti venga a salvarli, ad insegnar loro qualcosa, la coscienza di essere rimasti soli li rende ancora più violenti. Le ore passate in classe insieme diventano allora sperimentazione di un microcosmo sociale, ci si addestra al comando, alla sottomissione del prossimo, a celare paure, sentimenti, ma si cerca anche di capire. Tra una zuffa e una battuta demenziale i sei organizzano un gioco, ognuno deve insegnare qualcosa, ognuno per cinque minuti deve tenere lezione. È una discesa all’inferno, qui ogni ragazzo svela le proprie debolezze, i drammi familiari che li hanno plasmati, le paure indotte, come quella per lo straniero (il rumeno causa di tutti i mali) ma allo stesso tempo si riesce anche a insegnare a fare una torta di carciofi o a far nascere un geranio.

Andrea Pocosgnich
redazione@teatroecritica.net

in scena
fino al 7 marzo 2010
Teatro Italia
Roma

Vai alla scheda spettacolo con le note di regia e il cast completo

Prossime date:
30, 31 Marzo 2010
Brescia- Teatro Sociale

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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