In scena, nel piccolo spazio (forse troppo per contenere tutta l’energia di CK Teatro) della Sala Artaud del Teatro Orologio, ci sono i segni dell’idroscalo di Ostia: paratie d’alluminio, reti metalliche, un prato finto, un bidone di quelli per rifiuti industriali e la portiera di un’auto. A sinistra, mentre il pubblico occupa ogni spazio disponibile, c’è già uno strana figura seduta, capelli raccolti, sguardo verso il vuoto e indosso un vestito dalla foggia bizzarra o quanto meno fuori contesto, più adatto a un Amleto che a uno spettacolo su Pasolini.
Con Que reste-t-il de nos amours? entra in scena colui che dovrebbe essere il nostro narratore, porta con sé una vecchia radio, dei pantaloni anni 70 a zampa d’elefante e una camicia aperta sul petto, sulle vocalità di una cadenza romana ormai sparita comincia il suo racconto, quello sulla morte di Pasolini. Sull’uccisione di uno dei poeti e registi più importanti del secolo scorso si potrebbe dire e si è detto molto facendo rientrare tranquillamente ogni ipotesi nella sfera della razionalità e lo spettacolo di CK Teatro in scena fino al 28 febbraio all’Orologio parla anche di questo, risolleva la piaga infetta analizzando le ipotesi. In primis quella del processo che ha visto condannato Pelosi, poi l’ipotesi di un’altra automobile che avrebbe seguito lo scrittore e il suo “ragazzo di vita” fino all’idroscalo e poi la ritrattazione di Pelosi, l’ipotesi dell’omicidio fascista o addirittura (e di conseguenza) i mandanti politici. Leonardo Ferrari Carissimi tiene le briglie della narrazione in un monologo a tratti interrotto, Pasolini è tutto quello che lui avrebbe voluto essere: uno scrittore impegnato, ma anche il poeta di Frammento alla morte.
Il racconto in un’analisi razionale ed esplicita delle ultime ore di Pasolini spezza la propria continuità nella rievocazione. Prima è il Pelosi (Fabio Morgan) a parlare, con ironia straniante viene fermato, il regista gli chiede di recitare come uno dei ragazzi di Accattone e non come un avvocato, adesso è più vicino a quello reale, anche se palesemente finto. Ma se personaggi come Giuseppe Pelosi e Giuseppe Zigania sono esseri appartenenti alla natura posticcia del teatro, dove si gioca a carte scoperte, nella rievocazione del Poeta è il misticismo a prendere il sopravvento. Sul fondale della Sala Artaud, in quel passaggio usato dagli attori per entrare in scena dai camerini, in quella sorta di limbo che separa la crudeltà della vita reale dall’utopia scenica, ingegnosamente nascosto da un telo di plastica trasparente, appare lo scrittore, Pasolini, interpretato da (Alberto Testone). Una fioca luce ne disegna i contorni, è un’apparizione creata con tale accuratezza che il pubblico percepisce subito il cambio di codice e per un attimo si lascia cullare nella fascinazione del mistero, la voce piccola, studiata in quella cantilena tipica è come un soffio tra i versi del poeta che canta l’avvicinarsi della morte.
Se la scrittura scenica dopo il primo ciclo di apparizioni e rievocazioni perde la sua freschezza diventando un meccanismo abituale nel proseguo dello spettacolo, il nucleo tematico su cui la ricerca artistica di Ck si fonda diventa più interessante a ogni minuto che passa. Con l’evocazione del personaggio di Zigania, pittore e amico di Pasolini, viene sondata un’ipotesi appartenente alla sfera del mito più che a quella della realtà, ovvero la possibilità che l’autore di Mamma Roma, proprio nel momento in cui raggiungeva forse l’apice di notorietà anche internazionale e i suoi drammi venivano rappresentati nei palcoscenici di mezza Europa, fosse andato a cercare la propria catarsi in un gesto finale che avrebbe visto nella morte per omicidio la creazione di un segno artistico nuovo e imperituro.
In questo preciso spaccato di mistero e ritualismo con ironia si inserisce la folle progettualità di Leonardo Ferrari Carissimi e Fabio Morgan, perché I due già preannunciano in questo spettacolo, che assume così la forma anche concettuale di uno studio, di un’ anticamera creativa, il proprio obiettivo: andare in scena a novembre 2010 con un ambizioso progetto intitolato Superstar. Uno spettacolo totalmente incentrato su questa ipotesi che avvicinerebbe Pasolini al Cristo, e vedrebbe nella sua morte un atto supremo, non solo artistico a questo punto, ma espressione di una volontà comprensibile solamente nella redenzione della sofferenza umana.
in scena
dal 23 al 28 febbraio 2010 – ore: 21,00 domenica ore: 18,00
Teatro Orologio – Sala Artaud [vai alla programmazione 2009/2010 del Teatro Orologio]
Roma