Con l’obiettivo di creare dibattito, fare chiarezza e portare alla conoscenza di spettatori e lettori quei meccanismi che non solo sono di difficile comprensione per un pubblico allargato, ma oltretutto raramente sono protagonisti nell’analisi dell’evento teatrale, pubblichiamo la risposta di Graziano Graziani, critico, operatore teatrale, attualmente collabora con Carta e Lettera 22, e consulente di Vertigine.
Caro Andrea
visto che ho lavorato al festival Vertigine come preselezionatore e poi come consulente, provo a rispondere alle molte domande del tuo articolo su Teatro e Critica a proposito dei criteri di selezione. Per fare chiarezza sulle intenzioni dell’operazione, che evidentemente non si evincono dal solo programma (ma nei materiali del festival la cosa è più esplicita). Provo a rispondere direttamente ai tuoi interrogativi.
1. con quali criteri sono stati scelti spettacoli già vecchi?
il bando era volutamente molto aperto. orientato al nuovo teatro (leggi, la scena contemporanea di ricerca; è difficile dare parametri “oggettivi” per definire un campo estetico, e poi l’eventuale definizione potrebbe precludere la scelta di qualcosa di imprevisto) e agli artisti under35. ma è solo un orientamento. si poteva partecipare anche se si è over35 e si fa prosa. Ed era aperto a produzioni già fatte, anche se avevano qualche anno. (Tra l’altro, hanno mandato i propri materiali anche realtà ben più conosciute e finanziate di quelle selezionate)
2. Nel cartellone di Vertigine si affollano nomi che forse sono nuovi per i frequentatori dell’Auditorium, ma non per chi segue il teatro di ricerca (a parte qualcuno)
L’obiettivo di Vertigine è anche trovare un pubblico nuovo a questoteatro. Si stanno facendo incontri con i corsi delle tre università di roma, e con le quinte liceo. E ancora con vari corsi che si occupano di arte contemporanea. E poi il pubblico attento al teatro dell’Auditorium spesso non consce queste realtà, ed è comunque numeroso.
3. Lavori insomma di tre o quattro anni fa fa che vengono riproposti per una sera sola. Con quale intento? Quello di farli conoscere a un pubblico popolare?
Anche. L’auditorium è l’unica struttura a Roma in grado di farlo, avendo un pubblico molto vasto e trasversale.
4. Secondo voi uno spettatore che evita di andare a vedere Ventriglia al piccolo Teatro Argot, e ha tempo almeno una settimana per farlo, avrà voglia di assistere al suo lavoro che si terrà per una sera sola all’Auditorium?
Molto pubblico dell’auditorium probabilmente neanche sa dell’esistenza del Teatro Argot, figuriamoci del suo programma. C’è poi una fetta che, speriamo, si fiderà della direzione artistica di Corsetti, come è stato per altri festival
5. E poi soprattutto per quale motivo chiedere a personaggi e gruppi come questi di mandare dei video degli spettacoli?
Per non precludere a nessuno la possibilità di partecipare, e per non precludere al festival la possibilità di incappare in qualcosa di molto valido ma sconosciuto
6. C’è bisogno del video per selezionare uno spettacolo come Mangiami l’anima e poi sputala, difficilmente un critico che si occupa di nuovo teatro non ha avuto la fortuna di imbattersi nel travolgente lavoro del gruppo pugliese?
Vertigine non si rivolge alla critica della ricerca o agli operatori della ricerca. Cerca di fare da cassa di risonanza per quei lavori che vengono da quel settore ma lì restano. In italia cercando pubblico nuovo, all’estero portando una giuria di 35 operatori internazionali.
7. E allora perché chiedere bandi da consultare, moduli da compilare e video da spedire se poi gli spettacoli sono già, a detta di tutti, tra le migliori creazioni che il nostro teatro abbia potuto produrre negli ultimi anni?
Idem (come la 5)
8. non sarebbe stato più giusto, o comunque più trasparente e meno ipocrita, dichiarare la volontà di organizzare un meeting del teatro di ricerca degli ultimi anni per presentare al mercato, a un pubblico differente (ci sarà mai?) e a esponenti della comunità teatrale internazionale, il lavoro dei nostri migliori artisti?
Perché non darsi la possibilità di inserire, in questo meeting, qualcosa di inaspettato anche per la stessa direzione artistica? Io
che lavoro in questo campo, per dritto o trasversalmente, conosco tutti i 15 selezionati. Per lo stesso Corsetti molti di loro sono
stati una scoperta. Rispetto all'”ipocrisia” del bando, c’è da dire che le sue modalità sono anche un meccanismo di “tutela” che lo stesso auditium impone, di modo che l’insidacabilità della direzione artistica sia difendibile anche da un punto di vista giuridico. la scelta di un bando molto aperto va anche in questa direzione.
8a. un pubblico differente (ci sarà mai?)
speriamo
9. possibile che tra gli altri quattrocento artisti che hanno partecipato alle selezioni non c’era nulla che fosse all’altezza e si è dovuti così andare a riparare sul sicuro, chiamando insomma quei nomi che hanno già vinto concorsi e bandi?
Sicuramente c’erano molti lavori interessanti, ma quelli erano i più solidi. Un criterio importante, soprattutto per il ruolo di showcase della scena contemporanea italiana che Vertigine vorrebbe ritagliarsi. Molti altri nomi famosi (muta imago, santasange, pathosfomel) sono stati cassati, ad esempio, perché girano molto all’estero; quindi si è preferito privilegiare chi, pur famoso in patria, non è mai stato all’estero o ci è stato solo occasionalmente.
10. forse meno consumati degli altri dalla girandola dei festival ci sono Cosmesi con Periodo Nero, Alessandro Langiu con Angolo somma zero e Teatro Minimo con il, meritatamente, elogiato Sequestro all’italiana
Sono alcuni dei debutti cittadini di vertigine (ci sarebbe anche Nanou, Menoventi, Teatrialchemici, Batignani e Garten tra questi; non Teatro minimo che è stato all’Orologio; invece Angolo Somma Zero è tra gli spettacoli di Langiu che meno ha girato in assoluto, e ha roma non ha toccato luoghi ufficiali). A dimostrazione che, anche se solo per una parte, il programma di Vertigine costituisce anche una novità, almeno per il territorio romano. I festival “bruciano” la novità di uno spettacolo solo per la comunità di operatori-critci-artisti che sciamano da festival a festival. Il pubblico “vero” (o presunto tale) va considerato su base territoriale.
11. Le uniche vere novità almeno per quello che riguarda la scena romana (pensate che più o meno tutti quelli che ho citato sopra hanno già presentato – o lo faranno a breve – i loro ultimi spettacoli a Roma) sono Teatrialchemici, anche loro con uno spettacolo segnalato a Scenario 2007, Desideranza, David Batignani e Natascia Curci con
Caravankermesse (presente all’ultimo Kilowatt Festival) e Garte/Giorgio Maretta, Andrea Cavallari con I will survivee.
Quindi il bando ha portato almeno un quinto di novità. 3 su 15, che è già qualcosa, visto che è normale che le realtà più conosciute siano anche quelle più strutturate esteticamente. In totale 7 spettacoli su 15 sono debutti romani, ovvero la metà.
C’è poi da dire che in alcuni festival importanti del nord nomi come Langiu o Ventriglia sono sconosciuti. Non va confusa la percezione romana con
quella nazionale.
12. ma che senso ha creare una “sfida” tra spettacoli di 4 o 5 anni fa e decretare un vincitore che si porti a casa il malloppo di 10.000 euro?
Vertigine non è una sfida. Il premio di 10mila euro serve alla compagnia che vincerà per produrre un nuovo lavoro, o cominciare a
farlo. Ma – credo sia l’unico caso in italia – senza vincoli. Chi vince non deve debuttare alla prossima edizone di vertigine, non è
vincolato a farlo in un periodo piuttosto che un altro, in un luogo piuttosto che un altro, con certe modalità piuttoste che altre. Si amministra quei soldi in totale autonomia. Il fatto di avere un premio, inoltre, vincola i 35 operatori internazionali, in quanto giurati, a vedere tutti gli spettacoli in concorso. Cosa che negli showcase non accade mai: gli operatori si
vedo un paio di cose al giorno, con criteri di interesse o di consiglio preventivo.
Aggiungo alcune considerazioni.
a) Uno showcase del teatro italiano di fatto non esiste. Almeno non della scena contemporanea. Avendo frequentato qualche festival all’estero è una domanda (perché non esiste) che mi è stata rivolta spesso. Quindi non è una cosa scontata. Vertigine questa cosa la dichiara, perché non si autodefinisce “premio”, ma “piattaforma per le giovani compagnie, per gli attori, per gli artisti e le professioni del teatro”.
b) esistono molti premi e manifestazioni a favore dell’emersione del nuovo (scenario, cappelletti, extra, nuove sensibilità) ma sono tutti vincolati a produrre qualcosa di nuovo. Rientrano, loro malgrado, in quel processo di iperproduzione a cui sono costretti gli artisti della ricerca: fai uno spettacolo, lo fai vedere alla comunità di riferimento, lo abbandoni. Oppure fai uno studio così ben strutturato per il concorso che poi quando diventa uno spettacolo completo, oltre quei 20 minuti iniziali, non funziona più. Vertigine ha cercato una strada diversa; se lo poteva permette perché teneva presente un
contesto diverso.
c) Proprio perché esistono tante iniziative per il “nuovo” come lo intendi tu, molte realtà dopo essere state conosciute faticano ad andare avanti, a trovare nuovi sostegni, perché non sono più “nuove”. È un atteggiamento bulimico che non fa bene alle compagnie, secondo me. Forse occorrono anche sostegni alle realtà che si sono fatte conoscere dai festival, ma non per questo hanno un’economia che le sostiene. L’apertura internazionale può andare in questo senso.
ecco qua, spero di aver risposto a qualcuno dei tuoi dubbi. ovviamente sono cosciente che diverse delle risposte che do alle tue obiezioni potrebbero non avere un riscontro. fa parte della scommessa fatta da Vertigine. speriamo di aver ragione, perché creare nuovo pubblico e far circuitare all’estero un po’ della nostra scena contemporanea non sarebbe male, no?
un saluto
Graziano
Leggi anche l’opinione di Simone Nebbia
Leggi anche l’opinione di Fabio Massimo Franceschelli
bene, mi paion tutte risposte circostanziate e illuminanti, condivido pienamente specie il punto 12, per esperienza diretta mia e di decine di colleghi. Senza entrare nel dettaglio, mi pare solo che i punti 5 e 7 della tua risposta siano i più deboli, e infatti in coda al punto 8 e più in là, quando parli dell’esigenza che gli spettacoli siano “solidi”in relazione allo spazio di showcase che la manifestazione vorrebbe ritagliarsi mi pare che poni scopertamente il punto su quella che è l’ovvia esigenza della manifestazione, tanto ovvia da far suonare ipocrita e inutile, non a me, ma a 450 compagnie – di almeno una ventina delle quali ho potuto raccoglier le reazioni indignate, che non a caso, e non solo per la predisposizione all’invidia del teatro di ricerca che è tipica delle guerre tra poveri, andavan proprio in direzione di accuse o critiche molto simili a queste di pocosgnich. Giusto e doveroso rispondere come ha fatto Graziano Graziani, e per molti versi rassicurante e illuminante. Ma a garantire la maggiore solidità dei 15 lavori rispetto ai 450 sia chairo che, bando o non bando, ma a maggior ragione con bando, sta solo l’atto di fede che chiedete al pubblico come direzione artistica autorevole, insomma, bisogna fidarsi di voi, con tutti i rischi che hanno, come voi, tutte le manifestazioni che hai citato di essere volenterose, spesso o a volte in buona fede, ma spesso abbastanza poco rispecchianti la realtà.
Il mio dubbio è che quando si parla di solidità negli ambienti teatrali “dall’altra parte della barricata”, cioè da quella degli operatori, si parla più della riconoscibilità di un brand di mercato, anche se teatrale, non necessariamente della solidità della loro opera. E questo non vale affatto solo per Vertigine. Anzi, non vale nemmeno solo per il teatro. Più si somiglia a una confezione di Mastrolindo (in senso lato,latissimo, perché a Mastrolindo posso somigliare io come posson somigliare il Teatro Sotterraneo o la Calamaro, pur con tutta la volontà di non somigliarci: il mastrolindo di un preciso target di consumatori, quello degli operatori teatrali) più si convince la gente a comprarti.
Ma mi rendo conto che il discorso è troppo complesso, e forse troppo confuso, per esser sviscerato in un commento a piè di pagina.
In bocca al lupo a tutti, agli organizzatori come ai miei stimatissimi colleghi, come me bisognosi di vacanze all’estero 🙂
una volta una regista ha fatto uno spettacolo che si chiamava TUMORE, all’uscita chiacchierando mi ha detto che avrebbe girato l’Italia allora io le ho suggerito che il titolo cambiasse in METASTASI (da allora mi ha guardato sempre tra il sospettoso, lo schifato e l’indignato o NON guardato affatto…)
è l’effetto del puro genio su chi ne ha poco da spendere 😉
“risposte circostanziate e illuminanti”, “per molti versi rassicurante e illuminante” ah si, adesso è tutto più chiaro:tutta colpa del dimmer!