Se CRisiKo! era specchio deformato e deformante della realtà e racchiudeva un elemento determinante di verità e quasi pietas per l’uomo e la società che raccontava, in 7 Novembre 2008 la satira non risparmia un colpo. In un certo senso è come se Gli Omini si fossero allontanati da loro stessi, perchè in CRisiKo! c’erano anche loro in quello specchio, mentre in 7 novembre 2008, sorta di blob ironico e satirico su ciò che le teorie dei new media chiamano infotainment (compenetrazione tra informazione e intrattenimento), alla berlina non c’è il tipo umano in generale, ma lo specifico produttore/fruitore di quell’universo mediatico. Ne deriva uno spettacolo più complesso, ma culturalmente (e dunque anche politicamente) più schierato.
Sul palchetto di legno costruito nel nuovo Angelo Mai, un capannone che fu di una bocciofila, i quattro (da Gabbato lo santo oltre a Riccardo Goretti, Francesco Rotelli e Luca Zacchini c’è anche Francesca Sarteanesi) cominciano e finiscono con due bandierine americane che spuntano dalle quinte, Goretti in giacca e cravatta, capelli lunghi raccolti in coda di cavallo, tutti vestono in abito scuro e portano le parrucche, avanza verso il proscenio con l’aria di chi ce l’ha fatta e allargando le braccia intona il fatidico “yes we can”. È solo l’incipit e la conclusione, ma ben rappresenta la modalità di costruzione utilizzata dagli Omini in questa occasione: rimescolare tutto ciò che il mondo dell’informazione ha generato, masticato, digerito e vomitato in quel 7 novembre 2008, non solo giornali, ma riviste di moda, di gossip, intrattenimento, riviste per il benessere la cura della casa ecc. Ecco che nel calderone finisce anche il “Yes we can” obamiano, il risultato è l’appiattimento dei valori e dei significati, il motto del primo presidente nero d’America non costituisce nessun valore aggiunto rispetto agli slogan sul cardio-fitness della conduttrice sportiva di turno, nella scansione ritmata delle notizie se il gesto dell’ombrello accompagna qualunque news sul Papa e il Vaticano, altri sussulti del corpo evidenziano la gravità dei fatti accaduti in giro per il mondo.
Sempre dall’accumulo di notizie nascono gli sketch che rappresentano il cuore dello spettacolo: la parodia del talk show, riuscita qui la trovata di rappresentare gli ospiti del programma con la riproduzione delle proprie facce ingrandite, si agitano sul palco i faccioni di personaggi come lo psicologo Morelli o Del Piero con le espressioni bloccate in un ebetismo che ben li rappresenta, oppure la coppia che aspetta gli amici a cena e come prescrive la rivista di Bon Ton, gli ospiti devono portare cioccolatini e vino di qualità e tutto deve essere perfetto dalle saponette alla conversazione che non deve mai languire. E invece è proprio lì che si finisce, nel vuoto più assoluto, non solo perché il flusso di notizie è di per sé un contenitore senza contenuto, ma perché i personaggi creati dagli Omini sono in questo caso dei contenitori loro stessi. Si agitano sul palco de-umanizzati, spenti e senza anima, solo in qualche occasione si accorgono minimamente che sta per mancargli il terreno da sotto i piedi, ma questa volta il gruppo toscano è spietato – e fortunatamente senza scrupoli – e quei personaggi li spinge giù giù nel precipizio.
Andrea Pocosgnich
redazione@teatroecritica.net
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in scena
23 e 24 gennaio 2010
Angelo Mai