Si notava già ne La strada ferrata, spettacolo che li fece conoscere al pubblico e alla critica, ritornava poi in Brucia, ed è palpabile ancora in questo ultimo lavoro: la scrittura di Isola Teatro è probabilmente qualcosa di unico nel nostro panorama teatrale. Non a caso la versione embrionale di questo studio si è aggiudicata l’ultimo premio Lia Lapini. L’originalità è palese anche in una situazione spinosa come questa, ovvero una riscrittura Shakespeariana. La compagnia, diretta da Marta Gilmore, affronta Re Lear, o meglio la sua assenza, come in realtà si tratta di Shakespeare senza Shakespeare
Del dramma elisabettiano rimangono le tre sorelle: Regan, la più timida, impacciata e ingenua (un Armando Iovino sempre misurato ed efficace), Cordelia (Laura Riccioli) sguaiata e scorretta, e Gonneril (Elisa Porciatti), colei che apparentemente tiene le fila del gioco. Marta Gilmore se le immagina in un’anticamera prima dell’incontro con il padre, Lear, onnipresente nella sua assenza. Sono tese, si tengono il diaframma, hanno il riso nervoso. Gonneril le sprona, ognuna prepara il proprio discorso, ma, come spesso accade in Shakespeare, il potere ben presto corrode affetti e fratellanze. D’altronde lo scopo per il quale tutte e tre sono lì in quel momento non è solo l’amore paterno, ma soprattutto il possesso della ricchezza. Ma fugge via anche da questo la drammaturgia di Isola Teatro, ricucendo e reinventando il non detto, il chiacchiericcio inutile: la relazione tra Cordelia e Borgogna, la presenza oppressiva del padre re, i caratteri (come i costumi) molto poco elisabettiani e caratterizzati invece da nevrosi comuni ai nostri giorni. Ma tutto è solo abbozzato, senza incidere, è questo l’unico limite del lavoro di Isola Teatro, le tensioni e gli stati d’animo non esplodono mai, la drammaturgia dopo un inizio spiazzante, serrato e costruito su un’intelligente ironia, non mostra un’idea ben precisa. Tutto sembra rimanere a uno stadio 0 di temperatura e intreccio. Il vuoto creato dalla figura di Lear dovrebbe crescere ad ogni battuta, dovrebbe risucchiare dramma e personaggi in un’implosione senza scampo, cosa che invece non avviene e in alcune occasioni, nella seconda parte dello spettacolo, anche gli attori sembrano muoversi senza una meta precisa.
Ora si può accusare il giovane gruppo teatrale di aver osato troppo, di aver avuto la faccia tosta di presentare uno spettacolo incompiuto per ben 6 sere al Teatro Colosseo, però non solo gli si deve riconoscere il coraggio, ma anche l’attenuante di essere alla prima tappa di un percorso più lungo, certamente non facile da seguire, ma iniziato con il piede giusto. Se Isola Teatro sarà capace di riprendere il filo di questo discorso senza timore di dissacrare Shakespeare, ma allo stesso tempo trovando una direzione chiara su cui puntare allora questo Shakespeare dell’assenza potrà divenire il segno tangibile di una maturità artistica. Li aspettiamo al varco con sincera curiosità.
Andrea Pocosgnich
redazione@teatroecritica.net
“Senza Lear”
studio per uno spettacolo
con Armando Iovino, Elisa Porciatti, Laura Riccioli
drammaturgia di M. Gilmore, Armando Iovino, E. Porciatti, L. Riccioli, P.Sabatini
costumi Cristina Gaetano
disegno luci Giuseppe Pesce
aiuto regia Pamela Sabatini
regia di Marta Gilmore
vincitore del Premio Lia Lapini 2009
coproduzione laLut/Voci di Fonte e Rialtosantambrogio
con il sostegno di REACT! (Residenze Artistiche Creative Transdisciplinari)
produzione Isola Teatro
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