Gli alberi rinsecchiti (come gli animi dei personaggi cechoviani) scendono dall’alto capovolti, una cartina dell’Africa cala sulla sinistra occupando parte del fondale; sul boccascena, un telo di plastica trasparente sigilla la scena dal pubblico. I personaggi sono in trappola, una nenia africana accompagna il mutarsi delle luci, finché un flash (visivo e sonoro) oscura il palco dando il via agli applausi.
Con un finale dalla bellezza struggente per atmosfere visive ed uditive, per il quale varrebbe l’intero prezzo del biglietto, termina lo Zio Vanja con la regia di Gabriele Vacis che ha debuttato il 10 novembre al Teatro Valle all’interno della monografia di spettacoli dedicata al regista torinese. Una messinscena di grande coralità, con attori capaci di dar vita ai complessi personaggi cechoviani in maniera ironica e funzionale alla regia di Vacis. Spiccano su tutti le prove di Eugenio Allegri – artefice di uno Zio Vanja che trova nell’ironia amara lo sfogo alla propria infelicità – e di Michele di Mauro, la sua interpretazione del dottore non lascia spazio alla noia, cattura lo spettatore con mille cambi di ritmo, toni di voci e intenzioni mai scontate.
La bravura degli attori è evidente, ma lo è anche il lavoro fatto da Gabriele Vacis su di essi e sul testo che nell’adattamento realizzato insieme a Federico Perrone trova un piglio di modernità molto efficace. Sin da quando gli spettatori devono finire di prendere posto nella platea tutti gli attori sono già sul palco, parlano tra loro, si vestono, guardano tra il pubblico e questa sarà una costante della scrittura scenica di Vacis per tutto lo spettacolo. Non escono mai di scena veramente, terminati i dialoghi in cui sono protagonisti si siedono ai margini del palco rimanendo ad osservare l’azione tenendosi stretti i propri personaggi, oppure come dei fantasmi si aggirano intorno ai protagonisti della scena sostenendoli con la presenza o lo sguardo. Questa struttura esplicita una pratica scenica lontana dal realismo e caratterizzata invece da una comunicazione diretta col pubblico, gli attori varie volte cercano un vero e proprio scambio con gli spettatori e non è raro che si rivolgano a loro quasi con degli “a parte” shakespeariani.
Il ritmo della recitazione, la scelta dei toni, i cambi di registro, la scenografia, anch’essa lontana da un banale realismo e composta di pochi oggetti, ma ben identificativi dell’ambiente di campagna (i mobili della casa, le sedie di legno, le credenze con le porcellane e poi il simbolismo della carta geografica gigante del finale e degli alberi rovesciati), l’uso delle luci (spesso di taglio e capaci di creare un intenso contrasto) di Roberto Tarasco, autore anche delle scene, tutto insomma sembra avere un ruolo preciso nella riuscita regia di Gabriele Vacis, al quale va il merito di essere riuscito a rendere vive 2 ore di Cechov riportando quel sentimento nostalgico più vicino al nostro tempo. La noia che i personaggi respirano sul palco ben si adegua a quella della nostra epoca, li sentiamo vicini, ci appartengono. Come Vladimiro ed Estragone sono incapaci di uccidersi, lo Zio Vanja di Allegri non riesce a sparare al nemico e la sua infelicità è quella di un tragico clown beckettiano.
Andrea Pocosgnich
Visto alla prima del 10 novembre
in scena
fino al 22 novembre 2009
Teatro Valle [vai al programma 2009/2010 del Teatro Valle]
Roma
Leggi le recensioni di Simone Nebbia su Libera Nos e Synagosyty
Possime date per Zio Vanjia con la regia di Gabriele Vacis:
9 – 20 dicembre 2009 teatro mercadante, napoli [vai al programma 2009/2010 del Mercadante]
5 – 8 gennaio 2010 fondazione circuito teatrale del piemonte
9 gennaio 2010 teatro sociale, pinerolo
12 – 17 gennaio 2010 teatro donizetti, bergamo
19 – 24 gennaio 2010 teatro rossetti, trieste
28 – 31 gennaio 2010 teatro delle muse, ancona
3 – 7 febbraio 2010 teatro metastasio, prato [vai al programma 2009/2010 del Teatro Metastasio]
10 – 15 febbraio 2010 teatro sociale, brescia