Alcune volte il peccato di un certo tipo di ricerca teatrale è quello di una onnipresente mancanza di ironia, ovvero il rispetto ossequioso di un banale stereotipo secondo il quale nella comicità o ironia in generale non ci sia seriosità di intenti, non sia presente un duro lavoro laboratoriale o artistico e allora tutti dritti verso la propria strada tragica senza ripensamenti di sorta.
La coppia Frosini/Timpano sembra essere cosciente di tutto questo e senza paura mette in gioco la propria identità di coppia sentimentale oltre che lavorativa. Infatti lavorare insieme e indagare gli stati di qualcosa di così popolare come l’amore, fu un’idea precedente al matrimonio, poi a unione ufficiale avvenuta, ecco il piglio di metter su uno spettacolo sulla coppia e sul rapporto mai paritario tra uomo e donna. Ma in scena, appunto, ci sono loro stessi e non due personaggi di fantasia, ci sono i corpi, i nomi, la vita, c’è il matrimonio stilizzato, c’è la loro forza, ma anche la personale fragilità. Poi però, fortunatamente, c’è anche il teatro, in questo caso il Colosseo che li ha ospitati fino al 22 novembre, e c’è una scena vuota che si riempie grazie alla presenza dei due attori vestiti di bianco con occhialoni di plastica, le luci dai forti contrasti di Dario Aggioli, una bambola gonfiabile che pende impiccata alla graticcia e un dinosauro giocattolo, fermo in mezzo al palco, un po’ animale domestico, un po’ metafora multiforme dell’agognata maternità. E allora via si parte con uno spettacolo godibilissimo, ma che non risparmia nessuno: la donna con i suoi cliché da ventunesimo secolo che rifiuta tutto, dall’uomo padrone (come le ha insegnato la madre) al femminismo (sputando in faccia a Marx ed Engels), per poi ritirarsi in disparte perché ha le “cose sue”; i dogmi impartiti dall’attuale Papa sull’uso dei contraccettivi e poi l’uomo perennemente schiavo del suo maschilismo. In questo frammentato bazar di “occasioni teatrali” Elvira Frosini e Daniele Timpano reggono il ritmo, sfuggono alla comprensione immediata e banale restituendo, all’interno del cortocircuito realtà-finzione, momenti di vivace fantasia scenica.
D’altronde si dall’inizio si presentano al pubblico con i propri nomi, dichiarando : “Questo non è uno spettacolo romantico. Questo è uno spettacolo antiromantico. E’ uno spettacolo sul fascismo latente nell’immaginario romantico maschile”. Dialogano con gli spettatori, stabiliscono un contatto non solo emotivo, li mettono a disagio. Il loro è anche un teatro delle contraddizioni. Con un anti-stile eterogeneo e frastagliato ci svelano le ipocrisie del nostro tempo e lo fanno con il pugno sinistro alzato e un sottofondo musicale che va da “Faccetta nera” a “Questo piccolo grande amore”.
Andrea Pocosgnich
redazione@teatroecritica.net
Leggi anche la recensione di Simone Nebbia su Si l’ammore no
visto il 22 novembre 2009
Teatro Colosseo
Roma
Prossime date per Si l’ammore no
28 novembre 2009
Il Mulino di Amleto
Rimini
5,6,7 marzo 2010
Teatro Guanella – Campo Teatrale
Milano
drammaturgia e regia: Daniele Timpano e Elvira frosini
disegno luci: Dario Aggioli
registrazione audio a cura di: Marco Fumarola, Dario Aggioli, Lorenzo Letizia
produzione: Kataklisma, amnesiA vivacE
in collaborazione con: Arti Vive Festival, Centro di Documentazione Teatro Civile, Armunia, Consorzio Ubusettete
foto: Ulisse & Cannone, Jacopo Quaranta
progetto grafico: Stefano Cenci