“Words” sospira uno di loro, “words”, sibilando come il vento tra gli alberi. Sono schermidori, il volto è coperto dalla maschera protettiva. Con un movimento circolare si cambiano di posto, salgono e scendono da un’impalcatura alla cima della quale è disteso Amleto, l’unico vestito di nero. La struttura occupa il fondale di una scena vuota chiusa nei tre lati da teli che riportano l’idea, la sensazione, del deserto. E noi ci siamo in mezzo, è un avamposto nel deserto, il regno di Danimarca è stato spostato da Roberto Bacci in una landa desolata
La Compagnia Laboratorio di Pontedera ha creato un Amleto esemplare. In scena, fino al 29 novembre al Teatro India di Roma, i sette attori non si prendono un attimo di pausa, la loro è una prova soprattutto fisica, sin dall’inizio combattono, volteggiano, si arrampicano sull’impalcatura in legno, la spostano ricreando per ogni scena una scenografia diversa. La recitazione è spinta dunque dalla fatica e la parola trova la giusta collocazione nel grande dinamismo coreografico.
Altra intuizione di Bacci è stata quella di creare una frammentazione di tutti i personaggi del dramma shakespeariano distribuendo le battute agli attori, non parliamo naturalmente di un’idea nuovissima, è pratica costante nella maggior parte dei laboratori e corsi di recitazione, ma è la precisione e maestria con cui questa pratica è stata elaborata e assimilata dalla compagnia di Pontedera a stupire. Gli attori, o meglio, gli schermitori, vengono attraversati quasi per caso dai personaggi, questa penetrazione, che badate non diventa quasi mai possessione, è portata dal vento. Basta una corona ed un mantello perché uno degli schermitori diventi ad un tratto il re, lo zio di Amleto, ed è con lo stesso mantello che appare il fantasma del padre, identificato anche grazie alla copertura sul volto, poi i semplici oggetti vengono portati via dagli attori con una leggerezza sorprendente e con loro, nel vento, se ne vanno via i personaggi.
Gli attori non escono mai di scena, quando nel testo, (la drammaturgia è di Stefano Geraci) i personaggi abbandonano il palco, gli attori di Bacci si calano nuovamente la maschera per tornare ad essere schermitori, anche nella morte. Interessante è inoltre il lavoro creato sulla moltiplicazione dei ruoli, succede infatti che mentre uno degli attori è spinto dal carattere di un personaggio, come in un concerto, poco dopo un altro presti movenze e voce per lo stesso carattere creando così sdoppiamenti di grande effetto e suggestione. Ecco ad esempio, in uno dei momenti più riusciti, che il celebre monologo della pazzia di Ofelia compare prima sulla bocca di una delle due attrici della compagnia e mentre l’altra si appropria della narrazione fisica del personaggio stesso, alla prima grazie a un repentino cambio di registro vocale viene affidato il racconto della morte.
Tazio Torrini è abilissimo a tenersi stretto un Amleto che non ha troppo tempo per pensare, ma del quale non disdegna un’acuta ironia, sia nella voce che nelle movenze. È un guerriero tra i guerrieri, vivo tra i morti, è circondato dai fantasmi, è nell’occhio del ciclone, intorno a lui questi morti in maschera sono anche la rappresentazione delle sue paure, ma il dubbio amletico è spezzato dall’azione, la voce è rotta dall’affanno.
Andrea Pocosgnich
redazione@teatroecritica.net
in scena
dal 24 al 29 novembre 2009
Teatro India – [vai al programma 2009/2010 del Teatro India]
Roma
Leggi l’articolo di presentazione completo di cast
Le prossime date di Amleto nella carne il silenzio
– dal 1 al 6 dicembre 2009, Teatro Cantieri Florida, Firenze
– dal 24 febbraio al 7 marzo 2010, Teatro Litta, Milano
– martedì 9 marzo 2010, ore 21.00, Teatro Comunale Bucci, San Giovanni Valdarno
– venerdì 19 marzo 2010, ore 21.15, Teatro dei Rinnovati, Siena