C’è stato un momento, un segmento della storia di questa nazione, uno scarto imprevisto che ha staccato definitivamente l’italiano dal suo paese, il popolo ha iniziato una esistenza in vitro, come una vita in parallelo tra la de-crescita delle istituzioni e l’evoluzione umana, quando è svanito il concetto di patria – chiaramente non formale ma vivo, presente all’intimità dell’individuo di popolo – e s’è fatto largo quello dell’antipatria. Ecco, è stato quello il momento in cui sembra questa nostra collettività disfatta abbia venduto l’anima; magari la nobiltà di averla venduta al diavolo, con classico alto tenore, no, l’anima l’abbiamo svenduta a un diavolo tutto nuovo: l’immagine, che ha fagocitato la nostra tensione al pensiero individuale nel suo contenitore. La TV. Tutto ciò si lascia avvertire appena sotto questo Made in Italy, con cui Babilonia Teatri di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani ha vinto l’edizione 2007 del Premio Scenario.
All’inizio era una mela che pende sulla testa di due individui, sul loro godimento e sul desiderio di divenire; ecco già svelata la contraddizione delle promesse, mai mantenute. Con una voce atona, pianeggiante, come una ironica omelia raccontano questo disastro e tentano di portarne alla luce i contrasti, il groviglio fatto di tanti fili luminosi e colorati che si intreccia alle loro spalle. La struttura è giocata su un doppio filo narrativo che usano con estrema intelligenza, un buon ritmo che non scende mai nonostante la mancanza di accenti vocali, invece presentissimi sull’altro piano narrativo: gli stacchi in musica, l’azione scenica, non servono che a contrastare con puntuale scelta di tempo la serialità del testo. Il gioco al rimando è facile e felice, colpisce con semplicità di comunicazione e appaia un godimento di spettatore a un livello nobile di percezione.
C’è una certa sensibilità, usata per prendersi e prendermi in giro, che mi destabilizza, ed è lì che capisco qualcosa in più: c’è l’esigenza di una generazione, che poi è anche la mia, che certi padri smettano di abbrutire il proprio valore di uomini di fronte alla TV, scaldarsi al tubo catodico la freddezza dei sentimenti di quest’epoca sotto cellophane, muti, inespressi, senza un cuore che sia punto di partenza, senza un cuore punto di arrivo.
In queste piccole filastrocche c’è la necessità di raccontare un paese, che ha bisogno di edulcorate denunce, della cronaca spettacolo per provare sentimenti indotti, della politica spot, cui non segue progetto: senza tutto questo sembra impossibile penetrare una qualche verità, tutto sembra affannoso, difficile.
Infine una considerazione sensibile, fantasiosa: qui l’immaginifico è tutto, con rigore e giustezza, posticcio, e l’emozione è accaldata, sudata, con quel calore che prende dietro la nuca umida all’attaccatura dei capelli e che fa pensare una prossima influenza. Quel calore si lava via con una doccia fredda, ghiacciata. Quella di cui avrebbe bisogno, che sia patria oppure no, per togliersi di dosso questa sensazione che prende tutti, questa nostra Italia delle contraddizioni.
Simone Nebbia
Visto a Torino
Teatro Gobetti [vai al programma 2009/2010 del Teatro Gobetti]
Prospettiva 09 [leggi l’articolo sulla rassegna]
Made in Italy
di e con Valeria Raimondi, Enrico Castellani
scene Babilonia Teatri/Gianni Volpe
luci e audio Ilaria Dalle Donne
costumi Franca Piccoli
movimenti di scena Maurizio Faccioli
Babilonia Teatri
in coproduzione con Operaestate Festival Veneto
con il sostegno di Viva Opera CIrcus/ Teatro dell’Angelo