Primi ragionamenti a freddo: Framerate 0, teatro o non teatro?
di Andrea Pocosgnich
Il primo pensiero sarebbe quello di sgomberare il campo speculativo da un concetto: Framerate 0 è o non è teatro? Forse da qui dobbiamo partire. Non possiamo prendere posto lì, davanti a quel blocco di ghiaccio aspettandoci emozioni più o meno di derivazione drammaturgica. Se Framerate 0 è un’ installazione andrebbe giudicata all’interno di un contesto critico differente. Quello dell’arte contemporanea.
In questo caso perderebbero di senso alcune ovvie considerazioni inerenti la ricerca delle emozioni da parte dello spettatore, quello spettatore che recandosi a teatro si aspetta di uscire dalla sala cambiato, o quantomeno propenso a un’attività critica rispetto al contenuto dell’opera che ha visto e non rispetto alla forma.
Però, attenzione anche qui il discorso si fa più accidentato di quello che un primo e intuitivo a approccio ci suggerirebbe: Framerate 0, ultimo lavoro del gruppo Santasangre, mantiene ancora elementi di un linguaggio teatrale? Se la risposta è affermativa, quali sono questi elementi che permangono e soprattutto, sono segni primari o secondari rispetto a una estetica scenica più riconoscibile? Se questi elementi non ci fossero stati l’evento sarebbe stato organizzato con dei modi differenti: se la musica, le luci e le proiezioni non avessero avuto quel ruolo drammaturgico grazie al quale il ghiaccio cambia il proprio stato fisico, l’installazione avrebbe più semplicemente fatto parte di un’esposizione insieme ad altre opere d’arte “statiche”. Qui invece ci sono proprio dei segni che riportano l’atto artistico verso i confini di una teatralità sintetica, sicuramente non lontana da quella più ampia categoria che Richard Kostelanetz definì come “teatro dei mezzi misti”.
È vero che già rispetto al penultimo lavoro, Seigradi, vi è un sostanziale slittamento da logiche drammaturgiche e teatrali più esplicite. In Seigradi, spettacolo vero e proprio, la presenza umana si fondeva con l’artisticità ipertecnologica degli ologrammi, anche il corpo umano serviva per raccontare la vita e la morte del nostro pianeta.
Tutto questo in Framerate 0 ancora è in nuce, probabilmente gli studi successivi avranno il compito di definire meglio l’intento dell’opera, anche perché se è vero che vi è la presenza di più segni linguistici (l’uso emozionale della musica e delle proiezioni, la creazione di una drammaturgica, anche se scientifica, il rapporto con l’evento, di stampo fortemente teatrale) che riportano ad una creazione spettacolare, allora forse è giusto aspettarsi delle emozioni, forse è lecito chiedersi il fine dell’operazione.
Vai all’articolo di Simone Nebbia su Framerate 0: Confessioni di un critico inadatto
Vai all’articolo di Matteo Antonaci su Framerate 0: Teatro come luogo necessario della meraviglia
Guarda la video intervista realizzata da Fies Factory
visto il 14 ottobre 2009
in scena fino al 17 ottobre
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