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Dialoghi e ragionamenti critici su “Framerate 0″ -3-

santasangre-framerate-0-4Teatro come luogo necessario della meraviglia
di Matteo Antonaci

Mi piacerebbe ripartire dai dubbi messi in luce da Andrea Pocosgnich per analizzarli attraverso due logiche o punti di vista differenti. Ossia quello di chi conosce pienamente l’evoluzione artistica dei Santasangre e, al contrario, quello di chi per la prima volta si ritrovi ad affrontare un lavoro di questo gruppo. Framerate 0, questo blocco di ghiaccio che ci viene posto dinanzi agli occhi, questa lastra gelata che si muove tenuta salda da ganci e braccia meccaniche, ha il diritto (perché ormai di diritto sembra trattarsi) di essere annoverato nel sistema del “teatro”? O va piuttosto definita come “istallazione” e dunque gettata nei gironi dell’arte contemporanea?

Da un primo punto di vista credo che tale dubbio risulti addirittura superfluo. Sin dall’inizio della loro carriera artistica, i Santasangre cercano di fare propri luoghi non convenzionali in cui dare vita alle loro performance. Dai rave a locali underground fagocitano l’estetica metallica, meccanica e industriale del nuovo millennio, si muovono nella Roma off in un sottobosco in cui si ibridano i linguaggi del multimediale, del meccanico, della musica elettronica, ma anche della body art più feroce, dell’happening, della performance. Una volta stabilite sinergie tra tali linguaggi e i membri del gruppo, il passaggio successivo sembra spontaneo. Prima di tutto il Teatro (inteso come luogo) è un tempio che si distacca completamente dalla realtà quotidiana per costruire altri mondi, dunque quello spazio magico e circoscritto in cui i vari linguaggi possono fondersi simultaneamente, e agire in maniera indistinguibile. Qui i Santasangre trovano il loro habitat naturale, probabilmente il modo migliore per rapportarsi al pubblico e per sviluppare al meglio i loro lavori. SeiGradi, episodio conclusivo del progetto Studi per un Teatro Apocalittico, è sicuramente l’esempio più conclamato del loro percorso artistico: la presenza di un corpo performativo, quello di Roberta Zanardo, e degli elementi meccanici, musicali, e digitali è perfettamente equilibrata, tanto da porre in scena un elemento totalmente nuovo, ibrido o sintesi di quelli precedentemente elencati. Eppure questo stesso lavoro non viaggia esclusivamente in circuiti teatrali, ma viene presentato al pubblico in festival di musica elettronica o in situazioni prettamente dedicate all’arte contemporanea. In quest’ottica è lecito porsi il dubbio sulla pertinenza della domanda che ci siamo posti in partenza. La grandezza di un lavoro come SeiGradi, infatti, sta proprio nel riuscire ad intercettare linguaggi, target, tipologie di pubblico totalmente differenti. E’ uno spettacolo che soddisfa sia chi pone attenzione all’aspetto musicale, quanto chi è più interessato all’aspetto visivo o performativo. Eppure lo fa creando lo stesso tipo di emozione, o meglio attraverso l’impossibilità di assistere alla presentazione di uno di questi linguaggi senza la consapevolezza della sua ibridazione con altri tipi di segni, imprescindibili per il funzionamento dell’intero spettacolo.

La situazione si complica certamente con Framerate 0, o meglio con il primo studio di questo nuovo progetto del collettivo romano. I primi materiali di questo spettacolo che i Santasangre ci presentano, sono infatti privi di qualsiasi corpo in scena (ma forse per essere più coerenti e precisi bisognerebbe dire di qualsiasi “corpo organico” in scena). A muoversi dinanzi agli occhi del pubblico sono soltanto delle luci, delle chiazze di colore e l’enorme lastra di ghiaccio sospesa al centro della scena. Ma nel processo di crescita artistica, questa prima tappa del nuovo progetto non è forse consequenziale alla conclusione del precedente? Quando Roberta Zanardo negli ultimi frame di SeiGradi spariva inghiottita dagli ologrammi a cosa lasciava spazio? Dove sarebbe andato a finire questo corpo? Siamo nuovamente dinanzi ad una serie di elementi e di linguaggi che concorrono alla creazione di qualcosa di totalmente nuovo sulla scena, qualcosa di indefinibile ma perfettamente inerente alla poetica di un gruppo per il quale ogni tipologia di classificazione (ma mi piacerebbe dire di categorizzazione e schematizzazione e dunque di semplificazione) risulta totalmente superflua o utile esclusivamente a banalizzanti accademismi.

Ma, come è logico, la storia e l’evoluzione di un gruppo non deve essere clausola necessaria per la comprensione di un suo lavoro. Così Framerate 0 deve necessariamente essere analizzato al di fuori del percorso personale intrapreso dal gruppo, come spettacolo singolo, isolato dai lavori precedenti.
Il contesto teatrale, in cui Framerate è inserito, obbliga necessariamente ad un certo tipo di fruizione, ossia quella di un pubblico consapevole di trovarsi dinanzi ad un percorso drammaturgico dal quale potrà ricavare emozioni e, come scrive Pocosgnich, propendere ad un’attività critica rispetto al contenuto dell’opera e non solo rispetto alla sua forma, come invece, evidentemente, accade spesso nell’arte contemporanea (ma stiamo palesemente ignorando che la forma di un’opera “è” il suo contenuto!). In linea con quanto scritto da Andrea credo che un percorso drammaturgico in questo spettacolo sia immediatamente percepibile quantomeno nell’oggettiva concatenazione di eventi non casuali, creati e manipolati dal vivo dai membri del gruppo, quindi in una sceneggiatura costituita di immagini incastonate e costruite in modo tale da creare attesa, suspense, e quindi meraviglia. E sul termine “meraviglia” mi piacerebbe riflettere. Perché credo fermamente che il fine dell’operazione di questo studio, così come il suo aspetto emozionale, sia perfettamente delineato e messo in luce da questo vocabolo.

Ciò che i Santasangre presentano è qualcosa di completamente materico, è pura materia che trasuda la sua essenza non in un percorso scientifico, ma meraviglioso, nell’incanto dello sguardo. E’ la meraviglia del ghiaccio che ci si presenta in forme mai viste, totalmente misteriose, di un ambiente mutante in cui fasci di luce scorrono, in maniera totalmente conclamata, ma conturbante, così tanto da smuovere la terra sotto i nostri piedi, da scuotere i muri, il pavimento e quel suolo dal quale il rettangolo di ghiaccio si innalzerà lentamente. Incanto dello sguardo dinanzi all’acqua che scola veloce e gelida, come ghiacciaio in una grotta ancestrale nella quale il pubblico si ritrova immerso, a guardare ombre lontane, creature concrete eppure immateriali, come le presenze luminose che hanno riempito lo spazio in tutto l’incipit dello spettacolo. In questo primo passo di un lavoro ancora incompiuto il ghiaccio sta come presenza viva, come un dio che si lasci contemplare, come presenza gloriosa, o corpo glorioso trafitto dai ganci, manipolato dai membri del gruppo che come demiurghi danno forma a questa materia. E il teatro allora diviene semplicemente un luogo necessario, l’unico in cui questo corpo può acquisire la sua aurea, l’unico circuito magico in cui i linguaggi utilizzati possono sintetizzarsi, quel tempio in cui il ghiaccio può prendere vita. Nessun altro contesto avrebbe potuto portare a tanto, nessuna istallazione poteva svolgersi in questo modo. Framerate 0 non si può guardare in loop, ha un inizio e (seppur incompleto), una fine, e soprattutto ha bisogno di uno spazio in cui il pubblico sia immerso e assurga al doppio ruolo di voyeur, contemplante la maestosità delle presenze sulla scena, e di ulteriore presenza che percepisce uno spazio in continua evoluzione. Un mondo differente, appunto, rispetto a quello abbandonato all’esterno del teatro. Un altro mondo possibile, forse, in cui il ghiaccio è capace di agire.
Allora non possiamo più ignorare che la forma è il contenuto dell’opera.

Per concludere non solo credo che questo primo studio di Framerate 0 metta già in luce i suoi primi intenti e i suoi aspetti emozionali ma per giunta che l’incanto su cui questo primo pezzo di spettacolo gioca, sia ancora più fruibile e percepibile proprio da chi, andando a teatro credendo di assistere alla performance di un attore, si ritrovi, invece, dinanzi ad una lastra di ghiaccio che racconta la sua breve storia. Scoprire quanto sia commovente il rumore dell’acqua che scende veloce, nell’assoluto silenzio.

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Vai all’articolo di Simone Nebbia su Framerate 0: Confessioni di un critico inadatto

Vai all’articolo di Andrea Pocosgnich su Framerate 0: Primi ragionamenti a freddo: Framerate 0, teatro o non teatro?

Guarda la video intervista realizzata da Fies Factory

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