di Samuel Beckett
regia Massimo Castri
Produzione Teatro di Roma
Emilia Romagna teatro Fondazione, teatro Metastasio Stabile di Toscana
Castri affronta per la prima volta un testo del celebre drammaturgo irlandese. Finale di partita, capolavoro del teatro di Beckett, trae il titolo da una mossa del gioco degli scacchi. L’analogia tra il contenuto del testo e il gioco è stata espressa dallo stesso autore, che ne era appassionato giocatore. Hamm, cieco e immobilizzato su una sedia a rotelle e Clov, il suo servo, vivono un rapporto conflittuale fatto di litigi e di reciproca dipendenza. Clov vive nella tentazione di andarsene e nell’incapacità di farlo, preso nella sottile rete di un rapporto che è, in fondo, un infinito alternarsi di mosse, proprio come negli scacchi. Lo stesso Beckett disse. “Hamm è il re in questa partita a scacchi persa sin dall’inizio. Nel finale fa delle mosse senza senso che soltanto un cattivo giocatore farebbe. Un bravo giocatore avrebbe già rinunciato da tempo. Sta soltanto cercando di rinviare l’inevitabile fine.”
Se in Aspettando Godot si riesce a intravedere un’ambientazione quasi realistica, Finale di partita si svolge in uno scenario che oggi potremo definire post-atomico. La stanza in cui si consuma tutto è stata paragonata da alcuni critici all’interno di una cavità cranica, per le due finestre centrali che potrebbero ricordare le cavità oculari. Altre letture hanno lasciato intendere che la scena sia in realtà l’interno di una grande arca che sta solcando il pianeta all’indomani di un nuovo diluvio esiziale.